Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6460 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. un., 06/03/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 06/03/2020), n.6460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30051/2018 proposto da:

ATRAL S.C.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PINCIANA 25, presso lo studio

dell’avvocato CRISTIANO CHIOFALO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DANIELE GRANARA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LATINA, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato

elettivamente in ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO PONTECORVI, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO DI LEGINIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3822/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 21/06/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La ATRAL scrl, quale gestore uscente del servizio di trasporto pubblico locale (TPL) in ambito urbano del Comune di Latina, ricorre ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, per la cassazione della sentenza n. 3822 del 21/06/2018, con cui il Consiglio di Stato ha respinto il suo appello contro la sentenza n. 599 del TAR Lazio – Latina, di declaratoria di inammissibilità del suo ricorso per l’annullamento degli atti del procedimento di affidamento del servizio di trasporto pubblico locale urbano del Comune di Latina – dell’importo a base gara di Euro 23.660.182,00 oltre IVA e di cui al bando pubblicato il 26/05/2017 sulla GUUE e il 29/05/2017 sulla GURI – per l’illegittimità della disciplina di gara, assumendo la natura escludente e impeditiva della partecipazione alla procedura di alcune clausole della lex specialis ed in particolare la sostanziale carenza di contendibilità, l’indeterminatezza di talune prescrizioni, inaccettabile ristrettezza dei tempi concessi per la predisposizione di un’offerta seria e l’inadeguatezza delle risorse messe a disposizione in rapporto agli oneri imposti ai concorrenti.

2. Il Consiglio di Stato, nella qui gravata sentenza, aveva:

– escluso la rilevanza del numero di mezzi necessari per l’esecuzione del servizio messi a disposizione dall’Amministrazione, alla stregua del D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, art. 18 e del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 37, comma 2 lett. f), (pure come interpretati dalla Autorità di Regolazione nella relazione illustrativa – allegato B alla Delib. n. 49 del 2015), dovendosi negare che le previsioni della legge di gara oggetto di impugnativa costituissero una violazione sia della normativa richiamata – che vietava ogni discriminazione in sede di partecipazione alle procedure per l’affidamento dei servizi di TPL fondata sul possesso dei mezzi già all’avvio della procedura di gara – sia delle prescrizioni dell’Autorità di regolazione, che imponevano idonea istruttoria per l’individuazione dei tempi necessari all’acquisizione del materiale rotabile, tenuto conto della tempistica di approvvigionamento dei mezzi; e tanto per la piena leggibilità della disciplina di formazione dell’offerta e di esecuzione del servizio appaltando, ma pure per il corretto riferimento all’orientamento giurisprudenziale consolidato (sin da Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 1 del 2003) secondo il quale, in coerenza con i principi generali in materia di interesse sostanziale e interesse ad agire, l’interesse differenziato e qualificato a legittimare l’azione processuale nelle gare d’appalto sorge con gli atti applicativi della procedura di gara i quali rendono concreta ed attuale la lesione, mentre è possibile per l’impresa non partecipante alla gara impugnarne il bando soltanto se questo contiene clausole escludenti o impeditive della partecipazione, prescrivendo all’interessato requisiti di ammissione e partecipazione che non possiede nè può acquisire ovvero che impongano oneri incomprensibili, irragionevoli o manifestamente sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara e della procedura;

– condiviso la valutazione dei giudici di primo grado, siccome in buon governo dei richiamati principi giurisprudenziali di correlazione dell’interesse attuale all’impugnazione da parte del concorrente non partecipante all’esistenza non già di clausole meramente illegittime ma aventi natura escludente (Cons. Stato, IV, 11 ottobre 2011, n. 4180), sulla non ricorrenza di alcuna delle suddette circostanze, non avendo Atral impugnato le disposizioni della legge di gara che le avessero di fatto impedito di formulare un’offerta seria e attendibile: e tanto anche solo per la non riscontrabilità, nella fattispecie in esame, della denunciata difficoltà di reperimento del materiale rotabile idonea a compromettere la concreta contendibilità della gara in oggetto, anche rispetto ai tempi di avvio del servizio previsti dalla lex specialis (dovendo il possesso e la disponibilità di un adeguato parco mezzi essere garantita solo all’esito dell’aggiudicazione ed al momento dell’avvio del servizio; nè tale disponibilità essendo stata elevata dalla legge di gara a criterio di valutazione delle offerte, in quanto il momento che assumeva rilievo per verificare la suddetta disponibilità veniva spostato al successivo inizio dell’espletamento del servizio, allo scopo di assicurare la corretta e regolare esecuzione delle prestazioni oggetto di affidamento);

– escluso, anche in tal caso confermando le valutazioni del giudice di primo grado, che la previsione contenuta nel disciplinare, relativa alla disponibilità per il servizio della flotta automezzi del Comune contestualmente all’onere per l’affidatario di sostituire unicamente i mezzi vetusti (con anzianità superiore ai sedici anni), contrastasse col divieto di discriminazione nella valutazione delle offerte in gara D.Lgs. n. 422 del 1997, ex art. 18, comma 2, non comportando prelazioni discriminatorie a favore delle imprese che possedessero il parco automezzi già all’atto della presentazione delle offerte, almeno ad una corretta esegesi delle norme della legge di gara (ed in sostanza per avere esse previsto un termine massimo inderogabile a decorrere dall’aggiudicazione per l’acquisto dei mezzi e quindi la sufficienza di un mero impegno all’acquisto – peraltro limitatamente ai mezzi con anzianità superiore ai sedici anni – e senza previsione di un termine fisso per procedervi, sicchè gli operatori economici erano posti nelle medesime condizioni rispetto alla partecipazione alla gara, dovendo tutti assicurare allo stesso modo il possesso e la disponibilità dei mezzi richiesti soltanto all’avvio della commessa, non risultando perciò privilegiato chi già si fosse dotato dei veicoli necessari per averli acquistati prima o in uno alla predisposizione dell’offerta);

– escluso l’assenza di contendibilità, per avere l’appellante di fatto gestito, pure in virtù delle reiterate proroghe dell’originario contratto di servizio, il servizio di trasporto pubblico locale sin dal 2005, disponendo dunque del tempo necessario per organizzarsi dotandosi di un parco mezzi adeguato e quindi per programmare investimenti e predisporre piani a lungo termine;

– escluso la rilevanza dell’intervenuta esclusione di tre delle quattro imprese concorrenti asseritamente determinata dalla carenza di un parco mezzi idoneo rispetto ai requisiti minimi richiesti dal Capitolato, in quanto l’appellante non aveva dedotto, nè dimostrato, l’esistenza di plausibili ragioni e condizioni oggettive che impedissero alle suddette imprese di assumere l’impegno in offerta e con esso l’obbligazione di garantire al momento dell’avvio del servizio la disponibilità del materiale rotabile, costituente mero requisito di efficacia e non già di validità dell’aggiudicazione; e comunque perchè neppure l’impegno all’esecuzione d’urgenza del servizio al ricorrere dei presupposti di legge nelle more del perfezionamento del contratto, siccome momento a valle della disposta aggiudicazione, avrebbe rappresentato elemento impeditivo della partecipazione alla gara;

– rilevato l’infondatezza delle censure non esaminate dal tribunale, sia pure ascrivendone l’omesso esame al rilievo di inammissibilità per carenza di interesse: e tanto per la qualificabilità della procedura come relativa ad un appalto di servizi e non ad una concessione – alla stregua della giurisprudenza consolidata sul punto e, comunque, del D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 118 – e la conseguente inapplicabilità del Regolamento U.E. n. 1370/2017 in luogo delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, attuate nell’ordinamento italiano con D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (come già statuito dall’art. 8 Par. 1 del citato Regolamento Comunitario e dalla Commissione Europea con la Comunicazione del 29.3.2014 C/92/1): con conseguente insussistenza di obblighi di pubblicazione di avvisi di preinformazione, nonchè di violazione di termini – benchè in effetti ridotti – dinanzi all’esaustività dei contenuti degli atti di gara ai fini di una informata o consapevole partecipazione dei concorrenti alla medesima;

– negato la fondatezza delle doglianze sull’asserita aleatorietà della remunerazione del servizio, in quanto – da un lato – il costo del servizio in appalto trovava copertura in apposito stanziamento di bilancio e dall’altro – il contributo chilometrico regionale (posto dalla L.R. n. 30 del 1998, art. 22, comma 21, a base di gara) era in linea con la definizione dei costi standard per il trasporto pubblico locale nella Regione Lazio e conforme a quello erogato dalla Regione anche nell’anno in corso (senza considerare che, attesa la corretta natura del valore del contributo chilometrico quale limite per la quantificazione dell’importo a base d’asta, bene avrebbe potuto il concorrente sulla base del corrispettivo del contratto di servizio, appunto costituito per la maggior parte dal contributo chilometrico regionale e per la residua parte dal ricavo della vendita dei servizi al mercato, effettuare preventivamente un calcolo di convenienza economica e valutare, tenendo conto dei costi per l’espletamento della commessa, ricavabili anche sulla base dei dati storici e dell’esperienza pregressa quale gestore uscente, l’effettiva remuneratività del servizio oggetto di affidamento già in sede di predisposizione dell’offerta; e neppure contenendo gli atti di gara previsioni tali da rendere eccessivamente oneroso e non conveniente il rapporto contrattuale, vista anzi l’assenza sostanziale di rischi derivanti dalla gestione in capo all’affidatario del servizio di TPL, in quanto, come già sopra evidenziato, gli oneri di detto servizio vengono sostanzialmente a gravare sulla sola Amministrazione, in ragione dell’erogazione del contributo chilometrico regionale);

– ribadito la competenza della Stazione appaltante, alla stregua della L.R. Lazio 30 luglio 1998, n. 30, che conferiva ai Comuni le funzioni in materia di TPL urbano, riconoscendo nello specifico a detti Enti, all’art. 10, comma 2, la competenza allo svolgimento delle procedure concorsuali per la scelta degli affidatari dei servizi e alla stipula dei relativi contratti;

– negato alcun contrasto tra le previsioni della lex specialis in materia di clausola sociale e le norme comunitarie e nazionali, conoscendo l’appellante, siccome gestore uscente del servizio, perfettamente il personale impiegato, sicchè il relativo mantenimento in servizio in caso di aggiudicazione non avrebbe in alcun modo potuto ritenersi incoerente con la sua attuale organizzazione imprenditoriale;

– concluso per la carenza di carattere escludente delle clausole della legge di gara impugnate dall’appellante, siccome non impedivano agli operatori del mercato di riferimento di predisporre un’offerta seria e attendibile.

3. Alle tre ragioni di doglianza l’intimato Comune di Latina resiste con controricorso, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso ed in subordine il suo rigetto, vinte le spese; e, fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), la controricorrente deposita memoria, ai sensi del penultimo periodo dell’unico comma di detto articolo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente, esposto partitamente in ricorso l’antefatto della controversia dinanzi ai giudici amministrativi, con ampia illustrazione delle normative ritenute applicabili, argomenta, in via preliminare sub “I.” dei motivi in diritto – per l’ammissibilità del ricorso, prospettando nella specie un omesso esercizio della giurisdizione per diretta violazione del diritto Europeo (Regolamento n. 1370/2007, giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e principi di parità di trattamento e trasparenza nelle procedure ad evidenza pubblica), con conseguente violazione del diritto ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi di cui agli artt. 103,111,113 e 117 Cost. e privazione del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, di cui all’art. 47 della Carta dei diritti dell’Unione Europea ed agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (richiamando sul punto: Cass. Sez. U. n. 30254/08; Cass. Sez. U. 21/06/2012, n. 10294; Cass. Sez. U. 09/11/2011, n. 23302; Cass. Sez. U. 20/01/2014, n. 1013; Cass. Sez. U. ord. 08/04/2016, n. 6891; Cons. Stato, ad. plen., 09/06/2016, n. 11; Cass. Sez. U. 17/01/2017, n. 956), in aperto dissenso da Corte Cost. n. 6 del 2018.

2. Ancora, la ricorrente articola un primo motivo, di “omesso esercizio della giurisdizione da parte del Giudice Amministrativo erroneità della sentenza per contraddittorietà e travisamento e per difetto di motivazione – violazione degli artt. 24,103,111,113 e 117 Cost. e degli artt. 6 e 13CEDU e dell’art. 47 della Carta dei Diritti dell’Unione Europea, in materia di effettività della tutela giurisdizionale e tutela del diritto di difesa, in relazione alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost., del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, nonchè dei principi di parità di trattamento, trasparenza e concorrenza di cui agli artt. 101 e segg. TFUE e all’allegato Protocollo n. 27 – violazione dell’art. 362 c.p.c., comma 1 e dell’art. 110c.p.A., in relazione alla violazione dell’art. 34 c.p.a. e art. 112 c.p.c., omesso esercizio della giurisdizione”.

3. In particolare, la ATRAL scrl riconduce la fattispecie alla concessione di servizi e non all’appalto, sostanzialmente per il mantenimento in capo all’affidatario di un cospicuo margine di rischio (come desunto in massima parte dalla puntuale disamina della legge di gara), con conseguente erroneità del presupposto – peraltro a sua volta intrinsecamente infondato – dell’esclusione dell’applicabilità del Regolamento n. 1370/2007 (che prescinde dal modulo utilizzato, se non altro per quanto concerne l’avviso di preinformazione), anche alla stregua di Corte giust. U.E. 27 ottobre 2016, in causa C-292/15.

4. In via subordinata, la ricorrente formula poi un’ulteriore difesa, rubricata “questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 267 TFUE (ex art. 234 del TCE), con riferimento all’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza)”, invocando il principio di effettività della tutela giurisdizionale e lungamente argomentando nel senso della violazione delle richiamate norme Eurounitarie in conseguenza dell’omesso esercizio della giurisdizione.

5. Il ricorso è inammissibile, perchè l’art. 111 Cost., comma 8, in uno all’art. 362 c.p.c. e art. 110 cod. proc. amm., non consente di ricondurre ai motivi inerenti la giurisdizione, sindacabili dalle Sezioni Unite, nè le eventuali violazioni del diritto dell’Unione Europea, nè il mancato rinvio pregiudiziale ascrivibili alla sentenza pronunciata dal Consiglio di Stato.

6. E’ ben vero che questa Corte di legittimità – da ultimo, con Cass. Sez. U. 27/12/2017, n. 31226 – aveva statuito la configurabilità, sia pure quale caso estremo o limite, di un diniego di giurisdizione da parte del Consiglio di Stato in caso di errori in procedendo o in iudicando, soprattutto se riguardanti il diritto dell’Unione Europea, implicanti il radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o dell’Unione) e tali da ridondare in denegata giustizia, in particolare, in ipotesi di errore in procedendo costituito dall’applicazione di regola processuale interna incidente nel senso di negare alla parte l’accesso alla tutela giurisdizionale nell’ampiezza riconosciuta da pertinenti disposizioni normative dell’Unione Europea, direttamente applicabili, secondo l’interpretazione elaborata dalla Corte di giustizia.

7. E tuttavia non vi è bisogno di verificare se tale approdo resista all’interpretazione dell’art. 111 Cost., da parte di Corte Cost. n. 6 del 2018: la quale, in data successiva alla richiamata Cass. Sez. U. 31226/17, categoricamente esclude (punto 14.1. delle ragioni in diritto) che l’intervento delle sezioni unite della Corte di cassazione, in sede di controllo di giurisdizione, possa essere giustificato dalla violazione di norme dell’Unione o della CEDU, perchè scorrettamente viene ricondotto al controllo di giurisdizione un motivo di illegittimità (sia pure particolarmente qualificata), in quanto tale estraneo a quell’istituto e dovendo il relativo problema, pure indubbiamente esistente, trovare la sua soluzione all’interno di ciascuna giurisdizione.

8. Infatti, la non applicazione della normativa Eurounitaria deriva, già solo in tesi, dalla qualificazione dell’oggetto della procedura quale appalto di servizi e non quale concessione, con esclusione di obblighi di pubblicazione di avvisi di preinformazione, o della violazione di termini – benchè in effetti ridotti – dinanzi all’esaustività dei contenuti degli atti di gara ai fini di una informata o consapevole partecipazione dei concorrenti alla medesima; e, con questo, tutti i diversi profili del preteso diniego di giustizia prospettato dalla ricorrente si risolvono nella prospettazione di corrispondenti errores in iudicando quali causa del mancato accoglimento della domanda originaria: in quanto tali, essi restano all’interno dei limiti della giurisdizione del giudice speciale anche alla stregua dell’interpretazione dell’art. 111 Cost., comma 8, formatasi in tempo anteriore alla richiamata sentenza n. 6 del 2018 della Consulta.

9. Infatti, il controllo di questa Corte è circoscritto all’osservanza dei meri limiti esterni della giurisdizione, ma non si estende ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo d’esercizio della giurisdizione speciale.

10. Pertanto, anche dopo l’inserimento della garanzia del giusto processo nella nuova formulazione dell’art. 111 Cost., l’accertamento in ordine ad errores in procedendo o ad errores in iudicando (sia pure de iure procedendi), ai quali si riconduce pure la qualificazione del rapporto dedotto in giudizio come appalto e non come concessione di pubblico servizio ai fini del riscontro dei requisiti escludenti di una legge di gara, rientra nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione, poichè quelli integrano violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dai limiti esterni di essa, ma solo al modo in cui è stata esercitata (Cass. Sez. U. 18/05/2017, n. 12497; Cass. Sez. U. 17/01/2017, n. 953; Cass. Sez. U. 30/07/2018, n. 20169).

11. Tanto comporta l’infondatezza del motivo di ricorso sul preteso omesso esercizio di giurisdizione, a parte la considerazione che, ad ogni buon conto, le doglianze dell’odierna ricorrente sono state comunque esaminate nel merito, con analitica esclusione in concreto di tutte le lesioni paventate, sia pure al fine di escludere l’interesse ad impugnare gli atti conseguenti alla – non invece impugnata – originaria legge di gara.

12. Neppure può accedersi alla richiesta di rinvio pregiudiziale: la quale inutilmente si fonda – Cass. Sez. U. 22/05/2017, n. 12796 sulla denuncia dei medesimi vizi dedotti nei mezzi di censura ed attinenti alle modalità con le quali il Consiglio di Stato ha esercitato la propria giurisdizione nell’interpretazione delle norme alla stregua dei parametri Europeo e costituzionale: da un lato, tale richiesta così postula la soluzione, in senso favorevole alla ricorrente, di questioni sulle quali, come si è appena detto, questa Corte è priva di potestà di sindacato e sarebbe quindi non pertinente (o, con terminologia nazionale, irrilevante); e, dall’altro lato, difetta in radice il potere di questa Corte di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, omesso dal Consiglio di Stato nella sentenza impugnata, siccome spetta a queste Sezioni Unite solo di vagliarne il rispetto dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, senza che, su tale attribuzione di controllo, siano evidenziabili norme dell’Unione Europea su cui possano ipotizzarsi quesiti interpretativi (Cass. Sez. U. 08/07/2016, n. 14042; Cass. Sez. U., 19/09/2017, n. 21617).

13. Il ricorso va, nel suo complesso, rigettato e la soccombente ricorrente condannata alle spese in favore della controparte, in ragione del valore della controversia quale desunto da quello della gara i cui atti sono stati impugnati davanti al giudice amministrativo.

14. Va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30.000,00 (trentamila/00) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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