Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6475 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 28/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7310-2016 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA BERTELLI;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI

COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA

11, presso lo studio degli avvocati ANTONIO MARTONE, MICHEL MARTONE

che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/09/2015 R.G.N. 184/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/01/2022 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

 

Fatto

Rilevato che:

1. la Corte di appello di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda di C.F. nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti, diretta ad accettare il diritto a corrispondergli la pensione di vecchiaia anticipata dall’ottobre 2008 senza tener conto delle modifiche regolamentari adottate nel 2003;

2. avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione C.F. con due motivi;

3. ha resistito, con controricorso, la Cassa in epigrafe;

4. entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

Considerato che:

5. con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – il ricorrente deduce la violazione degli artt. 3,38 e 117 Cost., quest’ultimo in combinato disposto con gli artt. 6 e 14 CEDU, e art. 1 CEDU, Protocollo 12, art. 13 CEDU, e art. 1 CEDU, Protocollo 1. Assume che la decisione impugnata avrebbe leso il diritto all’irriducibilità del trattamento pensionistico tutelato dall’art. 38 Cost., ed avrebbe effettuato una ingiustificata discriminazione tra coloro che hanno maturato il diritto al pensionamento entro il 31.12.2006 e coloro che lo hanno maturato successivamente;

6. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. La censura è riferita all’omessa pronuncia sulla questione concernente la dichiarazione di illegittimità del Reg. di disciplina del regime previdenziale, art. 10, nella parte in cui, modificando le modalità di calcolo della quota A) del trattamento pensionistico, avrebbe derogato al principio del pro rata, senza dimostrare la sussistenza di esigenze economico-finanziarie di lungo periodo richieste dalla L. n. 143 del 2013, art. 1, comma 488;

7. i motivi, anche a prescindere dalla non corretta formulazione del secondo, trattandosi di questione di diritto e non di fatto, possono congiuntamente esaminarsi perché, nel loro complesso, affrontano la questione della liquidazione dei trattamenti pensionistici, erogati dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994, (quale la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti), ed in particolare la legittimità o meno della variazione, in senso peggiorativo, delle modalità di calcolo della quota reddituale del trattamento pensionistico, in relazione al principio cd. del pro rata;

8. essi sono infondati;

9.1e Sezioni Unite di questa Corte, con la pronuncia del 16 settembre 2015, n. 18136, hanno precisato che “in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994, (quale la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali), la liquidazione dei trattamenti pensionistici, a partire dal 1 gennaio 2007, è legittimamente operata sulla base della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, riformulato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che, nel prevedere che gli enti previdenziali adottino i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario, impone solo di aver presente – e non di applicare in modo assoluto – il principio del “pro rata”, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti, e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità tra generazioni, con salvezza degli atti approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, e che, in forza della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, si intendono legittimi ed efficaci purché siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine”;

10. tale principio è stato ribadito, tra le altre, da Cass. n. 3462 del 2019 e da Cass. n. 20877 del 2018, entrambe riferite alle delibere della Cassa previdenziale che qui vengono in rilievo, di cui si e’, dunque, già valutata la legittimità;

11. rinviando alle ampie argomentazioni che sorreggono le citate decisioni, si osserva come si sia consolidato il principio secondo cui la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, ha sostituito il concetto del pro rata di cui all’originario della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, con un concetto meno rigido, introducendo una disposizione innovativa, per cui le Casse privatizzate nell’esercizio del loro potere regolamentare sono tenute non più al “rispetto del principio del pro rata” (vecchia formulazione), ma a tenere “presente il principio del pro rata” nonché “i criteri di gradualità e di equità fra generazioni” (nuova formulazione), a partire dal 1 gennaio 2007, data di entrata in vigore della L. n. 296;

12. in tal modo, il criterio del pro rata è stato reso flessibile e posto in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità fra generazioni consentendo alla Cassa, solo dalla data di entrata in vigore della norma, di adottare Delibere in cui il principio del pro rata venga temperato rispetto ai criteri originali di cui alla L. n. 335 del 1995, (tra le tante, v. Cass. 18 aprile 2011 n. 8847, 7 marzo 2012 n. 3613 e 30 luglio 2012 n. 13607, 14 febbraio 2014 nn. 3514 e 3520 richiamate da Cass. SS.UU. n. 17742 del 2015 e n. 18136 del 2015);

13. il cit. comma 763, ultimo periodo, per il quale “Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ovvero degli enti di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge”, non costituisce una validazione successiva delle disposizioni regolamentari delle Casse interessate nella parte in cui non ottemperavano alla prescrizione del rispetto del principio del pro rata, ma riguarda le delibere future, successive al 1 gennaio 2007 e non può operare retroattivamente al fine di rendere legittime delibere anteriori che dovevano invece conformarsi alla normativa vigente al momento in cui erano state emanate ed ai fini della liquidazione della pensione. La legittimità delle delibere va valutata a seconda del periodo in cui il diritto sia maturato (prima o dopo quella data) e del concetto di pro rata accolto dalla legislazione al momento vigente;

14. la norma della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, non si pone in contrasto con i principi enunciati dalla Corte EDU, assumendo una ben determinata fisionomia interpretativa nella vicenda della riforma della previdenza gestita dagli enti privatizzati, in quanto lo stesso comma 488, interviene solo sul secondo parametro applicativo relativo all’applicazione attenuata dello stesso principio, ai sensi della formulazione del comma 12, introdotta dalla L. n. 296, art. 1, comma 768, e non sul primo parametro di validità della regolamentazione della Cassa (rispetto assoluto dei pro rata, in forza della originaria formulazione della L. n. 335, art. 3, comma 12), così confermando l’interpretazione sposata da Cass. n. 24221 del 2014 ed in difformità da Cass. n. 17892 del 2014 che, negandone la reale natura interpretativa e la conformità ai precetti costituzionali e della CEDU, aveva riferito l’ambito della norma interpretativa anche alle pensioni maturate prima del 1.1.2007;

15. la natura realmente interpretativa della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, è stata convincentemente correlata alla oggettiva ambiguità del testo della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 768, in punto di limiti dell’effetto sanante delle precedenti delibere, testimoniata dalla giurisprudenza non uniforme della Corte di cassazione;

16. si è altresì osservato come fossero da escludere profili:

– di illegittimità costituzionale delle disposizioni introdotte a modifica dell’originaria formulazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, che hanno delimitato nel tempo il potere regolamentare delle Casse professionali, alla luce degli obblighi di stabilità di bilancio incombenti sulla gestione della Cassa e del penetrante controllo pubblico amministrativo cui la stessa è soggetta;

– di pregiudizio al principio di adeguatezza e proporzionalità del trattamento pensionistico che deriverebbero da misure di contenimento della spesa pensionistica, in ragione dei principi espressi dalla Corte Costituzionale, tra le altre, con la sentenza n. 104 del 2018, proprio in materia di legittimità di meccanismi disincentivanti i trattamenti pensionistici anticipati, secondo cui “(…) nei rapporti di durata il trattamento differenziato, riservato a una determinata categoria di soggetti in momenti diversi nel tempo, non contrasta con il principio di eguaglianza. Spetta difatti alla discrezionalità del legislatore, nel rispetto del canone di ragionevolezza, delimitare la sfera temporale di applicazione delle norme e, da questa angolazione, il fluire del tempo può rappresentare un apprezzabile criterio distintivo nella disciplina delle situazioni giuridiche” (sentenze n. 273 del 2011, punto 4.2. del Considerato in diritto, e n. 94 del 2009, punto 7.2. del Considerato in diritto (…);

– di superamento dei limiti di ragionevolezza e proporzionalità (così, Cass. n. 3462 del 2019, cit.; Cass. n. 9746 del 2019, in motiv. p. 10);

18. all’obiezione secondo cui il nuovo regime del pro rata dovrebbe applicarsi solo alle pensioni erogate su contribuzione successiva al 1 gennaio 2007 o, comunque, non andrebbe applicato a chi avesse già maturato l’anzianità contributiva minima per ottenere la prestazione alla stessa data, si è richiamato il costante orientamento di questa Corte secondo cui la maturazione del diritto a pensione avviene “al verificarsi delle condizioni previste dalla presente legge”, e cioè al momento in cui non solo siano maturati (ovvero abbiano trovato attuazione) i presupposti giuridici e contributivi, ma sia stata “anche presentata la domanda di pensionamento dell’avente diritto”, costituente il presupposto base perché le favorevoli condizioni giuridiche e contributive assumano la veste di diritto alla prestazione che matura, pertanto, contestualmente alla proposizione della domanda (così in motiv., Cass. n. 3462 del 2019, cit.);

17. i riportati esiti interpretativi costituiscono premesse che il Collegio non intende rimettere in discussione;

18. sulla base degli stessi, il ricorso va rigettato; nel caso di specie, infatti, la liquidazione del trattamento pensionistico è avvenuta con decorrenza successiva al 2007. Trova, dunque, applicazione la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. comma 763, con tutto quanto consegue in termini di corretta determinazione dello stesso (id est: del trattamento pensionistico);

19. le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

20. sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello previsto dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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