Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6473 del 14/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/03/2017, (ud. 12/10/2016, dep.14/03/2017),  n. 6473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23926-2013 proposto da:

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA

POTTINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOVANNI ADAMO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LOGISTIC FOOD SRL in persona del legale rappresentante sig.

V.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA LOCATELLI, rappresentata e

difesa dall’avvocato IGNAZIO LONGO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7147/2012 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 11/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO;

udito l’Avvocato MICHELA FUSCO;

udito l’Avvocato ANDREA LOCATELLI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del 3 motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., del 5/7/2013 la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato inammissibile il gravame interposto dal sig. G.E. in relazione alla pronunzia Trib. Torino n. 7147/2012, di rigetto della domanda dal medesimo spiegata nei confronti della società Logistic Food s.r.l. e di accoglimento della domanda da quest’ultima nei suoi confronti in origine monitoriamente azionata di pagamento di somma a titolo di royalties relativi a due contratti di franchising tra di essi intercorsi, dichiarati risolti per suo inadempimento, con condanna al risarcimento dei danni dalla predetta società subiti.

Avverso la suindicata pronunzia del Tribunale di Torino il G. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Resiste con controricorso la società Logistic Food s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1418 e 1421 c.c., L. n. 129 del 2004, art. 1, art. 183 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 1444 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “insufficiente e contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 1455 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa, insufficiente e contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che il ricorso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., ai “contratti di franchising stipulati in data 11 luglio 2007… e 12 ottobre 2009”, al “documento informativo”, alla “comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, depositata in data 27.9.2012, a pag. 14”, alla “diffida ad adempiere del maggio del 2010″, all'”art. 3 del contratto di documento informativo – doc. 4 fascicolo attoreo di primo grado”, alle dichiarazioni della teste Gi.) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), giacchè alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione termporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico – fenomenica, e non anche l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312), giacchè il vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa l’attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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