Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6426 del 17/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 17/03/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 17/03/2010), n.6426
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso
di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
R.M.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Romagna n. 176/23/05, depositata il 3 gennaio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 2
dicembre 2009 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco;
Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale, Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha chiesto il
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello di R. M., agente di commercio, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della decisione sulla base di due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i due motivi l’amministrazione ricorrente denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP, anche in relazione agli artt. 1742 e 2195 cod. civ., sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, che sarebbe intrinseca all’attività dell’agente di commercio.
La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).
D’altra parte, non è oggetto di censura l’inequivoco accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010