Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6411 del 15/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 15/03/2018, (ud. 19/10/2017, dep.15/03/2018),  n. 6411

Fatto

che la Corte d’Appello Napoli con sentenza n. 5913 in data sei ottobre – 12 dicembre 2011, con il rigetto del gravame proposto da TANGENZIALE di Napoli S.p.a. confermava la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda del lavoratore F.F., ritenendo che nella specie, nonostante le istanze non fossero state presentate con il preavviso richiesto dall’art. 12 del c.c.n.l., conservassero ugualmente efficace validità, dovendo altresì essere seguite da apposito riscontro, dichiarando quindi il diritto dell’attore a fruire delle ore accantonate di cui alle istanze del 5 e del 13 ottobre 2001;

che la Società ha proposto ricorso con due motivi, giusta l’atto in data 11-12 dicembre 2012, cui ha resistito il F. mediante controricorso del 9-4-2013; che la ricorrente ha poi depositato memoria illustrativa in vista dell’adunanza in camera di consiglio, fissata al 19-10-2017, per la quale risultano dati tempestivi e regolari avvisi alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo si censura l’interpretazione della disciplina de qua, fornita dalla Corte di Appello, perchè asseritamente non aderente al testo ed alla ratio della contrattazione collettiva, soprattutto in ordine al fatto che nonostante la mancanza del prescritto preavviso, la domanda fosse ritenuta ugualmente valida con conseguente inadempimento di parte datoriale per mancanza di apposito motivato diniego (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 c.c.n.l. nonchè dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);

che il secondo motivo TANGENZIALE di Napoli lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 c.c.n.l. oltre che degli artt. 324 e 329 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che comunque non sussisteva alcun obbligo di motivazione da parte datoriale in caso di rigetto della richiesta di godimento delle ore accantonata, formulata dal dipendente, richiamando altra pronuncia della medesima Corte partenopea, secondo cui sulla “omissione di riscontro della richiesta tardiva il CCNL tace, non prevedendo alcuna modalità per il riscontro stesso nè, tantomeno, sanzioni. Il Tribunale di Napoli sembra individuare tale modalità nel fatto che il CCNL prescriverebbe che il rifiuto del datore di lavoro sia censurabile se “non motivato da speciali esigenze di carattere organizzativo. Siffatta previsione è, però, inesistente; anzi, l’art. 12 cit. prevede che, in caso di istanze tardive o comunque non conformi alle modalità operative della Banca Ore, le ore richieste saranno concesse compatibilmente con le esigenze aziendali. Quindi, non è il rifiuto che deve essere motivato da speciali esigenze di carattere organizzativo, ma è fa concessione delle ore che sarà effettuata compatibilmente con le esigenze aziendali”;

che quindi con il medesimo secondo motivo la società ricorrente deduce anche ad un giudicato, laddove il giudice di primo grado aveva riconosciuto – con statuizione non impugnata con appello incidentale – che l’onere del preavviso di cui all’art. 12 era stato rispettato soltanto con la domanda presentata il 10 marzo 2003, e non anche negli altri casi, nè risultando una successiva reiterazione della relativa richiesta nei sei mesi successivi, sicchè legittimamente l’azienda aveva negato la fruizione delle ferie nei periodi richiesti dall’interessato; ne derivava che in difetto d’impugnazione incidentale sul punto risultava ormai insindacabile la statuizione “legittimamente l’azienda ha negato la frizione delle ferie nei periodi richiesti dall’interessato”, poichè coperta dal giudicato ex art. 324 c.p.c., con conseguente erroneità della impugnata decisione collegiale, che da una condotta giudicata legittima aveva fatto derivare una sanzione nei confronti della società che l’aveva tenuta;

che le anzidette doglianze vanno disattese in base in base alle seguenti considerazioni, osservando in primo luogo che non è ravvisabile in atti la preclusione derivante dal preteso giudicato di cui alla seconda censura, con riferimento al diritto accertato, nei limiti di cui alla sentenza di primo grado, poi confermata con il rigetto del gravame sul punto; che, invero, con la sentenza n. 35216 in data 13-12-2007 il giudice adito accoglieva in parte la domanda dell’attore, disattendendo d’altro canto in parte anche l’eccezione della convenuta, secondo la quale la richiesta di godimento ex art. 12 del c.c.n.l. non sarebbe mai stata presentata, accertando che delle quattro istanze tre risultavano controfirmate dal capoufficio, secondo la prassi vigente, mentre dell’altra, datata 10 marzo 2003, ancorchè in astratto tempestiva, non era provato il suo inoltro, e negli altri casi l’onere del tempestivo preavviso non risultava osservato, sicchè legittimamente l’azienda aveva negato la fruizione delle ferie per i periodi ivi indicati. Nondimeno, però, ad avviso del primo giudicante, permaneva il diritto del lavoratore al recupero delle ore di cui alle richieste del 5 e del 13 ottobre 2001, di cui inoltre era possibile una reintegrazione in forma specifica, da intendersi come possibilità di essere (ancora) ammessi a godere delle ferie maturate ma non godute, alla stregua di quanto contemplato dal succitato art. 12 (secondo il quale nel caso di mancato rispetto del termine di preavviso, di giorni venti, le ore richieste saranno concesse, fermo restando quanto stabilito al precedente punto 4, compatibilmente con le esigenze aziendali, e per cui, tra l’altro, entro il mese dí gennaio di ogni anno l’azienda fornirà al lavoratore l’estratto conto individuale delle ore di sua spettanza, con i relativi movimenti, riferito al 31 dicembre dell’anno precedente, laddove inoltre era previsto che per agevolarne la fruizione le ore risultanti a consuntivo al 31 dicembre restavano a sua disposizione per un ulteriore periodo di 12 mesi ed ancora per quelle richieste e non assegnate per tale ulteriore periodo, quest’ultimo si intendeva prorogato eccezionalmente per altri sei mesi);

che, pertanto, la condotta aziendale non era esente da censure laddove aveva palesemente omesso di dare comunque riscontro alle istanze del dipendente (il quale tra altro aveva lamentato che la società in effetti non aveva mai dato attuazione alla banca ore prevista dalla contrattazione collettiva di settore, nè aveva fornito entro il mese di gennaio l’estratto conto individuale relativo alle ore di permesso e ferie da accordare – v. parte narrativa della sentenza n. 35216/07, a fronte peraltro di talune incomplete allegazioni del ricorso de quo, contrariamente alle prescrizioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, segnatamente sub nn. 3 e 6), pur avendo nel contempo lo stesso giudice adito non riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, però genericamente lamentato ed a fronte per giunta di relative istanze comunque tardive (anche perchè il danno patrimoniale risultava già risarcito per effetto della sola ammissione a godere delle ore di riposo non già riconosciute all’interessato o, in alternativa, per effetto del pagamento delle ore straordinarie lavorate, accantonate in Banca ore, quest’ultima domanda, tuttavia non risultando avanzata);

che, pertanto, negli anzidetti termini, circa l’accertato perdurante solo diritto del F. a fruire delle ore accantonate di cui alle due anzidette istanze di ottobre 2001 non si ravvisa alcun giudicato sfavorevole nei riguardi del controricorrente, vittorioso sul punto, sicchè costui non aveva alcun onere di appello incidentale in merito a tale decisione, supportata invero da coerente e congrua motivazione;

che, per il resto, appaiono inoltre inconferenti le ulteriori doglianze di parte ricorrente circa l’interpretazione e l’applicazione in concreto dell’art. 12 del contratto collettivo, alla stregua di quanto complessivamente, nonchè diffusamente, argomentato e statuito dai giudici di merito con la sentenza di primo grado e con quella di appello, da leggersi congiuntamente stante la loro conformità, laddove poi in secondo grado, riportati correttamente i termini della controversia, per quanto ancora pendente, i motivi dell’interposto gravame unitamente al pressochè integrale testo dell’art. 12 (ivi compresa l’ultima parte, per cui trascorsi gli altri 12 e 6 mesi, “le ore che risultassero accantonate non potranno più essere richieste nè daranno luogo ad alcun trattamento”), si evidenziava come l’inosservanza del preavviso di venti giorni comunque non comportava l’estinzione del diritto del lavoratore, estinzione invece ravvisabile nella sola ipotesi di mancato inoltro, nei termini ulteriori di 12 e 6 mesi, di alcuna richiesta da parte del lavoratore in relazione alle ore non richieste in precedenza o per le quali sia intervenuto diniego espresso del lavoratore, interpretazione ritenuta conforme non solo al dato testuale ma anche alla ratio della disposizione, volta a favorire il lavoratore nella fruizione delle ore accantonate, consentendogli di averne contezza attraverso il conto individuale e di programmare nel tempo il loro godimento;

che, dunque, nella specie, secondo la Corte territoriale, sulle due istanze del 5 e del 13 ottobre 2001, ancorchè tardive, l’azienda aveva finito per non provvedere, nonostante quanto affermato al punto 7 dell’art. 12 (Nel caso in cui non sia rispettato il suddetto termine di preavviso, le ore richieste saranno concesse…), sia pure con le modalità di cui al punto 4 del medesimo art. 7 e compatibilmente con le esigenze di servizio;

che in tal sensi veniva, quindi, confermata la decisione di primo grado, per cui la Corte distrettuale ravvisava un’ipotesi di inadempimento contrattuale, con riferimento a richieste attinenti al diritti del F., rimaste immotivatamente omesse, laddove inoltre non poteva ipotizzarsi la necessità di reiterarle, negli anzidetti ulteriori termini di 12 e 6 mesi, ciò che avrebbe comportato un sensibile aggravio della posizione del lavoratore, il quale aveva pure già manifestato la volontà di usufruire delle ore accantonate (o forse meglio da accantonarsi in Banca ore) e legittimamente quindi confidato nella loro concessione o quanto meno nella loro attribuzione secondo determinazioni aziendali alla stregua delle esigenze organizzative, rese palesi dalla stessa azienda (cioè da rendere note mediante opportuna comunicazione al diretto interessato, così da consentire in concreto attuabile un opportuno e congruo differimento dei giorni indicati nelle richieste de quibus);

che, pertanto, non si ravvisa alcun vizio, denunciabile in sede di legittimità, nell’anzidetta opera ermeneutica compiuta dai giudici di merito, i quali attenendosi al testo ed alla ratio della contrattazione collettiva, hanno confermato il diritto, ivi sancito (in part. ex art. 12.7 cit.) al perdurante godimento delle ore richieste da dipendente con le due istanze, ancorchè non per i giorni ivi indicati, siccome non estinto ipso iure unicamente per effetto dell’inosservanza del termine di preavviso, sul quale dunque parte datoriale aveva finito di fatto per non riconoscerlo, non avendovi in alcun modo provveduto mediante opportuna condotta positiva;

che, dunque, non si tratta di un obbligo di motivazione, di per sè irrilevante e almeno espressamente non contemplato dall’art. 12, quanto piuttosto di un obbligo di provvedere, secondo correttezza e buona fede nell’ambito esecutivo del rapporto di lavoro, sulle richieste de quibus, alla stregua dei diritti e delle obbligazioni derivanti dalla complessiva lettura dell’anzidetta norma collettiva, siccome immune da vizi di legittimità, fornita dal Tribunale e dalla Corte di Appello nel campo delle loro prerogative in sede di merito; che, pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna della parte rimasta soccombente al rimborso delle relative spese.

P.Q.M.

la Corte RIGETTA il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in complessivi 4000,00 (quattromila/00) Euro per compensi professionali ed in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con attribuzione ai difensori anticipatari – procuratori speciali costituitisi per il controricorrente, avv.ti Vincenzo Mirra, Andrea Ferraro e Paolo Galluccio.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2018

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