Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6439 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. II, 09/03/2021, (ud. 22/09/2020, dep. 09/03/2021), n.6439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubalda – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24487-2019 proposto da:

N.G., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDO

BARDI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 27/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Milano, con Decreto n. 5564/2019, depositato in data 27/6/2019, ha respinto la richiesta di N.G., cittadino del Senegal, a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato, nonchè della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie. In particolare, i giudici del Tribunale, all’esito di udienza di comparizione delle parti, hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, in ragione della sua conversione alla religione cristiana, in quanto tale scelta non era stata accettata dallo zio con il quale conviveva e che avrebbe compiuto atti di ritorsione verso altri suoi familiari che del pari avevano abbracciato il cristianesimo) non era credibile, per genericità e diverse incongruenze, cosicchè non integrava i presupposti richiesti per il riconoscimento dello status di rifugiato, con riguardo a rischi di persecuzione o di danno grave in caso di rientro nel Paese d’origine; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, il Paese non risultava interessato da una situazione di violenza indiscriminata o generalizzata (come risultava dai Report del USDOS US Department of State: 2017 Report on International Religious Freedom – Senegal 29 May 2018 e di altri organismi internazionali); non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero o situazioni di significativo inserimento nel territorio italiano.

Avverso il suddetto decreto, N.G. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis comma 1, -lett. a) e b), denunciando che, malgrado la non, disponibilità della videoregistrazione dell’audizione del richiedente dinnanzi alla Commissione territoriale, all’udienza di comparizione delle parti, il richiedente non fosse stato personalmente sentito; si lamenta, poi, in relazione al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria ed umanitaria, con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, nonchè, con il terzo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo rappresentato dalla situazione di vulnerabilità personale, in relazione ai contrasti familiari insorti nel suo Paese ed alla situazione di indigenza in cui verrebbe a trovarsi in caso di rientro in Senegal.

Ad avviso del Collegio il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto redatto in violazione della prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo del tutto carente l’esposizione sommaria dei fatti di causa, impedendo in tale modo all’atto di poter raggiungere la sua finalità.

A tal fine va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 16103/2016) il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, è funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicchè impone alla parte ricorrente, sempre che la sentenza gravata non impinga proprio per questa ragione in un’apparenza di motivazione, di sopperire ad eventuali manchevolezze della stessa decisione nell’individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale (conf., ex multis, Cass. n. 24291/2016; Cass. S.U. n. 11653/2006).

Nella fattispecie il ricorrente premette unicamente di avere impugnato la decisione della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Monza, senza minimamente indicare le ragioni poste a fondamento dell’iniziale richiesta, nè specificare quale fosse stato il contenuto del provvedimento negativo impugnato, nè si perita di indicare le ragioni che sostenevano la sua impugnazione. Appare quindi evidente come la concreta formulazione del ricorso, priva di una soddisfacente indicazione delle domande avanzate e delle ragioni delle difese assunte dalle parti nel corso del giudizio, non soddisfi il precetto normativo sopra richiamato, e che da ciò derivi l’inammissibilità del gravame. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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