Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6412 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 06/03/2020), n.6412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35674-2018 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALDINIEVOLE

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 498/2018 del TRIBUNALE di TIVOLI, depositata

il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Tivoli, decidendo in sede di opposizione ad ATP ex art. 445 c.p.c., accertava e dichiarava sussistente il requisito sanitario relativo allo stato di handicap grave ai sensi della L. n. 104 del 1992, ex art. 3, comma 3, a decorrere dalla domanda amministrativa, mentre respingeva la domanda volta al riconoscimento dei requisiti sanitari per la corresponsione dell’indennità di accompagnamento;

il Tribunale perveniva alla statuizione impugnata sulla base della consulenza tecnica esperita in sede di ATP ed all’esito di disposti chiarimenti al consulente nominato nella precedente fase;

avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.L. sulla base di tre motivi;

ha resistito l’INPS con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, è dedotta violazione e/o falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, e del D.Lgs. n. 509 del 1988, artt. 1 e 6; parte ricorrente, richiamata integralmente la consulenza tecnica di parte, assume che quella utilizzata ai fini della decisione contenga affermazioni scientifiche inesatte, da cui deriva contraddittorietà e insufficienza dell’iter argomentativo; osserva che il fulcro dell’indagine medico legale avrebbe dovuto essere la trombocitemia mentre il CTU avrebbe limitato il campo di indagine alla meno grave trombocitopenia;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; è dedotta la nullità della sentenza per essere la stessa fondata sulle conclusioni del CTU senza considerare che le stesse contenevano un errore macroscopico nella individuazione della diagnosi della patologia principale;

i due motivi possono trattarsi congiuntamente e sono inammissibili;

le censure, al di là della formale denuncia di violazione di norme di legge contenuta nella rubrica del primo motivo, si risolvono tutte in una critica della CTU e, quindi, configurano vizio di motivazione;

esse, tuttavia, non illustrano, secondo gli enunciati di Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014, il fatto “decisivo”, oggetto di discussione tra le parti, di cui vi sarebbe stato l’omesso esame;

in ogni caso e sotto diverso profilo, la denuncia dell’erronea individuazione della patologia principale difetta di specificità, per la carente trascrizione del contenuto della CTU, utilizzata a fondamento del decisum;

la relazione del consulente d’ufficio è riportata per (estrema) sintesi del suo contenuto mentre la valutazione di fondatezza dei rilievi esposti ne imponeva la trascrizione integrale o, comunque, dei passaggi salienti, tanto più che il CTU, per quanto è dato comprendere dalla parziale trascrizione, non esprime una generica condizione di “trombocitopenia” ma aggiunge alla stessa l’aggettivazione “essenziale”, così volendo richiamare (verosimilmente) un concetto medico differente da quello che l’odierno ricorrente ha giudicato erroneo;

con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 e dell’art. 92 c.p.c., comma 2;

è censurata la compensazione delle spese di lite nonostante una soccombenza, in via prevalente, dell’INPS;

il motivo è infondato alla stregua del principio per cui “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca (…)” (ex plurimis, Cass. n. 24502 del 2017) sia in presenza delle altre evenienze di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo ratione temporis applicabile, anche per effetto della sentenza 7 marzo 2018 n. 77 della Corte costituzionale;

la decisione del Tribunale che ha disposto la compensazione delle spese di lite sulla base della reciproca soccombenza (id est: accoglimento in parte della domanda) non è dunque sindacabile in questa sede;

sulla base di tali considerazioni il ricorso va, nel complesso, rigettato, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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