Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6462 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. II, 09/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 09/03/2021), n.6462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24901-2019 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO

PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 637/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA

depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. ORICCHIO ANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

è stata impugnata da R.A., cittadino del Pakistan, la sentenza n. 637/2019 della Corte di Appello di Bologna.

Il ricorso è fondato su tre motivi ed è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo respingeva il ricorso con ordinanza del 2/4/2017.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con il primo motivo del ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 (artt. 2, 3, 4,5,6 e 14) e del D.Lgs. n. 25 del 2008 (art. 8).

Viene, inoltre, dedotto il difetto di motivazione e travisamento di fatti.

Quanto alla parte del motivo dedicata alla censura di violazione di norme di legge va rilevato che l’essenza del motivo attiene, in particolare, all’esame delle condizioni del paese di origine del richiedente protezione.

Le pretese violazioni di norme di legge non sono tuttavia risultanti.

Il Giudice del merito, facendo buon governo delle norme di legge, ha esaminato le condizioni del Pakistan, paese di origine del richiedente.

La Corte, più specificamente, evidenzia come la richiesta di protezione non era fondata su motivi politici, ma solo economici.

In particolare, con la gravata decisione, la Corte territoriale ha svolto adeguata valutazione, secondo legge sottolineando – da un lato l’assenza di condizioni generalizzate di pericolosità nel paese di provenienza e dall’altro lato il fatto che era “l’appellante che aveva deciso di fuggire per motivi legati esclusivamente a vicenda familiare”.

Parte ricorrente evita di confrontarsi con tale profilo della motivazione della sentenza impugnata.

In ordine, infine, alla parte del motivo dedicata alla censura di difetto di motivazione deve rilevarsi come la doglianza non sia ammissibile.

Infatti le censure di carenza motivazionale, fra l’altro e conformemente alla disciplina oggi in vigore, consentono la ricorribilità per Cassazione esclusivamente nelle ipotesi di “irriducibile contrasto motivazionale fra affermazioni inconciliabili” alla stregua di quanto oggi previsto dall’ordinamento

(per effetto delle modifiche alle norme processuali di cui alla L. n. 134 del 2012) e del retrostante intento legislativo di “riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione” (Cass. civ., SU. N. 8053/2014, cit., nonchè Cass. n.ri 24148/2013, 25608/2013, 7983/2014, 13928/2015).

Il motivo è, pertanto, inammissibile nel suo complesso.

2. – Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, si censura l’impugnata sentenza per difetto di motivazione “in merito alla condizione generalizzata di violenza nella regione di provenienza”.

La censura stessa è svolta anche sotto il profilo di violazione di legge, ma senza la prescritta indicazione del parametro normativo processuale alla cui stregua si interpone ricorso per cassazione.

Il motivo non è ammissibile sotto entrambi i profili prospettati in ricorso.

Non vi è vizio di violazione di legge (neppure, fra l’altro, indicata) poichè, come già detto innanzi sub 1. La Corte del merito ha tenuto presente la situazione del paese di origine del richiedente protezione.

Neppure è ammissibile la generica deduzione di carenza motivazionale alla stregua della giurisprudenza già richiamata sub 1.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3. – Con il terzo motivo, sotto il profilo del difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, ed il travisamento dei fatti.

La situazione di pericolo, per il richiedente protezione, in caso di rimpatrio per la situazione del Pakistan è stata, come detto, motivatamente esclusa dalla sentenza impugnata.

Ciò posto deve rilevarsi la inammissibilità del motivo ih quanto la deduzione della mera carenza motivazionale (senza neppure cogliere l’aspetto fondante della ragione in base alla quale è stato deciso con la sentenza impugnata).

4. – Il ricorso deve, pertanto, essere nel suo complesso dichiarato inammissibile.

5. – Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

6. – Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente -allo stato- ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese dei giudizio determinate i Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R, n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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