Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6482 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/03/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 09/03/2021), n.6482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5990-2019 proposto da:

G.G., in proprio e quale legale rappresentante della

Comunione ereditaria del sig. G.P., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della

CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO

CARMELO ORLANDINO;

– ricorrente –

ITALFONDIARIO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

in qualità di mandatario di SE. SECURITISATION SRL,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI, 74 SC.B,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PISELLI, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 715/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 02/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso depositato 111 agosto 2008, G.G., nella duplice qualità di creditore ammesso al passivo del fallimento di (OMISSIS) s.a.s. e del socio illimitatamente responsabile G.P. e, inoltre, di procuratore della comunione ereditaria di quest’ultimo, impugnava l’ammissione allo stato passivo del credito di MPS s.p.a. per l’importo di Euro 718.107,09 in via privilegiata, di cui Euro 456.448,55 per rimborso di dieci rate mutuo insolute, oltre che del capitale residuo. Il ricorrente eccepiva, tra l’altro, la prescrizione del credito per i ratei maturati dal 1 gennaio 1994 al 1 gennaio 1996 e l’erronea quantificazione della somma dovuta in ragione del fatto che la somma erogata dalla banca risultava essere pari non già a lire 1.000.000.000, ma a lire 950.000.000: e ciò in quanto all’atto della conclusione del contratto era stato costituito un deposito cauzionale di lire 50.000.000.

Il Tribunale di Brindisi respingeva l’impugnazione.

2. – Proposto appello, la Corte di appello di Lecce riformava in parte la sentenza di primo grado, accogliendo il motivo di gravame basato sulla cauzione: disponeva, pertanto, che dal credito ammesso al passivo dovesse essere detratta la somma di Euro 25.822,84, oltre interessi dalla domanda; il giudice del gravame compensava, poi, per l’intero, le spese del doppio grado del giudizio.

3. – Contro tale pronuncia G.G., nelle richiamate qualità, ha proposto un ricorso per cassazione fondato su tre motivi. Resiste con controricorso Italifondiario s.p.a., mandataria di Se. Securitisation s.r.l., a sua volta cessionaria del credito di MPS; la controricorrente ha proposto un’impugnazione incidentale basata su due motivi. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo vengono lamentate l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia e la violazione o falsa applicazione di norme di diritto. La complessa censura investe l’affermazione della Corte di appello secondo cui l’eccezione di prescrizione del credito insinuato al passivo doveva essere respinta; tale affermazione era basata su due rilievi: per un verso, il termine prescrizionale era stato interrotto dalla proposta transattiva avanzata dalla società debitrice il 15 dicembre 2000; per altro verso la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata iniziava comunque a decorrere dalla scadenza dell’ultimo rateo. Osserva, al riguardo, la ricorrente che la proposta transattiva non proveniva dalla società fallita e che, in ogni caso, tale proposta non poteva assumere il valore giuridico di una ricognizione di debito, onde non risultava essere idonea all’interruzione della prescrizione. La parte istante deduce, inoltre, che essendosi il mutuo estinto non più tardi del 1 luglio 1996, i ratei scaduti dal 1 gennaio 1994 al 1 gennaio 1996 si erano prescritti: infatti – sostiene – l’affermazione per cui la prescrizione del diritto al rimborso inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata non vale nell’ipotesi in cui il mutuante abbia dichiarato la risoluzione contrattuale, essendo in questo caso il creditore titolato ad agire per l’intero credito residuo.

Il motivo è inammissibile.

La pronuncia, con riguardo al tema della prescrizione, prospetta due rationes decidendi: l’una basata sul valore di riconoscimento di debito che andrebbe conferito alla proposta transattiva e l’altra sulla decorrenza del termine prescrizionale, che dipenderebbe, secondo la Corte di merito, dalla scadenza dell’ultimo rateo del mutuo.

A quest’ultimo proposito, il ricorrente assume che il rapporto si sarebbe estinto “non più tardi” del 1 luglio 1996: l’istante non indica altre date, e anzi rimarca che il recesso esercitato da MPS avesse effetto da quel giorno (pag. 9 del ricorso). Ciò detto, non vale opporre che il principio enunciato dalla Corte di appello – secondo cui la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata del mutuo (per cui: Cass. 30 agosto 2011, n. 17798; Cass. 6 febbraio 2004, n. 2301) – sarebbe inoperante in caso di risoluzione contrattuale. Può senz’altro convenirsi, infatti, che in caso di estinzione anticipata del rapporto, ai fini della prescrizione, deve guardarsi al momento in cui diviene esigibile il credito di rimborso del mutuante (tenendo anche conto della facoltà, da parte di quest’ultimo, di chiedere il pagamento integrale di ogni somma dovuta, a mente del D.P.R. n. 7 del 1976, art. 15, comma 1: norma abrogata ma applicabile alla controversia ratione temporis), sicchè non avrebbe senso guardare al momento in cui, in base all’originario piano di ammortamento, veniva a scadenza l’ultimo roteo. Nondimeno, la circostanza dell’asserita estinzione, alla data del 1 luglio 1996, del mutuo risulta priva di decisività: infatti, la prescrizione del diritto della banca al rimborso della somma mutuata ha durata decennale (essendo finanche escluso che, prima della risoluzione, il termine quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4, sia applicabile con riferimento ai singoli ratei, giacchè la rateizzazione dell’unico debito derivante da mutuo fondiario in più versamenti periodici di un determinato importo non determina il frazionamento del debito stesso in distinti rapporti obbligatori: Cass. 3 febbraio 1994, n. 1110; cfr. pure Cass. 8 agosto 2013, n. 18951); in conseguenza, la domanda di ammissione al passivo fallimentare, che il ricorrente colloca al (OMISSIS), risulta essere stata comunque idonea ad interrompere la prescrizione, che, all’epoca, non si era ancora maturata.

L’infondatezza della scrutinata ratio decidendi rende poi inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse, la censura relativa a quanto affermato dal giudice di appello in ordine alla valenza ricognitiva della proposta di transazione, in quanto essa non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta defmitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (per tutte: Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 24 maggio 2006, n. 12372)

2. – Il secondo mezzo del ricorso principale oppone l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, nonchè la violazione o falsa applicazione di norme e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. L’istante si duole che la Corte di merito, dopo aver dato atto della necessità di scomputare dall’importo spettante alla banca la cauzione di lire 50.000.000, abbia mancato di statuire nel senso che gli interessi su tale importo andassero conteggiati dalla maturazione del relativo credito e di disporre, inoltre, la “rimodulazione del credito”, in considerazione della mancata restituzione della somma indicata, su cui la società aveva corrisposto interessi e ulteriori accessori.

Tale motivo può essere esaminato insieme al primo del ricorso incidentale, che ha anteriorità logica rispetto ad esso. Con esso è difatti opposta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. E’ lamentato che l’importo di lire 50.000.000 fosse stato svincolato in data 17 gennaio 1991 e che la Corte di appello, andando in contrario avviso rispetto al Tribunale, avesse mancato di riconoscere valore di prova al documento attestante la disposizione di svincolo della cauzione.

La censura svolta col primo motivo del ricorso per incidente è inammissibile.

La Corte di appello ha preso in esame la copia della disposizione di svincolo della cauzione disposta dalla sezione del credito fondiario di MPS il 17 gennaio 1991, ma ha ritenuto che tale documento non offrisse alcuna certezza in ordine all’effettiva restituzione della somma in difetto di ulteriore documentazione a sostegno di quanto asserito dalla banca.

Ora, non si ravvisa il vizio della carenza motivazionale: infatti, nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, risultante dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054): confronto che invece la ricorrente incidentale tenta impropriamente di sollecitare.

Non ha nulla a che vedere con l’omesso esame del fatto decisivo, poi, l’apprezzamento del valore probatorio del documento da cui la ricorrente incidentale pretenderebbe di desumere la prova dell’avvenuta restituzione della cauzione.

Allo stesso modo, non coglie nel segno la censura vertente sull’applicazione dell’art. 2697 c.c., giacchè la violazione di tale norma è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107).

Quanto al secondo motivo del ricorso principale, anch’esso è inammissibile.

Il tema della decorrenza degli interessi, con riguardo alla corretta individuazione del fatto giuridico da cui la medesima debba farsi dipendere, è riconducibile all’error in judicando in jure ex art. 360 c.c., n. 3; il ricorrente non svolge, tuttavia, alcuna censura in tal senso e non spiega nemmeno per quale ragione gli interessi non debbano maturare dalla data della domanda: egli si limita ad assumere, senza nulla dedurre in punto di diritto, che i medesimi spettino a partire dal momento in cui MPS avrebbe dovuto svincolare la somma. Ebbene, anche ad ammettere che la doglianza sia suscettibile di essere riqualificata nei termini indicati, come vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, va ricordato che una censura siffatta deve essere dedotta mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 12 gennaio 2016, n. 287; Cass. 1 dicembre 2014, n. 25419). Per quanto invece attiene alla mancata “rimodulazione del credito” la doglianza veicola una questione di fatto che il ricorrente non spiega come sia stata fatta valere nel corso del giudizio di merito: l’odierno istante ha infatti certamente svolto, in appello, una domanda avente ad oggetto la rimodulazione del credito (pag. 3 della sentenza impugnata), ma in questa sede non fornisce alcun chiarimento quanto al preciso significato che avesse assunto tale pretesa; in particolare, nel ricorso per cassazione non risulta affatto precisato che in appello fosse stato lamentato che la società avesse “pagato interessi legali, interessi di mora, aggiornamento Libor e quant’altro” sulla cauzione, come dedotto, in modo peraltro assai sbrigativo, in ricorso. Ove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430).

3. – Il terzo motivo del ricorso principale denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Viene ricordato che il ricorrente aveva opposto la mancanza di certezza e di liquidità del credito della banca, che era stato erroneamente ammesso al passivo fallimentare. L’istante osserva come la controparte avesse depositato documenti che si riferivano a un rapporto diverso da quello relativo al mutuo fondiario, oggetto dell’insinuazione, e che tali scritti consistevano in semplici fotocopie prive di dichiarazione di conformità e mancanti della sottoscrizione del funzionario responsabile.

Il motivo è inammissibile.

Esso, oltre a risolversi nella non consentita sollecitazione di una revisione del giudizio di fatto riservato al giudice di merito, propone una questione che il ricorrente non chiarisce in quali precisi termini sia stata fatta valere nella precorsa fase del giudizio.

4. – Col secondo motivo di ricorso incidentale Italfondiario si duole dell’integrale compensazione delle spese di giudizio disposta dalla Corte di Lecce. A suo avviso la statuizione non trovava giustificazione in presenza del rigetto quasi integrale dell’appello.

La doglianza è inammissibile.

La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 20 dicembre 2017, n. 30592; Cass. 31 gennaio 2014, n. 2149).

5. – In conclusione, entrambi i ricorsi, principale e incidentale, vanno dichiarati inammissibili.

6. – L’esito del giudizio consiglia la totale compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibili sia il ricorso principale che quello incidentale; compensa per l’intero le spese del giudizio; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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