Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6441 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 06/03/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 06/03/2020), n.6441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5060/2014 proposto da:

F.P., S.D.F., V.S.,

M.L., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320/D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA

RICCI, rappresentati e difesi dall’avvocato ALBERTO GUARISO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 690/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/08/2013 R.G.N. 1558/2012 + altri;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/11/2019 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del quinto

motivo del ricorso, rigetto egli altri.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, in riforma delle decisioni del Tribunale di Milano e di Lodi rese tra le parti, previa riunione dei giudizi, accoglieva l’impugnazione del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca nei confronti (tra gli altri) di F.P., M.L., S.D.F., V.S., docenti che avevano stipulato con l’Amministrazione plurimi contratti a termine, e rigettava le domande proposte da quest’ultimi.

2. I Tribunali cui si erano rivolti detti docenti, i quali avevano stipulato con l’Amministrazione plurimi contratti a termine, avevano condannato il MIUR al risarcimento del danno da utilizzo abusivo di tal forma contrattuale nonchè al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto avrebbero dovuto percepire se correttamente inquadrati nei grado stipendiali in base alla effettiva anzianità di servizio, peraltro, respingendo la domanda principale di conversione dei contratti a termine in rapporti a tempo determinato.

3. La ratio decidendi della sentenza d’appello si basa sostanzialmente sull’affermazione di una specialità e autonomia del reclutamento del personale scolastico tale da escluderne in radice la compatibilità con la disciplina dettata in via generale, per i contratti di lavoro a tempo determinato, dal D.Lgs. n. 368 del 2001, attuativo dell’Accordo Quadro Europeo del 18/3/1999 allegato alla Direttiva 99/70/CE.

In particolare, l’inoperatività del principio di conversione dei rapporti di lavoro e l’inapplicabilità di un limite massimo alla reiterazione dei contratti a termine, ove permanga la necessità di sostituzione, troverebbero la loro puntuale giustificazione nel precipuo interesse pubblico alla continuità didattica.

Il sistema delle supplenze, secondo la Corte territoriale, parteciperebbe di un peculiare percorso formativo selettivo attraverso il quale il personale della scuola è immesso in ruolo in virtù di un modello di reclutamento alternativo rispetto a quello ordinario del concorso per titoli ed esami.

Non riscontrandosi alcuna violazione delle norme Europee gli insegnanti non potrebbero reclamare nè la conversione a tempo indeterminato dei rapporti nè il risarcimento del danno in misura equitativa.

Operando una ricostruzione del complesso insieme normativo del reclutamento nel comparto della scuola, ispirata a tale propensione concettuale, la Corte d’appello ha escluso la violazione del principio di parità di trattamento retributivo per i supplenti della scuola, rispetto al più favorevole trattamento del personale scolastico immesso nei ruoli, giustificando tale assunto con la speciale valenza dei servizi pre-ruolo ai fini della stabilizzazione, e del sistema del c.d. doppio canale di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 399 e successive modifiche, che nel fissare i criteri per l’individuazione del supplente in base alla graduatoria aggiornata di volta in volta col punteggio calcolato sul numero degli incarichi e sulla loro durata, ne agevola la possibilità di occupazione in vista dell’immissione in ruolo.

4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorrono i docenti prospettando cinque motivi di ricorso.

5. Resiste il MIUR con controricorso.

5. I ricorrenti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 24 Cost., comma 1, in relazione alla composizione del Collegio della Corte d’appello.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, con riferimento alla ritenuta specialità del sistema scolastico, violazione e falsa applicazione della L. n. 124 del 1999, art. 4,D.L. n. 134 del 2009, art. 1, comma 1, conv. dalla L. n. 167 del 2009, D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, conv. dalla L. n. 106 del 2011. Incompatibilità con la Direttiva 99/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

4. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, con riferimento alle ragioni oggettive richieste dalla disciplina comunitaria, l’incompatibilità della L. n. 124 del 1999, art. 4,D.L. n. 134 del 2009, art. 1, comma 1, conv. dalla L. n. 167 del 2009, D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, conv. dalla L. n. 106 del 2011, con la Direttiva 99/70/CE.

5. Con il quarto motivo di ricorso è dedotto il vizio di insufficienza della motivazione per omesso esame dei contratti oggetto di impugnazione.

8. Con il quinto motivo di ricorso, con riferimento al negato riconoscimento dell’anzianità pregressa, è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 e della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 99/70/CE (art. 360 c.p.c., n. 3) nonchè difetto e contraddittorietà della motivazione circa la comparabilità degli assunti con contratto a tempo determinato con quelli assunti con contratto a tempo indeterminato.

6. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

6.1. Deducono i ricorrenti che, in ragione di un decreto del Presidente della Corte d’appello (che è trascritto nel motivo), i giudici assegnatari del Collegio della Corte d’appello siano stati individuati successivamente all’inizio della causa e con riferimento ad uno specifico gruppo di cause, con l’applicazione di regole di assegnazione diverse da quelle ordinarie e che “in tal modo si sarebbe posta in essere una violazione delle norme indicate che presuppongono l’individuazione del giudice persona fisica secondo criteri oggettivi e predeterminati sulla base delle regole generalmente applicate dall’ufficio giudiziario e non secondo regole ad hoc per la singola causa o gruppo di cause”.

Si richiamano nell’epigrafe le disposizioni che si assumono violate senza tuttavia esplicitarne, in relazione alla fattispecie, il contenuto precettivo.

Inoltre, si prospetta come lesiva dell’art. 6 CEDU e art. 24 Cost., comma 1, l’applicazione per la costituzione del Collegio giudicante di regole diverse da quelle ordinarie, e di ciò i ricorrenti si dolgono, senza tuttavia nè indicare, nè riportare tali regole ordinarie, neppure tramite semplice rinvio alle fonti che le prevedano.

Si palesa, pertanto, una parziale carenza, nella prospettazione del motivo, del requisito prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 4.

6.2. Questa Corte, peraltro, ha già affermato (v. Cass. 3 ottobre 2016, n. 19660) che il vizio di costituzione del giudice è ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio, non investita della funzione esercitata, e che in assoluto, non costituisce motivo di nullità del procedimento e della sentenza la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario.

D’altro canto lo stesso legislatore, nel riformulare il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 7 bis, ha previsto espressamente, al comma 1, che “la violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti adottati”.

6.3. Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.

7. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, non possono trovare accoglimento perchè il dispositivo della sentenza impugnata, che ha escluso la denunciata illegittimità dei termini apposti ai contratti degli odierni ricorrenti, è conforme a diritto e pertanto deve essere confermato, ex art. 384 c.p.c., comma 4, sia pure sulla base di una motivazione parzialmente difforme.

Con tali motivi si censurano le statuizioni che hanno rigettato la domanda di declaratoria di illegittimità dei contratti a termine con conseguente trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e di risarcimento del danno.

I ricorrenti ripercorrono la disciplina normativa dei contratti a termine e la giurisprudenza della CGUE a fondamento delle proprie censure.

7.1. Questa Corte, con le sentenze pronunciate all’udienza del 18 ottobre 2016 (dal n. 22552 al n. 22557 e numerose altre conformi), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C- 63/13; C418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20 luglio 2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità”.

B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 99/70/CE è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi”.

C. Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (originario comma 2, ora comma 5), la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto della L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi concorsuali.

F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

H. Invece nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.

7.2. In applicazione dei predetti principi, nella fattispecie dedotta in giudizio non è configurabile alcuna abusiva reiterazione dei contratti a termine in quanto, per come emerge dalla lettura del ricorso e dall’elencazione delle supplenze conferite ai ricorrenti, gli incarichi hanno avuto, nella maggior parte dei casi, termini inferiori o coincidenti con il 30 giugno dell’anno scolastico di riferimento e, quindi, non sono riconducibili alla supplenza annuale della L. n. 124 del 1999, ex art. 4, comma 1, integrando, invece, supplenze temporanee o sino al termine delle attività didattiche del richiamato art. 4, ex commi 2 e 3, per le quali l’illegittimità va esclusa sulla base delle considerazioni espresse da questa Corte nei punti da 97 a 102 della sentenza n. 22552/2016, che vanno qui ribadite.

Quanto alle posizioni dei ricorrenti F. e V., unici ad avere ricoperto incarichi annuali ex art. 4, comma 1 della richiamata L. n. 124 del 1999, difetta l’ulteriore requisito del superamento di 36 mesi richiesto ai fini dell’abusività della reiterazione dei contratti (v. punti 62-66 e 119 B della citata Cass. n. 22552/2016).

Nè può assumere rilievo la circostanza che le supplenze sino al termine delle attività di didattiche, ossia sino al 30 giugno, possano riguardare anche posti dell’organico di diritto, qualora la vacanza si manifesti successivamente al 31 dicembre, perchè proprio quest’ultima condizione porta ad escludere quello che è l’elemento caratterizzante la supplenza annuale, ossia la necessità e la prevedibilità della stessa sin dal momento di avvio o comunque dai primi mesi dell’anno scolastico.

7.3. D’altra parte, i ricorrenti hanno mai dedotto o allegato – se non con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato, nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto, un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio nè tampoco hanno allegato circostanze concrete (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra) che consentissero di ritenere permanenti e durature le esigenze di copertura dei posti di fatto disponibili.

7.4. Quanto evidenziato ai punti che precedono rende irrilevante la questione posta in sede di memoria dai lavoratori circa la permanenza di un diritto al risarcimento del danno anche in ipotesi di immissione in ruolo, questione che presuppone una declaratoria di illegittimità delle assunzioni.

8. E’ invece fondato il quinto motivo.

Espongono i ricorrenti che essi avrebbero interesse a vedersi computata l’anzianità cumulando i diversi rapporti a termine che si sono succeduti con il MIUR, domanda rigettata dal giudice di merito.

La censura, dunque verte sulla violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 e della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 99/70/CE, dolendosi i ricorrenti del mancato riconoscimento del diritto ad una piena anzianità di servizio.

I docenti deducono che la citata clausola 4 prevede sia un divieto generale di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato comparabili, sia una specifica prescrizione applicativa in tema di anzianità, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia, che devono trovare applicazione nella specie poichè nessun dubbio può sussistere sulla comparabilità dei due gruppi di lavoratori.

8.1. La sentenza impugnata, nell’escludere il diritto al riconoscimento a fini retributivi della anzianità di servizio, si pone in contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016, con le quali si è statuito che “nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla Direttiva n. 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”.

8.2. A dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto.

8.3. Non può, invece, essere riconosciuto il diritto a percepire gli scatti biennali previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53 e in proposito deve essere ribadito il principio affermato dalla sentenza n. 22558 del 2016 con la quale, ricostruito il quadro normativo e contrattuale, si è statuito che: “In tema di retribuzione del personale scolastico, la L. n. 312 del 1980, art. 53, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1 e art. 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione”.

9. Nei termini di cui in motivazione va conclusivamente accolto il quinto motivo di ricorso e vanno rigettati gli altri.

La sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto e con riguardo alla posizione degli odierni ricorrenti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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