Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 647 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 647 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato,

presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;
– ricorrente contro
ANZALCNE SERAFILM;

– intimato

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

2p(PLA

della Liguria, sezione 11, n. 67, depositata il

10 luglio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12 giugno 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la
ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Data pubblicazione: 15/01/2014

Definizione
automatica redditi
anni pregressi liquidazione
ex
art. 36 bis d.P.R.
n. 600 del 1973

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato ad un motivo, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Liguria che, rigettandone
l’appello, ha confermato l’annullamento della cartella di
pagamento, emessa a carico di Serafino Anzalone, recante
iscrizione a ruolo di IRPEF e IRAP per l’anno 1999 liquidate in
base alla dichiarazione, in quanto, avendo il contribuente
effettuato la definizione automatica per le medesime imposte per
dicembre 2002, n. 289, non era ammissibile il controllo formale
della dichiarazione per alcuna delle annualità oggetto del
condono, con la conseguente liquidazione delle imposte.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
MOTIVI DETIALDECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso, denunciando la violazione
dell’art. 7 della legge n. 289 del 2002, l’amministrazione
ricorrente assume che a norma del coma 13, in caso di
definizione automatica dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo
per gli anni pregressi mediante autoliquidazione, sarebbero fatti
salvi gli effetti della liquidazione delle imposte e del
controllo formale in base, rispettivamente all’art. 36 bis e 36
ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Il motivo è fondato, in quanto, in tema di definizione
automatica di redditi d’impresa e di lavoro autonomo per gli anni
pregressi mediante autoliquidazione, l’art. 7 della legge n. 289
del 2002, mentre inibisce, al coma 11, l’esercizio dei poteri di
accertamento degli uffici finanziari, espressamente stabilisce al
coma 13 che sono fatti salvi gli effetti della liquidazione
delle imposte e del controllo formale in base rispettivamente
all’art. 36 bis ed all’art. 36 ter del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, e che le variazioni dei dati dichiarati non rilevano ai
fini del calcolo delle maggiori imposte dovute ai sensi dello
stesso art. 7 della legge n. 289 del 2002.
In termini analoghi si è espressa questa Corte, pur in
difetto di espressa previsione, in relazione alla domanda di
condono presentata ai sensi del successivo art. 8 della legge 27
dicembre 2002, n. 289, riguardante l’integrazione degli
imponibili negli anni pregressi, affermando tale forma di

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gli anni dal 1998 al 2002, ai sensi dell’art. 7 della legge 27

definizione “preclude – in virtù di quanto stabilito dal camma 6,
lett. a) – l’attività di accertamento dell’Anninistrazione
finanziaria ma non la liquidazione delle imposte, ex art. 36-bis
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, senza che abbiano rilievo
alcuno né la circostanza che nell’art. 8 cit. non sia prevista
una specifica clausola di salvezza per tale forma di liquidazione
– evidentemente non ritenuta necessaria per essere quest’ultima
attività del tutto diversa e distinta dall’accertamento – né la
previsto dall’art. 9 della 1. n. 289 cit., sia contenuta (coma
9) una previsione espressa di salvezza dell’attività
liquiditoria, in quanto, in tal caso, il legislatore, ritenendo
possibile il sorgere di qualche dubbio interpretativo, ha
ritenuto opportuno indicarla esplicitamente” (Cass. n. 12360 del
2011).
La dichiarazione tributaria, infatti – come si è chiarito
in relazione ad altra legge di condono – “è atto direttamente
attuativo della legge tributaria, e produce di per sé un effetto
di liquidazione dell’imposta, rispetto al quale l’eventuale
ulteriore liquidazione dell’ufficio, a seguito dell’esercizio del
potere di accertamento formale automatizzato ex art. 36-bis del
d.P.R. n. 600 del 1973, non innova se non per la correzione degli
errori materiali e di calcolo, tanto è vero che il quarto coma
dello stesso articolo adotta il principio dell’imputazione
diretta della liquidazione al dichiarante” (Cass. n. 16486 del
20049).
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va
cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,
la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso
introduttivo del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo, nentre vanno compensate fra le
parti le spese relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del
contribuente.
Condanna il contribuente al pagamento delle spese del

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circostanza che, in relazione all’ipotesi del condono buttale

presente giudizio, liquidate in euro 1.200, oltre alle spese
prenotate a debito.
Dichiara compensate fra le parti le spese per i gradi di
merito.

Così deciso in Roma il 12 giugno 2013.

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