Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 642 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17358-2015 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOVENIO

BUCCHI, 7, presso lo studio dell’Avvocato VALERIO CANNIZZARO,

rappresentato e difeso dall’Avvocato PIETRO ALESSANDRINI, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE ABRUZZO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 252/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato RESSE FRANCESCA ROMANA, delega scritta dell’Avvocato

ALESSANDRINI PIETRO, difensore della ricorrente, che si riporta agli

scritti e deposita n. 1 cartolina A/R.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

P.G. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di L’Aquila che, in riforma della sentenza del Tribunale di Pescara, ha respinto la sua domanda di perequazione del trattamento economico percepito quale retribuzione individuale di anzianità (r.i.a.).

Il ricorrente si duole dell’omesso esame da parte della Corte di appello dell’eccezione ritualmente formulata all’atto della costituzione in appello di avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per effetto della mancata impugnazione della sentenza nel termine breve di trenta giorni decorrente dalla notifica della sentenza all’Avvocatura regionale dello Stato in data 23.1.2014.

Inoltre evidenzia che, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza, la declaratoria di incostituzionalità della normativa regionale non può incidere sulla posizione consolidatasi.

La Regione Abruzzo si è costituita per resistere al ricorso evidenziando che l’eccezione di tardività del gravame era stata all’evidenza ritenuta assorbita dal giudice di appello che aveva proceduto all’esame del merito delle censure formulate nel gravame ritenuto ammissibile. Sottolinea poi che nella relata di notifica della sentenza, indirizzata al Presidente p.t. presso la sede dell’Avvocatura regionale, era stata omessa l’indicazione dei procuratori costituiti in primo grado e la copia era stata consegnata ad un impiegato addetto alla segreteria del Presidente e non ad un addetto agli uffici dell’Avvocatura di tal che non si poteva ritenere rispettato il dettato dell’art. 170 e 285 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa per insistere nelle conclusioni già prese.

Tanto premesso va rilevato che se effettivamente nella sentenza della Corte di appello non vi è una espressa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del gravame ritualmente formulata dalla parte appellata all’atto della sua costituzione in giudizio tuttavia si deve ritenere che la Corte, procedendo all’esame del merito della controversia, abbia inteso implicitamente disattenderla.

Va peraltro evidenziato che effettivamente l’appello era ammissibile essendo stato correttamente depositato nel termine di decadenza fissato dall’art. 327 c.p.c..

La notifica della sentenza di primo grado risulta eseguita alla Regione Abruzzo “in persona del Presidente p.t. (OMISSIS) presso la sede elettivamente dell’Avvocatura Regionale sezione di Pescara”.

In primo grado la Regione Abruzzo era costituita in giudizio con gli avvocati Carlo Massacesi e Camilla Lucia D’Alonzo.

La circostanza che nella notifica non fosse indicato il nominativo dei procuratori domiciliatari presso il quale la notifica doveva essere eseguita a norma degli artt. 285 e 170 c.p.c. ma piuttosto fosse riportata l’indicazione del legale rappresentante pro tempore che aveva eletto domicilio presso 1′ Avvocatura regionale fa sì che tale notifica non sia idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione così come più volte affermato da questa Corte in fattispecie del tutto analoghe (cfr. Cass. n. 25205 del 2013, n. 26122 del 2014 e, recentemente, ord. 6-L n. 18135 del 2016).

La notificazione, per essere idonea a far decorre il termine breve d’impugnazione, deve essere in grado di assicurare che la sentenza sia stata portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a valutare l’opportunità dell’impugnazione.

Ciò comporta che la stessa, ai sensi dell’art. 170 c.p.c. deve essere eseguita nei confronti del procuratore costituito in primo grado e non ad un qualsiasi avvocato appartenente all’ufficio legale dell’Ente poichè in tale ultimo caso “la probabilità concreta che la sentenza notificanda pervenga al procuratore della parte, è rimessa – soprattutto nel caso di organizzazioni complesse, quali sono le amministrazioni e gli enti pubblici (come la Regione Abruzzo) – ad assetti organizzativi degli uffici della parte, che possono essere ben diversi a seconda delle dimensioni e delle prassi locali, anche in ragione delle dimensioni dell’ente. Con la conseguenza che, se si ritenesse valida siffatta notifica occorrerebbe ipotizzare la facoltà della parte di dimostrare che, nonostante l’identità fisica del domicilio con il proprio procuratore, la struttura organizzativa non è stata idonea ad assicurare la tempestiva conoscenza della sentenza da parte del difensore domiciliatario (in tal senso, cfr. Cass. n. 9431 del 2012). L’essenzialità del riferimento nominativo al procuratore della parte nella notificazione discende dalla forma legale prevista dagli artt. 285, 170 c.p.c., che si fonda sul rapporto di rappresentanza tecnica che lega la parte al procuratore domiciliatario, così assicurando, attraverso un vincolo giuridico tra le parti, la finalità – essenziale ai fini del temine per l’impugnazione – che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità dell’impugnazione”.

Ne consegue che l’appello avverso la sentenza del Tribunale del 3.10.2013 era ammissibile essendo stato depositato il 26.3.2014 e, non essendosi formato alcun giudicato, correttamente, la Corte territoriale ha proceduto all’esame delle censure formulate in appello dalla Regione ed ha preso atto della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della normativa regionale che riconosceva il diritto alla perequazione della r.i.a. (Corte Cost. n. 211 del 2014) così rigettando l’originaria domanda.

Alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso, manifestamente infondato deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate tra le parti in considerazione del recente intervento della Corte Costituzionale ed in considerazione delle incertezze interpretative manifestatesi nel merito.

La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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