Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6455 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. I, 21/03/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 21/03/2011), n.6455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3648/2010 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.F. ((OMISSIS)), S.A.

((OMISSIS)), D.P.S. ((OMISSIS)),

S.L. ((OMISSIS)), DI.PA.SA.

((OMISSIS)), quali eredi di F.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della n. 58 820/08 RGAD CORTE D’APPELLO di ROMA

del 13/10/08, depositato il 18/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p. 1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- D.P.S., S.L., S.F., S.A., D.P.S. – quali eredi di F.A., invalida – hanno adito la Corte di appello di Roma, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 39 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al Pretore del lavoro di Napoli con ricorso del 21.2.1994, deciso con sentenza del 19.5.2005, in sede di rinvio dopo la cassazione della prima sentenza di appello.

La Corte di appello, con decreto del 18.12.2008, fissata la durata ragionevole del giudizio in anni, sei, ha ritenuto violato il relativo termine per la parte eccedente tale periodo, pari a ulteriori sei anni e ha liquidato per li danno non patrimoniale Euro 6.000,00, pari a Euro 1.000,00 per ciascun anno, condannando l’intimato alle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso il Ministero della. Giustizia, affidato a sei motivi.

Gli intimati resistono con controricorso.

2.- Va preliminarmente evidenziata l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, con il quale è denunciate vizio di motivazione in relazione all’eccezione di prescrizione sollevata nel grado di merito.

Infatti, va ricordato che, quanto alla formulazione dei motivi nei caso previste dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, la giurisprudenza di questa Certe ha sottolineato che la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito di diritto per i motivi ai cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U. sent. n. 20603/2007 e, successivamente, le ordinanze della sez. 3^ n. 4646/2008 e n. 16558/2008, nonchè le sentenze delle S.U. nn. 25117/2008 e n. 26014/2008): per questo il relativo requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato quando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinate; fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (ord., sez. 3^, n. 16002/2007; ord., sez. 3^, nn. 4309/2008, 4311/2008 e 3397/2008, cit., nonchè sent. S.U. n. 11652/2008). In altri termini, si richiede che l’illustrazione del motivo venga corredata da un momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della censura (v.

sentenza, S.U., n. 16523/2008).

Requisito che, nella concreta fattispecie, manca del tutto e ciò rende inammissibili le censure concernenti la motivazione del decreto impugnato.

Ciò premesso, va rilevato che le censure sub 2, 3 e 4, con le quali il Ministero denuncia violazione di legge lamentando la mancata dichiarazione dell’estinzione per prescrizione del diritto vantato dai ricorrenti e assumendo la compatibilità tra prescrizione e decadenza comminata dalla L. n. 89 del 2001 appaiono infondate alla luce del principio per il quale la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per L’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà cranica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della cagionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Sez. 1^, Sentenza n. 27719 del 30/12/2009).

La censura sub 5, con la quale il ricorrente denuncia violazione di legge deducendo l’applicabilità ai processi in corso della L. n. 89 del 2001 con conseguente applicabilità della disciplina interna in materia di prescrizione, appare manifestamente infondata per le medesime ragioni esposte in relazione ai precedenti motivi.

Con il sesto motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione degli artt. 75 e 112 c.p.c. e deduce che dante causa degli attori è deceduto nel 2003 e, avendo questi ultimi agito esclusivamente quali eredi, la Corte di appello non poteva liquidare il danno successivo al decesso dell’originaria parte del giudizio presupposto.

Trattasi di questione di fatte nuova, che non risulta dal decreto impugnato e nel ricorso non risulta in quale atto e in quali termini sia stata dedotta dinanzi al giudice del merito.

Il motivo, quindi, è inammissibile.

Il ricorso, quindi, può essere deciso in Camera di consiglio”.

p. 2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto dei primi cinque motivi de ricorso. Non condivide le conclusioni relative al sesto motivo in quanto sono gli stessi resistenti che specificano nell’intestazione del controricorso di avere agito quali eredi di F.A., nata il (OMISSIS) e deceduta il (OMISSIS).

Pertanto, trattandosi di elementi costitutivi del diritto dedotto in giudizio, la Corte di merito avrebbe dovuto, anche in mancanza di specifica eccezione dell’Amministrazione, rilevare che il diritto all’indennizzo, azionato a titolo ereditario, non poteva estendersi al periodo successivo al decesso del de cuius. Sì che la liquidazione del danno non patrimoniale doveva essere limitata al periodo dal 21.2.1994 al 2.6.2003 e, detratta la ragionevole durata per tutti i gradi del giudizio, pari ad anni sei, avrebbe dovuto liquidare l’indennizzo per il periodo di irragionevole protrazione del processo, pari ad anni tre circa. Sì che, cassato il decreto impugnato, non essendo necessari, ulteriori accertamenti di fatto, la Corte può decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., liquidando, sulla base dei criteri di cui a Cass. n. 21840 del 14/10/2009, la somma di Euro 2.250,00, da attribuire pro quota ai ricorrenti.

Le spese processuali liquidate in dispositivo – stante il limitato accoglimento del ricorso e considerato l’esito complessivo della lite – possono essere compensate nella misura di 1/2, con condanna dell’Amministrazione per la restante metà.

P.Q.M.

La Corre, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alle parti ricorrenti – pro quota – la somma di Euro 2.250,00 per indennizzo, oltre gli interessi legali dalla domande e le spese del giudizio:

che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di merito, gravando l’Amministrazione del residuo 1/2 e che determina nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 579,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo e che determina per l’intero in Euro 595,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratto in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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