Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6452 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 28/02/2022), n.6452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 620-2021 proposto da:

H.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIO LOTTI;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 8866/2020 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 30/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

MARULLI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Milano, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis ne ha respinto le istanze intese al riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11 nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo per aver il decidente denegato l’accesso alle misure reclamate senza disporre l’audizione del ricorrente, in difetto di videoregistrazione del colloquio in sede amministrativa richiesta nel ricorso, quantunque ne fosse stata fatta richiesta e si fossero esternati nel ricorso elementi di merito volti a spiegare eventuali incoerenze; 2) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 e/o del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 anche con riferimento all’art. 2697 c.c. per aver il decidente denegato l’accesso alle misure reclamate in forza della ritenuta non credibilità del ricorrente, senza tuttavia prendere atto del ragionevole sforzo fatto dal medesimo per circostanziare la propria domanda e della richiesta di audizione; 3) della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), per avere il decidente denegato il riconoscimento del rifugio e della protezione sussidiaria quantunque nella specie alla luce dei fatti rappresentati ne sussistessero tutte le condizioni; 4) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere il decidente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria malgrado la documentata situazione di conflitto armato interno in Punjab; 5) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 per avere il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria omettendo o malamente declinando il giudizio comparativo tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese d’origine e il livello di integrazione raggiunto in Italia.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione, – all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è infondato poiché, posto che, come ricordato da questa Corte (Cass., Sez. I, 7/10/2020, n. 21584) – e come è del resto noto allo stesso ricorrente – l’obbligo del Tribunale di procedere all’audizione del richiedente in difetto di videoregistrazione del colloquio in sede amministrativa sorge, tra l’altro, se il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile, nella specie il Tribunale, pur ravvisando la generale infondatezza delle istanze ricorrenti, ha ritenuto tuttavia di motivare il rigetto della richiesta sul presupposto che il ricorrente non avesse riferito alcun nuovo, diverso od ulteriore specifico argomento sul quale avrebbe dovuto incentrarsi una sua nuova audizione e non avesse formulato alcuna indicazione su quali punti della vicenda necessitassero di un approfondimento istruttorio, con ciò evidenziando una lacuna in punto di allegazione che neppure il ricorso si cura di emendare.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché il giudizio di non credibilità espresso dal decidente all’esito di una valutazione operata in conformità allo schema tipico della procedimentalizzazione legale della decisione sul punto secondo i criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, integra un accertamento di fatto insindacabile in questa non per vizio di motivazione ovvero per violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340), circostanze nella specie non ravvisabili risultando il provvedimento qui impugnato congruamente ed adeguatamente motivato.

4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile poiché del tutto privo di specificità, posto che esso si limita a rimandare genericamente alle ragioni di accoglimento delle istanze declinate e già disattese dal decidente di merito, senza dispiegare tuttavia alcun contenuto critico in grado di incrinare la fondatezza di quanto deciso.

5. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile poiché, a fronte del documentato responso tribunalizio, che alla stregua delle informazioni mutuate dalle fonti internazionali, ha disconosciuto la sussistenza nella regione di provenienza del richiedente di una condizione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, il motivo anela unicamente ad una rimodulazione del giudizio istruttorio ed evidenzia dunque un puro dissenso motivazionale.

6. Il quinto motivo di ricorso merita invece accoglimento, dovendo essere rimeditate le conclusioni enunciate dal Tribunale in ordine al profilo dell’integrazione sociale del ricorrente alla luce dei criteri da ultimo precisati dalle SS.UU. di questa Corte con sentenza 24413/2021.

7. Va dunque rigettato il primo motivo e vanno dichiarati inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto motivo; va accolto invece il quinto motivo.

8. Cassato l’impugnato decreto nei limiti del motivo accolto, la causa va rinviata al giudice a quo per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso; accoglie il quinto motivo di ricorso, cassa l’impugnato decreto nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti al Tribunale di Milano che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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