Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6411 del 13/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.13/03/2017),  n. 6411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11312/2015 proposto da:

R.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PEREIRA

ROMEO RODRIGUEZ 116, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DI

CICCO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SMC ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABRIZIO DAVERIO,

SALVATORE FLORIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 868/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/10/2014 R.G.N. 555/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato DI CICCO ANTONIO;

udito l’Avvocato BORRELLI ACHILLE per delega orale Avvocato LOTTI

MASSIMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 23 ottobre 2014, ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimato a R.L. il 9 novembre 2011 da SMC Italia Spa per avere svolto attività lavorativa presso la propria azienda agricola mentre si trovava in congedo per malattia.

La Corte territoriale, conformemente al primo giudice, ha ritenuto che il positivo accertamento che il R., durante l’assenza per malattia, aveva svolto altra attività lavorativa poneva a carico del medesimo l’onere di dimostrare la compatibilità dell’attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche, onere della prova nella specie non assolto dal dipendente.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso R.L. con un motivo. Ha resistito con controricorso l’intimata società.

Entrambe le parti hanno comunicato memorie ex art. 378 c.p.c..

3. Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di numerose norme del codice civile nonchè della L. n. 604 del 1966, art. 3, censurando la sentenza impugnata per i seguenti profili: avere apoditticamente affermato l’inconferenza, rispetto alla patologia diagnosticata, dei rilievi svolti nell’atto di appello volti a dimostrare la non incompatibilità delle attività contestate con la malattia che aveva causato l’assenza dal lavoro; non avere tenuto conto che il R. l’ottavo giorno aveva ripreso il lavoro; avere escluso che il R. aveva fornito la prova della compatibilità della diversa attività espletata con la malattia diagnosticata; avere ritenuto proporzionata la sanzione espulsiva.

2. Il gravame è inammissibile in quanto, sotto l’involucro solo formale della dedotta violazione di legge, critica in sostanza l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito, esorbitando dai limiti imposti dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, e trascurando altresì che, a mente del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012, le doglianze attinenti alla ricostruzione ed all’apprezzamento della vicenda storica sono precluse in cassazione in caso di cd. “doppia conforme” (v. Cass. n. 23021 del 2014) per un appello, quale quello proposto nel presente giudizio, depositato in data 28 giugno 2014 (cfr. art. 348 ter c.p.c., u.c.).

3. Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2017

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