Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6432 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/03/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 21/03/2011), n.6432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in Roma, via Clitunno

n. 51, presso l’avv. Martire Andrea, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, Ufficio di Desio (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 174/24/06, depositata il 17 gennaio 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 febbraio 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Andrea Martire per la ricorrente;

udito il P.G., in persona dell’Avvocato Generale dott. Ceniccola

Raffaele, il quale ha dichiarato di non avere nulla da osservare in

ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p.c.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. C.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 174/24/06, depositata il 17 gennaio 2007, con la quale, rigettando l’appello della contribuente, e’ stata confermata la legittimita’ dell’avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate, di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8 per l’omessa comunicazione prevista, a pena di decadenza dal beneficio, dalla L. n. 289 del 2002, art. 62 (c.d. modello CVS). In particolare, il giudice a quo ha escluso che la detta normativa si ponga in contrasto con le norme dello Statuto del contribuente.

L’Agenzia delle entrate non si e’ costituita.

2. Il ricorso, con il quale si contesta l’anzidetto ratio decidendi, insistendo sulla violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 3 e 10 appare manifestamente infondato, avendo questa Corte gia’ affermato, con orientamento ormai consolidato, che, in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonche’ quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 2, (cd. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributali, in quanto l’interessato e’ stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilita’ della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non e’ comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627 del 2009; in senso conforme Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010).

Si e’ anche precisato, proprio cor riferimento alla disciplina de qua, che le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi giu’ immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalita’, ne’ consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (Cass. n. 8254 del 2009).

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’avvocato della ricorrente;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione (senza che a diversa conclusione sia o idonee ad indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria) e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che non v’e’ luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’, in assenza di svolgimento di attivita’ difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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