Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6424 del 17/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 17/03/2010), n.6424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, e AGENZIA. DEIJJS ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato,

e presso di essa domiciliati in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrenti –

contro

A.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 166/01/04, depositata il 22 novembre 2004.

Udita la relazione dalla causa svolta nella Camera di consiglio del 2

dicembre 2009 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco;

Lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. CAFIERO Dario, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria regionale del Lazio, accogliendo l’appello di A.G., gli ha riconosciuto il diritto al rimborso delle ritenute IRPEF sull’indennità di fine rapporto eccedenti quanto dovuto perchè non correttamente liquidate ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 2, camma 3.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della decisione.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., è stato fissato per la trattazione in Camera di consiglio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge deduce che, ai fini della determinazione dell’aliquota di tassazione del TFR maturato prima del 31 maggio 1982, in base alla L. n. 482 del 1985, art. 2, comma 3, la tredicesima mensilità andrebbe considerata come una mensilità stipendiale avente lo stesso contenuto delle altre corrisposte nei 12 mesi dell’anno, con una funzione retributiva la cui disciplina è assimilata interamente a quella dello stipendio, e conseguentemente la cd. tredicesima mensilità sarebbe da computare ai fini della tassazione dell’indennità di fine rapporto; con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione.

Il ricorso, notificato a mezzo del servizio postale, è inammissibile, in quanto i ricorrenti non hanno depositato l’avviso di ricevimento, sicchè manca la prova dell’adempimento dell’onere specificamente posto a loro carico.

Con sentenza del 14 gennaio 2008, n. 627, questa Corte a sezioni unite ha infatti enunciato il seguente principio di diritto: “la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per Cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in Camera di consiglio di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per Cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in Camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184 bis cod. proc. civ., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1”.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla si dispone in ordine alle spese, in considerazione dei mancato svolgimento di attività da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2010

 

 

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