Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6469 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. I, 06/03/2020, (ud. 25/11/2019, dep. 06/03/2020), n.6469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15436/2016 proposto da:

Rainbow S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Venti Settembre n. 1, presso

lo studio dell’avvocato Clemente Agostino, rappresentata e difesa

dall’avvocato Moretti Michele, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

del Risorgimento n. 36, presso lo studio dell’avvocato Colini

Andrea, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1252/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

pubblicata il 15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2019 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Rainbow SRL propone ricorso per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Ancona, in epigrafe indicata, con cinque mezzi corredati da memoria.

Replica con controricorso A.M..

Originariamente A.M. aveva convenuto in giudizio con citazione del 18/9/2000 la Raimbow SPA (ora Rainbow SRL), esponendo di essere coautore, insieme ad S.I., dei personaggi di fantasia “(OMISSIS)” e di vantare per tale ragione diritti di partecipazione allo sfruttamento economico dell’opera nei confronti della società convenuta, della quale aveva richiesto la condanna al pagamento dei diritti d’autore.

La società convenuta aveva confutato la domanda, eccependo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il ricorrente in relazione allo svolgimento del quale lo stesso era stato retribuito; l’ideazione esclusiva dei personaggi in capo allo S., che aveva ceduto alla società i diritti di utilizzazione economica, la circostanza che A. si era limitato ad occuparsi di alcune sceneggiature, attività per la quale era stato retribuito con il versamento dei diritti d’autore e, poi, come lavoratore subordinato. Aveva anche spiegato domanda riconvenzionale chiedendo il risarcimento dei danni per lesione della reputazione commerciale.

In primo grado la domanda di A. era stata parzialmente accolta e la Raimbow era stata condannata al pagamento di Euro 48.026,37=, oltre interessi legali, respinta in toto la domanda riconvenzionale.

La sentenza veniva impugnata in via principale da A.; la Raimbow, oltre a contestare l’appello principale, spiegava appello incidentale chiedendo che venisse accertato che nulla era dovuto alla controparte.

La Corte di appello di Ancona ha confermato la prima decisione, rigettando entrambi gli appelli.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione della L. n. 633 del 1941, artt. 1 e 2 (legge sul diritto d’autore, di seguito L.A.).

A parere della ricorrente la Corte anconetana ha applicato la tutela ivi prevista erroneamente a “mere idee, per di più non identificate” e non ad opere dell’ingegno, in quanto avrebbe riconosciuto la tutela autoriale ad una “iniziale elaborazione di idea”.

Sotto altro profilo, la ricorrente – dopo avere rimarcato che A. nell’atto di citazione aveva invocato la tutela autoriale del suo progetto riferendosi alle “trame” ed ai “personaggi” e poi, nella comparsa conclusionale, al “mondo” ed ai “personaggi” di “(OMISSIS)”, per identificare qualcosa che preesisteva all’opera audiovisiva e da cui quest’ultima traeva origine, senza tuttavia provare quale fosse stato il suo contributo creativo – si duole che la Corte territoriale non abbia esattamente individuato quale era l’opera dell’ingegno alla cui ideazione A. aveva contribuito ed abbia, invece, confuso i due distinti piani di tutela riservati, da un lato, all’ideazione dei personaggi e, dall’altro, alle opere audiovisive contenute nei CD-Rom e le serie animate qualificabili come opere cinematografiche, entità ben distinte tra loro, definendo, invece, tutto congiuntamente ed in modo generico “cartone animato”.

1.2. Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.

1.3. Osserva la Corte che la prospettazione da parte della ricorrente di un errore da parte della Corte territoriale nell’individuazione dell’opera dell’ingegno per la cui tutela in ragione della co-autorialità l’ A. aveva agito, risulta tema nuovo ed esplorativo, alla stregua della sentenza e del ricorso stesso – con evidenti ricadute sull’ammissibilità, e, comunque, carente sul piano della specificità perchè non consente di comprendere se e quanto sia stato tempestivamente sottoposto ai giudici di merito.

1.4. Ma, soprattutto, la censura dà conto di non avere intercettato la ratio decidendi della sentenza impugnata che – contrariamente a quanto assume la ricorrente – ha individuato l’apporto creativo per il cui riconoscimento l’ A. ha agito proprio nell’essere “coautore -ideatore dell’opera”, giacchè questi aveva rivendicato la co-paternità nell’ideazione dell’opera dell’ingegno, in particolare rivendicando “la paternità dell’idea originaria di personaggi che si nutrivano di musica” (fol. 4/5 sent. imp.) ed ha ritenuto che la prova, anche in via presuntiva, fosse stata raggiunta sulla scorta di plurimi elementi desunti da documentazione versata in atti ed in ragione dello sviluppo del processo creativo comune sfociato nella produzione di cartoni animati ed altro.

Invero, a conferma, va rimarcato che la Corte territoriale si è soffermato sul principio secondo il quale “il concetto giuridico di creatività… può consistere anche nella iniziale elaborazione di un’idea, poi condivisa con altri per lo sviluppo ed il perfezionamento di un processo creativo comune” e sulla prova fornita attraverso la documentazione ove l’ A. era indicato come “co-autore ideatore” dell’opera, sottolineando che le conclusioni raggiunte non erano state smentita dalla Raimbow che non aveva provato, come suo onere, la totale estraneità dell’ A. al processo creativo che aveva portato alla luce il cartone animato (fol.4 della sent. imp.): pertanto alcuna confusione è ravvisabile tra l’ideazione creativa, oggetto del giudizio ed accertata in fatto in via presuntiva in favore dell’ A. ed il cartone animato in cui poi la stessa era confluita, nonostante qualche incertezza lessicale nello sviluppo argomentativo seguito dal giudice del gravame.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 L.A., sotto due profili.

La ricorrente sostiene che la Corte territoriale erroneamente: a) ha riferito la presunzione di autorialità ad un lavoro diverso dall’opera audiovisiva (CD-rom e serie televisiva) su cui l’attribuzione di paternità era stata apposta con riconoscimento di crediti all’ A.; b) ha erroneamente applicato la presunzione di cui all’art. 8 L.A. senza la previa identificazione dell’opera a cui fosse riferibile tale presunzione, con conseguente errata valutazione delle risultanze istruttorie.

2.2. Anche questo motivo è inammissibile.

2.3. Il tema posto dalla ricorrente – e cioè se l’accreditamento dell’ A. quale autore dei CD-rom e della serie televisiva possa estendere i suoi effetti probatori anche alla property dei personaggi di fantasia che, ivi, sono stati animati – risulta del tutto nuovo ed esplorativo, alla stregua della sentenza e del ricorso stesso, con evidenti ricadute sull’ammissibilità, e, comunque, carente sul piano della specificità perchè non consente di comprendere se e quanto sia stato tempestivamente sottoposto ai giudici di merito come motivo di appello, posto che sul punto, la decisione impugnata risulta confermativa di quanto accertato già in primo grado.

2.4. Il motivo peraltro non coglie la ratio decidendi: questa, infatti, non fonda l’accertamento presuntivo di autorialità solo sull’applicazione dell’art. 8 L.A., ma anche su altri elementi costituiti dall’indicazione dell’ A. quale “coautore-ideatore” su ulteriori e molteplici documenti (fol. 4 della sent. imp.) e sull’esito dell’interrogatorio formale deferito all’ A. (fol.5 della sent. imp.), che, in assenza di confessione, è soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale ben può ponderarne la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio (Cass. n. 30529 del 19/12/2017).

3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 10 L.A. in relazione agli artt. 3, 7, 44 e 45 stessa legge. La ricorrente sostiene che la Corte territoriale ha erroneamente applicato l’art. 10, disciplinante le “opere in comunione” all’opera dell’ingegno “(OMISSIS)”, che – a suo parere – era da ricondursi piuttosto, quale opera assimilabile a quella cinematografica, alle “opere collettive”, soggette all’applicazione degli artt. 3 e 7 L.A., nonchè degli artt. 44,45 e ss. L.A. per le opere cinematografiche.

3.2. Il motivo è inammissibile, perchè si fonda sull’erroneo presupposto che la tutela autoriale sia stata riconosciuta all’ A. per la sua partecipazione alla creazione del cartone animato, ma così non è per le ragioni già illustrate per disattendere i motivi primo e secondo.

Invero nella sentenza impugnata si parla fin dall’inizio di personaggi di fantasia oggetto di creazione e la qualificazione giudiziale attiene all’opera costituita proprio dall’ideazione dei personaggi fantastici e del loro mondo, sia pure confluiti nel cartone animato frutto di un progetto creativo comune.

4.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 L.A. in relazione agli artt. 44, 45 e 46 stessa legge.

A parere della ricorrente, la Corte territoriale ha applicato l’art. 10 cit. in violazione degli artt. 44 e ss. cit., che disciplinano il rapporto tra i coautori ed il produttore dell’opera cinematografica, laddove ha riconosciuto ad A. il diritto ad un ulteriore compenso sullo sfruttamento delle opere audiovisive, in forza della disciplina prevista dall’art. 10 cit. per le “opere in comunione”, secondo il quale i diritti d’autore sulle opere audiovisive appartengono in comune a tutti i coautori in parti uguali.

Secondo la ricorrente, invece, le opere audio-visive/cinematografiche “(OMISSIS)”, formate dall’unione di più opere (soggetto, sceneggiatura, musica, etc.) non sono assimilabili ad un’opera in comunione, ma vanno ricondotte alla diversa categoria delle “opere collettive”, con la conseguenza che deve applicarsi la disciplina degli artt. 3 e 7 L.A., nonchè gli artt. 44,45 e ss. previsti per le opere cinematografiche.

4.2. Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 44,45,46 e 46 bis L.A.

La ricorrente sostiene che la Corte di appello abbia applicato un criterio manifestamente irragionevole e privo di giustificazione fattuale e giuridica nel procedere alla determinazione in via equitativa del calcolo della partecipazione di A. ai proventi dello sfruttamento economico degli audiovisivi “(OMISSIS)”. Dopo avere insistito sul fatto che l’ A. avrebbe già avuto compenso quale collaboratore esterno, prima, e poi come dipendente della Rainbow, sostiene che il diritto al compenso di tale ampiezza non trova giustificazione nell’art. 10, nè nella normativa specifica prevista per le opere cinematografiche nel rapporto tra produttore e co-autore ex artt. 46 e 46 bis e che non è prevista la partecipazione agli utili.

4.3. I motivi, da trattarsi congiuntamente perchè strettamente connessi, sono inammissibili, perchè erroneamente, presuppongono la fondatezza della prospettazione – sviluppata dalla ricorrente con il primo ed il terzo motivo – secondo la quale il diritto autoriale sarebbe stato riconosciuto all’ A. in relazione ai cartoni animati, intesi come opera cinematografica.

Come già puntualizzato, tale prospettazione non trova riscontro nella sentenza impugnata, dove il diritto autoriale di A. è stato riconosciuto in relazione alla creazione dei personaggi di fantasia “(OMISSIS)” ed al loro mondo, di poi confluiti nel progetto comune della produzione dei cartoni animati.

Ne consegue anche l’inammissibilità della censura formulata invocando l’applicazione dei criteri stabiliti per la determinazione dei diritti economici spettanti per le opere cinematografiche.

Va rimarcato, infine, che non è stata riconosciuta all’ A. la partecipazione agli utili, come velatamente sembra suggerire la ricorrente, ma gli utili sono stati utilizzati come parametro per determinare l’equo compenso e che le critiche in merito alla quantificazione dell’equo compenso non sono state proposte, come avrebbero dovuto, come vizi motivazionali e risultano apodittiche e generiche.

5. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

La ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di giudizio, nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00=, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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