Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6472 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. I, 06/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 06/03/2020), n.6472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 953/2019 proposto da:

J.J., M.Y., elettivamente domiciliati in Roma Via

Varrone 9 presso lo studio dell’avvocato Vannicelli Francesco che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Manna Massimiliano;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente con atto di costituzione –

e contro

Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di

Perugia;

– intimato –

e contro

Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione;

– intimato –

e contro

Questura di Perugia;

– intimato –

avverso il decreto n. 1018/2018 della CORTE d’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 25/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 da Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

La Corte di appello di Perugia, con il decreto in epigrafe indicato, ha respinto il reclamo avverso il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Perugia che aveva rigettato la richiesta avanzata da M.Y. e J.J., cittadini marocchini nella qualità di genitori esercenti la potestà sui minori Ma.Ya. (nato ad (OMISSIS) e M. (nata a (OMISSIS)), ad essere autorizzati alla permanenza in Italia ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3,.

I genitori hanno proposto ricorso per cassazione con due mezzi, corredati da memoria. Le parti convenute sono rimaste tutte intimate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, prospettando l’imprescindibile necessità della permanenza in Italia dei minori e del nucleo familiare. I ricorrenti rappresentano all’uopo che il nucleo familiare era radicato in Italia, che i minori intrattenevano rapporti con nonni e parenti residenti in Italia e muniti di permesso di soggiorno, parlavano la lingua italiana e che il padre era stabilmente occupato; insistevano circa l’esigenza di restare in Italia per esercitare la potestà genitoriale in correlazione con le esigenze di sviluppo psico/fisico dei minori, ancora in tenera età e deducevano che ciò sarebbe stato idoneo ad integrare i gravi motivi, paventando il trauma di un repentino allontanamento dall’ambiente affettivo e dal contesto sociale in cui i minori erano inseriti.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Va ricordato che l’art. 31, comma 3 D.Lgs. cit. prevede “3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.”.

1.4. Come puntualizzato da questa Corte l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso temporaneo in Italia, prevista dalla normativa in esame costituisce una misura incisiva a tutela e a protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori, mentre l’interesse del familiare ad ottenere tale autorizzazione riceve tutela in via riflessa, ovvero nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore, che è il bene giuridico protetto dalla norma nonchè la ragione unica del provvedimento autorizzatorio (Cass. Sez. U. n. 15750 del 12/6/2019, p.4).

Inoltre, secondo l’orientamento di questa Corte la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall’art. 31 cit., non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare (Cass. Sez. U. n. 21799 del 25/10/2010).

In altri termini, i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” ex art. 31, comma 3, cit., sono rappresentati da situazioni oggettivamente gravi comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della predetta misura autorizzativa.

Pertanto, la norma in esame non si presta ad essere intesa come generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori, interpretazione che, proprio come affermato dalle Sezioni Unite con la pronuncia sopra citata, avrebbe l’effetto di superare e porre nel nulla la disciplina del ricongiungimento familiare “tutte le volte in cui per effetto dell’espulsione del genitore irregolare si realizzi la rottura dell’unità familiare comprendente un minore, muovendo dal presupposto che quest’ultima comporti per lui sempre e comunque un danno psichico”: ne conseguirebbe l’applicazione automatica dell’autorizzazione de qua, in tal modo trasformata da eccezione a regola (cfr. Cass. n. 9391 del 16/4/2018).

Alla stregua di tali principi, quindi, le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, di guisa che incombe sul richiedente l’autorizzazione l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore (Cass. n. 9391 del 16/4/2018 e Cass., n. 26710 del 10/11/2017), non essendo sufficiente la mera indicazione del pericolo di disgregazione familiare, della necessità di entrambe le figure genitoriali, o l’allegazione di un disagio in caso di rimpatrio insieme ai genitori o a causa dell’allontanamento di un genitore: spetta, infine al giudice del merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione (Cass. n. 4197 del 21/02/2018).

1.5. La pronuncia impugnata si conforma, nella sostanza, all’interpretazione appena richiamata.

Segnatamente, la Corte territoriale ha ritenuto che i reclamanti non avevano provato l’esistenza di eventi traumatici o imprevedibili che superassero i normali disagi dovuti, in prospettiva, all’allontanamento del padre o della madre, ritenuti non meritevoli del beneficio; ha, inoltre, considerato che nell’eventualità di un decreto di espulsione, i genitori avrebbero potuto condurre con sè i figli, in assenza di conseguenze traumatiche in ragione dell’età dei medesimi.

Invero, il giudice di merito è chiamato a investigare se l’esercizio di una delle due possibili opzioni da parte dei genitori (allontanamento del genitore con permanenza del minore sul territorio nazionale o allontanamento del minore al seguito dei genitori) comporterebbe un qualsiasi danno grave per il figlio minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità.

Il che è proprio quel che ha fatto la corte di merito laddove ha valutato le conseguenze di una sua permanenza o di un allontanamento dei minori al seguito dei genitori, di guisa che nessun esercizio di una scelta spettante alla famiglia e ai figli, nè alcuna espulsione di fatto possono essere evinti dal tenore del provvedimento gravato.

I ricorrenti non prospettano, se non in maniera del tutto generica e astratta, alcuna concreta situazione di grave pregiudizio per i minori trascendente la possibilità per gli stessa di seguire i genitori in Marocco e le diverse possibili future condizioni di vita ivi ipotizzabili rispetto all’Italia, mancando altresì di censurare in maniera specifica quanto affermato, in maniera del tutto condivisibile, dal giudice di merito circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio in merito all’esistenza di eventi traumatici o imprevedibili, di guisa che la censura si riduce ad una impropria sollecitazione del riesame di merito; non risultano, inoltre, nemmeno essere state dedotte patologie o disagi psicofisici pregiudizievoli a carico dei minori.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, stante l’unico ed isolato precedente penale di Ma.Yo. che aveva condotto alla revoca del permesso U.E., l’estinzione del reato, l’inesistenza di condanne o carichi pendenti e la condotta irreprensibile tenuta dai coniugi nel corso della permanenza in Italia.

2.2. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi.

Si osserva che il cenno contenuto nella parte finale della decisione impugnata alla possibile espulsione dei genitori – che, alla stregua del motivo, sembra da collegare a precedenti di polizia e penali del ricorrente – non integra l’accertamento di una causa ostativa al riconoscimento del beneficio – come erroneamente ritenuto nella censura -, ma completa la motivazione in ordine all’assenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio richiesto, escludendo che l’espulsione, ove attuata, sia idonea a produrre conseguenze traumatiche per i minori.

La decisione risulta pertanto in linea con la recente pronuncia a Sez. Unite, ove è stato puntualizzato che “il giudice, investito della richiesta di autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, è chiamato in primo luogo ad accertare la sussistenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore che si trova nel territorio italiano; esaurito positivamente tale accertamento, a fronte del compimento da parte del familiare istante di attività incompatibili con la permanenza in Italia, potrà negare l’autorizzazione soltanto all’esito di un esame complessivo, svolto in concreto e non in astratto, della sua condotta, cui segua un attento giudizio di bilanciamento tra l’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale e il preminente interesse del minore ” (Cass. Sez. U. n. 15750 del 12/6/2019, p.5.3.). Invero, poichè la domanda è stata respinta proprio a seguito del preliminare accertamento dell’insussistenza dei “gravi motivi”, ciò risulta sufficiente a precludere la possibilità del giudizio di bilanciamento tra l’interesse statuale alla tutela dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale e il preminente interesse del minore, a fronte dell’eventuale compimento da parte del familiare istante di attività incompatibili con la permanenza in Italia.

3. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, senza provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della mancata attività difensiva delle parti intimate.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater perchè il processo risulta esente.

PQM

Rigetta il ricorso;

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52;

Dà atto che non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater perchè il processo risulta esente.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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