Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6442 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 06/03/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 06/03/2020), n.6442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9308/2015 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE – FROSINONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MARIO FANI n. 139, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

VENTURINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

D’AMBROSIO;

– ricorrente –

contro

D.C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBA n.

12/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO ALESSANDRINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LOREDANA DI FOLCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8604/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/12/2014 R.G.N. 7007/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. Annalisa DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per la cessazione della materia

del contendere;

udito l’Avvocato ALESSANDRO D’AMBROSIO;

udito l’Avvocato LOREDANA DI FOLCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’ Appello di Roma ha respinto l’appello della AUSL di Frosinone avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone che aveva accolto la domanda proposta da D.C.G. e condannato l’Azienda al pagamento della somma di Euro 6.824,15, oltre interessi legali dalla maturazione al saldo.

2. La Corte territoriale ha premesso che il ricorrente, dirigente medico di primo livello, aveva agito in giudizio sul presupposto che la ASL non avesse correttamente liquidato, nel periodo ottobre 1998/ottobre 2003, la retribuzione di posizione ed aveva domandato, in via principale, le differenze da calcolarsi tenendo conto dell’incremento della parte variabile previsto dall’art. 35, lett. b) del CCNL 1998/2001 per l’area della dirigenza medica e veterinaria; in via subordinata le maggiori somme comunque dovute a titolo di retribuzione di posizione minima ai sensi della lett. a) della richiamata disposizione contrattuale.

3. Il giudice d’appello ha respinto l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, riproposta con specifico motivo di gravame, ed ha evidenziato che il D.C. aveva specificato nell’atto introduttivo petitum e causa petendi, provvedendo a quantificare le somme pretese e invocando a fondamento della domanda la contrattazione collettiva nonchè la Delib. Asl di Frosinone n. 1822 del 1998.

4. Richiamata la disciplina dettata dai CCNL succedutisi nel tempo (art. 39 del CCNL 2000 e art. 33 del CCNL per il quadriennio 2002/2005) la Corte territoriale ha evidenziato che la retribuzione di posizione va quantificata tenendo conto, da un lato dei minimi contrattuali di parte fissa e variabile, dall’altro delle maggiorazioni previste in sede aziendale da corrispondere sulla base della graduazione delle funzioni. Il Tribunale di Frosinone aveva nella specie accertato che con la Delibera richiamata nel punto che precede l’azienda aveva provveduto a calibrare gli incarichi ed aveva previsto un incremento anche in favore dei dirigenti privi di incarico specifico. L’appellante si era limitato ad insistere sulla circostanza del mancato conferimento dell’incarico, senza dedurre alcunchè sull’interpretazione degli atti aziendali, e pertanto il motivo di gravame non svolgeva una critica adeguata e coerente con la ragione fondamentale della decisione impugnata.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la AUSL di Frosinone sulla base di tre motivi ai quali D.C.G. ha resistito con tempestivo controricorso.

7. Con nota del 17 luglio 2019 la AUSL di Frosinone ha depositato verbale di conciliazione sottoscritto l’11 gennaio 2017, all’esito di accordi raggiunti in sede sindacale in date 24 novembre e 1 dicembre 2016.

8. Nel corso dell’udienza di discussione entrambe le parti, nel richiamare il verbale di conciliazione indicato nel punto che precede, hanno concluso per la dichiarazione di intervenuta cessazione della materia del contendere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio deve prendere atto dell’intervenuta cessazione della materia del contendere, in conformità al principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora “nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso” (Cass. S.U. 11 aprile 2018 n. 8980).

Con la richiamata decisione, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è precisato che quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, ” i cui termini esse possono individuare ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite”, la congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione dell’intervenuto accordo.

2. Ricorrono nella fattispecie le condizioni per la pronuncia di intervenuta cessazione della materia del contendere in quanto al deposito del verbale di conciliazione, redatto a seguito degli intervenuti accordi sindacali, ha fatto seguito la richiesta congiunta delle parti, che la Corte è tenuta a rispettare, perchè anche il processo di legittimità “è dominato dall’interesse delle parti e dal loro potere dispositivo”.

Devono essere integralmente compensate le spese del giudizio di legittimità per le ragioni indicate dalla richiamata sentenza n. 8980/2018.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della insussistenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, perchè il meccanismo sanzionatorio è applicabile solo qualora il giudizio di cassazione si concluda con l’integrale conferma dell’efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, evenienza, questa, che non si realizza a fronte di una pronuncia di cessazione della materia del contendere che comporta il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata in forza di intervenuto accordo negoziale fra le parti (Cass. S.U. n. 8980/2018 cit.).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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