Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6428 del 15/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 15/03/2018, (ud. 06/12/2017, dep.15/03/2018),  n. 6428

Fatto

La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 5983 del 2011, ha respinto l’appello proposto da A.M. (titolare della ditta Gran Caffè dei Tigli) avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Trani di rigetto dell’opposizione a cartella esattoriale nei riguardi dell’Inps, relativa a crediti contributivi per Euro 13.316,33 derivanti dalla omessa corresponsione a due apprendiste, nel periodo ottobre 2004 – giugno 2007, di retribuzioni previste dalla contrattazione collettiva di categoria.

La Corte territoriale ha affermato che l’inadempimento del datore di lavoro aveva determinato le conseguenze previste dalla L. n. 30 del 2003, art. 10 per cui erano venute meno le ragioni che giustificavano la fruizione dei benefici, riconosciuti a chi assumeva gli apprendisti, consistenti nell’applicazione dell’aliquota ridotta. Avverso tale sentenza A.M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. L’INPS, anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. ed Equitalia Sud. s.p.a, già Equitalia E.TR s.p.a., hanno depositato procura.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso ha per oggetto la violazione della L. n. 30 del 2003, art. 10, del D.Lgs. n. 276 del 2003, della L. n. 25 del 1955 e del D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 12 imputandosi alla sentenza impugnata di aver incluso la minore contribuzione prevista per la specifica tipologia dell’apprendistato nel novero delle “agevolazioni contributive” indicate dall’art. 10 citato, con la conseguente errata rideterminazione della contribuzione versata per gli apprendisti nella misura prevista per i lavoratori comuni; nonchè l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, che si ravvisa nell’aver omesso di considerare che la circolare n. 5 del 2008 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva escluso, per l’applicazione della contribuzione dovuta per gli apprendisti, la necessità di ottenere il documento di regolarità contributiva (DURC) richiesto al fine di ottenere agevolazioni sulla contribuzione. Peraltro, il mancato rispetto delle previsioni del contratto collettivo di categoria era sanzionato unicamente con la diffida ed il conseguente accertamento tecnico dotato di efficacia esecutiva previsto dal D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 12.

2. Con il secondo motivo si denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio contenuto nella eccezione sollevata dal ricorrente, ritenuta generica ed inammissibile dalla sentenza impugnata, secondo cui l’unico regime sanzionatorio applicabile al rapporto di apprendistato sarebbe quello disposto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 53 come confermato dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 40 del 2004 per cui il calcolo delle somme da versare effettuato dall’Inps sarebbe stato errato come dimostrato dai conteggi riportati in ricorso.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 145 c.p.c. in relazione alla circostanza che la cartella opposta era stata intestata a A.M. e non al Gran Caffè dei Tigli di A.M. ed era stata notificata a mezzo del servizio postale presso il domicilio di quest’ultimo e non presso la sede dell’impresa.

4. Il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 480 e 125 c.p.c. in relazione alla circostanza che la cartella esattoriale opposta era priva della sottoscrizione del responsabile del procedimento e ciò aveva determinato la nullità della cartella, equivalente ad un atto di precetto, relativamente al credito contributivo preteso dall’Inps.

5. Il terzo ed il quarto motivo prospettano ragioni di nullità del procedimento di riscossione dei crediti contributivi per cui vanno trattati congiuntamente e con priorità. I motivi sono inammissibili in quanto non censurano l’affermazione, contenuta al punto 4) della sentenza impugnata, secondo cui non erano stati devoluti tra i motivi d’appello profili diversi da quelli di merito della questione dedotta in lite, e si limitano a riprodurre, con formulazione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ragioni di opposizione proposte in primo grado e disattese dal Tribunale sulle quali la Corte d’appello non si è mai pronunciata in difetto di devoluzione.

6. Il primo motivo è fondato. La sentenza impugnata ha ritenuto che la previsione di una minore aliquota contributiva per i lavoratori apprendisti, ricada nella previsione della L. n. 30 del 2003, art. 10 che, sostituendo del D.L. 22 marzo 1993, n. 71, l’art. 3 convertito dalla L. 20 maggio 1993, n. 151, ha subordinato il riconoscimento di “benefici normativi e contributivi” previsti per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, all’integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In altri termini, si è ritenuto che la previsione di una aliquota contributiva inferiore rispetto all’ordinario non possa che tradursi in beneficio contributivo contemplato dall’art. 10 sopra citato.

7. Il motivo sollecita l’analisi della peculiare disciplina del rapporto contributivo prevista per l’apprendistato e della sua modulazione in considerazione dell’ambito normativo di riferimento al tempo in cui la vicenda contributiva si è storicamente svolta (ottobre 2004 – giugno 2007).

8. In particolare, non trova applicazione la regolamentazione del rapporto di apprendistato oggi vigente che è il frutto del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167 (testo unico sull’apprendistato) abrogato ed integralmente sostituito dal D.Lgs. n. 81 del 2015 che, riordinando e razionalizzando il tipo normativo dell’apprendistato mediante la cancellazione della disciplina precedente, ha indicato i principi regolatori generali affidando la regolamentazione di dettaglio ad accordi interconfederali ovvero a contratti collettivi nazionali stipulati da soggetti sindacali comparativamente più rappresentativi (D.Lgs. n. 81 cit., art. 42 comma 5) nonchè a regolamenti ministeriali.

9. I rapporti di apprendistato oggetto delle pretese contributive dedotte in causa sono, dunque, regolati in parte dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 modificata dapprima con la L. 28 febbraio 1987, n. 56 e poi con la L. 24 giugno 1997, n. 196 ed infine con lo stesso D.Lgs. n. 276 del 2003 che, all’art. 47, comma 3, ha previsto che in attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato restasse in vigore la disciplina dell’apprendistato dettata dalla L. n. 25 del 1955, come modificata dalla L. n. 196 del 1997 mantenendo ferma, comunque, la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 (D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 53, comma 4). La L. n. 25 del 1955 è stata, infine, abrogata con il citato D.Lgs. n. 167 del 2011, art. 7, comma 6 dopo che, sul fronte previdenziale, la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 773 aveva introdotto un sistema di contribuzione percentuale indifferenziato fra aziende artigiane e non artigiane con distinzioni basate sul numero degli addetti, superando la disciplina precedente che prevedeva un sistema di contribuzione a misura fissa settimanale. Anche tale disciplina è rilevante nella fattispecie concreta ratione temporis.

10. Il sistema contributivo definito dalla L. n. 25 del 1955 agli artt. 20,21 e 22, come ritenuto dalla dottrina formatasi sul punto, favoriva l’assunzione degli apprendisti attraverso un notevole alleggerimento dei contributi previdenziali ad essi relativi, compensando, in senso economico-sociale, i molteplici vincoli di altra natura imposti all’imprenditore nell’interesse dell’apprendista e dell’intera collettività sanzionati anche penalmente. Gli imprenditori artigiani poi erano addirittura esonerati da qualunque contributo e per gli apprendisti artigiani la previdenza sociale era sostituita da una forma di assistenza sociale il cui onere gravava sul fondo per l’addestramento professionale di cui alla L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 62 che provvedeva in maniera “forfettaria” ai necessari versamenti agli istituti previdenziali (art. 26 e 28 della legge). L’obbligazione contributiva, dunque, si risolveva nel pagamento di una modesta somma fissa.

11. Dal primo gennaio 2007, con effetto immediato, la contribuzione a carico dei datori di lavoro, artigiani e non artigiani, è pari al 10% delle retribuzione imponibile ai fini previdenziali (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 773). Per le aziende, di qualunque settore, con un numero di addetti fino a 9, la contribuzione è dell’1,5% nel primo anno e del 3% nel secondo anno e 1″aliquota va applicata sulla retribuzione effettivamente corrisposta, senza l’osservanza del minimale. Dalla stessa data, gli apprendisti sono coperti dalle assicurazioni IVS, malattia, maternità, infortuni (INAIL), trattamenti di famiglia e congedo matrimoniale per gli operai.

12. Il trattamento contributivo per qualsiasi forma di apprendistato, quanto alla fonte edittale dell’aliquota contributiva dovuta, si è dunque sempre differenziato all’interno del sistema generale di regolamentazione del finanziamento della previdenza sociale- da quello stabilito per la generalità dei lavoratori dipendenti con ciò inevitabilmente connotandosi per un indubbio vantaggio economico, strettamente legato alla peculiare tipologia lavorativa.

13. L’obbligazione contributiva in questione ha pure fruito di ulteriori benefici di natura contributiva, economica, normativa e fiscale che si inquadrano, tuttavia, in un contesto che prescinde dalla tipologia del rapporto di lavoro dell’apprendista. Si tratta di scelte legislative che in più occasioni (a partire dalla L. n. 1089 del 1968, art. 18 e dalla L. n. 102 del 1977, art. 1 e sino al più recente L. n. 190 del 2014, art. 1, commi 118 e segg.) hanno adottato sgravi contributivi e misure di fiscalizzazione degli oneri sociali, sovrapponendosi alla regolamentazione del sistema di finanziamento della previdenza sociale, al fine di attuare scelte specifiche di politica economica tendenti ad incentivare l’occupazione nei territori del Mezzogiorno d’Italia ovvero a favorire taluni settori della produzione e, per tali ragioni, interessate dalle regole Eurounitarie in materia di concorrenza potendo esse integrare illegittimi aiuti alle imprese (L. 23 dicembre 2005, n. 266, L. finanziaria 2006, art. 1, comma 553).

14. La Corte costituzionale con la sentenza n. 497 del 1990 ha, significativamente, affermato che gli interventi in questione assumono finalità politico – economico-sociale di carattere contingente.

15. E’ questo l’ambito normativo preesistente su cui interviene la L. n. 30 del 2003, art. 10 estendendo i benefici contenuti nel D.L. n. 71 del 1993 anche alle imprese commerciali e del turismo e ponendosi su una linea di interventi normativi a sostegno delle imprese industriali e artigiane operanti nel Mezzogiorno, risalenti alla L. n. 1089 del 1968, e tutti finalizzati allo sviluppo delle attività produttive ed all’incremento dell’occupazione come strumenti di politica economica. In tal senso, dunque, il beneficio degli sgravi contributivi è riconosciuto alle indicate imprese che assicurano ai propri dipendenti trattamenti non inferiori a quelli minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

16. Come è evidente, dunque, non può ricomprendersi in tale ambito la diversa struttura normativa del sistema generale di finanziamento della previdenza sociale, anche se all’interno di tale sistema esistono ragioni di agevolazione economica correlate a specifici tipi di rapporto lavorativo ed a presupposti del tutto estranei rispetto a quelli contingenti di politica economica.

17. Questa Corte di cassazione (Cass. n. 6322 del 2001) ha già da tempo, in tal senso, avuto modo di precisare che in quanto riducono il costo del lavoro per addetto, gli sgravi, come pure gli altri interventi di fiscalizzazione degli oneri sociali (entrambi finanziati da risorse provenienti dal bilancio dello Stato, e, quindi dalla fiscalità generale) contribuiscono a rendere le aziende più competitive – rispetto ai competitori esteri – e favoriscono l’occupazione.

18. Si tratta, quindi, della concessione di sgravi subordinatamente alla erogazione ai dipendenti delle aziende interessate di un trattamento retributivo non inferiore a quello minimo previsto dalla disciplina collettiva (c.d. clausola sociale). Si estende, cioè, senza violare l’art. 39 Cost., l’efficacia soggettiva del contratto collettivo, attraverso un incentivo che coinvolge l’autonomia collettiva ai livelli alti di rappresentatività (si pensi ai c.d. “contratti gestionali” su cui, per tutte, cfr. Corte cost. n. 268 del 1994 o alla previsione dell’art. 36 Statuto dei lavoratori, sulla cui legittimità si è pronunziata la Corte costituzionale con sentenza n. 226 del 1998).

19. Le esposte considerazioni dimostrano l’erroneità della motivazione della sentenza impugnata la quale, confondendo gli ambiti della disciplina del sistema di finanziamento della previdenza sociale applicabile all’apprendistato con le norme contingenti in materia di sgravi e fiscalizzazione degli oneri sociali, ha determinato la conseguenza che l’applicazione dei minimi retributivi collettivi, posta in realtà come condizione per fruire degli sgravi, si traduca in una misura di alterazione dell’obbligo contributivo non voluta dalla legge.

20. Tale ricostruzione trova conferma anche nella L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1175, che, in riferimento al DURC (documento unico di regolarità contributiva) finalizzato alla fruizione dei benefici normativi e contributivi, subordina al possesso del medesimo “i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale ” come interpretata dalla circolare n. 5 del 2008 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, a sua volta, individua i benefici contributivi e normativi negati in caso di mancato rilascio del DURC negli sgravi collegati alla costituzione e gestione del rapporto di lavoro che rappresentano una deroga all’ordinario regime contributivo.

21. Tale deroga non configura un’ipotesi di agevolazione nel caso in cui lo sgravio non rappresenti una riduzione di un’aliquota più onerosa, calcolata secondo i normali parametri statistico-attuariali, ma rappresenti la regola per un determinato settore o categoria di lavoratori (così come avviene per taluni settori produttivi, territori ovvero specifiche tipologie contrattuali (apprendistato) con una speciale aliquota contributiva prevista dalla legge.

22. Il secondo motivo è inammissibile giacchè non si confronta con le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata che poggiano esclusivamente sulla genericità del motivo d’appello (ai sensi degli artt. 342 e 434 c.p.c.) sotto il profilo della mancanza di critica espressa alla sentenza di primo grado che invece, in ordine al calcolo dei crediti contributivi vantati dall’Inps, aveva accertato che l’Istituto aveva dettagliatamente dato conto del conteggio effettuato, nonchè della mancata esplicazione delle ragioni del dissenso rispetto a tale calcolo, non potendosi evincere dalla semplice allegazione di un conteggio di parte.

23. Il ricorrente, piuttosto che censurare la sentenza impugnata attraverso il vizio di violazione della legge processuale richiamata dalla Corte di merito, denuncia un vizio di motivazione sulla valutazione dei conteggi che, in concreto, la Corte d’appello non ha effettuato.

24. In definitiva, va accolto il primo motivo mentre i restanti vanno respinti. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata per le ragioni indicate nei precedenti punti (da 6 a 17) e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione affinchè, applicato il principio secondo cui: “la L. n. 30 del 2003, art. 10 laddove sostituendo del D.L. 22 marzo 1993, n. 71, l’art. 3 convertito dalla L. 20 maggio 1993, n. 151, ha subordinato il riconoscimento di “benefici normativi e contributivi” previsti per le imprese artigiane, commerciali e del turismo rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, all’integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, si riferisce ai benefici derivanti da sgravi e da fiscalizzazione degli oneri sociali e non all’ipotesi di aliquota contributiva ridotta”, accerti la sussistenza di obblighi contributivi gravanti sul ricorrente derivanti dalla determinazione dell’imponibile contributivo appurato in sede di giudizio di merito in applicazione della normativa indicata in motivazione.

25. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, rigettati il secondo, il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2018

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