Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6407 del 13/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.13/03/2017),  n. 6407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 497/2014 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, P.I. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

COLUCCI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO MONALDI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1303/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 20/12/2012 R.G.N. 87/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato COLUCCI ANGELO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Ancona, in data 13 aprile 2004, dichiarava l’illegittimità dell’apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato tra Poste Italiane s.p.a. e B.M. il 1.6.99, disponendone la riammissione in servizio presso il Comune di Folignano, dove essa lavorava precedentemente; la società provvedeva a convocare la ricorrente presso la Struttura Regionale di Ancona per riprendere servizio; poichè tuttavia, a suo dire non vi erano posti disponibili presso il Comune di Folignano, risultato eccedentario, la B. veniva trasferita presso il Comune di Montellabate, risultante quello disponibile più vicino al momento del colloquio, con effetto dal 15.6.2006 e mansioni di portalettere.

Con ricorso al Tribunale di Ascoli Piceno la B. chiedeva dichiararsi la illegittimità del trasferimento dall’Ufficio Postale di (OMISSIS) a quello di (OMISSIS) e la conseguente condanna di Poste a reintegrarla immediatamente nel posto di lavoro dell’ufficio di (OMISSIS) o in uno di quelli appartenenti all’area della Filiale di (OMISSIS). Si costituiva ritualmente in giudizio Poste italiane contestando le avverse pretese, ed evidenziando che, al fine di risolvere la questione della riammissione in servizio dei lavoratori già assunti a tempo determinato con contratto dichiarato giudizialmente illegittimo, erano stati stipulati, in data 29.7.04, appositi accordi sindacali in base ai quali la B. era stata legittimamente trasferita.

Il Tribunale, con sentenza del 22.1.08, valutato tale accordo e ritenute provate le ragioni organizzative e produttive dedotte dalla società, rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello la B.; resisteva la società.

Con sentenza depositata il 20 dicembre 2012, la Corte d’appello di Ancona riformava l’impugnata sentenza e dichiarava illegittimo il trasferimento, “fermo restando l’obbligo della società di ottemperare alla già disposta reintegrazione del lavoratore”.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Poste, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

Resiste la B. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c..

Lamenta la nullità della sentenza impugnata per difetto della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto ed in diritto della decisione.

Il motivo è infondato.

Sia pur con estrema sintesi la sentenza impugnata contiene la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), evidenziando che la controversia ineriva “l’appello proposto da B.M. avverso il suo trasferimento, disposto da Poste Italiane s.p.a. con decorrenza dal 15.6.06 dall’Ufficio di (OMISSIS) a quello di (OMISSIS), dopo la condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro, in esito all’accertamento della nullità del termine apposto a precedente contratto di lavoro subordinato tra le medesime parti”.

Le ragioni in diritto della decisione sono altresì, sia pur concisamente, esposte, riguardando la mancanza di prova delle ragioni legittimanti il trasferimento in questione.

2.- Con il secondo motivo la società denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 421 e 437 c.p.c., oltre ad omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Lamenta che la sentenza impugnata aveva solo apparentemente motivato la sua decisione, ritenendo insufficienti a provare il rispetto dei criteri di trasferimento dai Comuni eccedentari previsti dagli accordi sindacali i tabulati prodotti dal sistema informatico di Poste, ovvero la loro conferma a mezzo di una testimone.

Si duole inoltre che a fronte di un simile quadro probatorio la corte anconetana avrebbe dovuto esercitare i poteri ufficiosi ex artt. 421 e 437 c.p.c..

Il motivo è inammissibile in quanto diretto a censurare apprezzamenti di fatto compiuti dalla sentenza impugnata, nel regime di cui al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, che ha invece esaminato il fatto storico decisivo (la mancanza di prova circa l’eccedentarietà del Comune di Folignano e comunque delle ragioni organizzative e produttive a base del trasferimento).

Deve comunque rimarcarsi che il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex artt. 421 e 437 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non dimostri di avere investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori (Cass. 23.10.14 n. 22534).

Deve inoltre rammentarsi che, a differenza del primo grado di giudizio, in grado di appello, l’esercizio dei poteri ufficiosi è limitato, ex art. 437 c.p.c., ai mezzi di prova ritenuti indispensabili ai fini del decidere e dunque ai mezzi di prova senza i quali la decisione non potrebbe essere assunta.

Inoltre, questa Corte ha già affermato che i poteri ufficiosi, nell’ambito del contemperamento del principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, che pure contraddistingue il processo del lavoro (Cass. 25 maggio 2010 n. 12717), non possono sopperire alle carenze probatorie delle parti, così da porre il giudice in funzione sostitutiva degli oneri di queste ultime e da tradurre i poteri officiosi anzidetti – il cui esercizio è del tutto discrezionale e come tale sottratto al sindacato di legittimità – in poteri d’indagine e di acquisizione del tipo di quelli propri del procedimento penale (Cass. 22 luglio 2009 n. 17102; Cass. 21 maggio 2009 n. 11847).

Nella specie, anche in base al principio della vicinanza o prossimità della prova (Cass. n. 6209/2016; Cass. n. 5961/2016; Cass. n. 486/2016), la società Poste avrebbe potuto allegare o chiedere l’ammissione di ulteriori prove decisive circa le esigenze organizzative e produttive che legittimavano il trasferimento, circostanza neppure allegata dalla società ricorrente.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2103 e 2697 c.c.. Violazione dell’accordo sindacale 29.7.04 e dell’accordo 15.10.04, nonchè dell’art. 37 del c.c.n.l. di categoria 2003.

Lamenta di aver provato, anche per testimoni, il rispetto degli accordi in tema di riammissione in servizio degli ex dipendenti con contratto a termine dichiarato illegittimo, nonchè delle condizioni previste per il trasferimento dall’art. 37 del c.c.n.l. in conformità con le previsioni di cui all’art. 2103 c.c..

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già osservato (sent. n. 1597/16) che anche il rispetto degli accordi 29 luglio e 15 ottobre 2004, ad avviso della sentenza impugnata peraltro non dimostrato, prevedenti specifici criteri per individuare la collocazione dei lavoratori (già assunti a termine) riammessi in servizio presso sedi eccedentarie, non vale ad esonerare la società Poste dalla prova delle ragioni tecniche, produttive ed organizzative legittimanti il singolo trasferimento, ai sensi dell’art. 2103 c.c. e tanto più alla luce degli ulteriori criteri (di carattere personale inerenti il lavoratore trasferendo) di cui all’art. 37 del c.c.n.l. La società non allega, poi, di aver fornito la prova delle circostanze di cui alle norme da ultimo citate, ma solo del rispetto degli accordi sindacali citati.

4.- Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., per avere la sentenza impugnata affermato l’esistenza di un ordine di reintegra della B. nel suo posto di lavoro (in (OMISSIS)), laddove tale reintegra non è possibile in caso di accertata nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro.

Il motivo è privo di rilievo, non avendo la sentenza impugnata disposto alcuna reintegra, avendo solo erroneamente menzionato una reintegra nel posto di lavoro, a suo avviso disposta dalla sentenza della Corte d’appello di Ancona del 2004, senza alcuna effettiva ricaduta sul decisum della sentenza oggi impugnata.

5.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore del B., dichiaratosi antecipante.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A., da distrarsi in favore dell’avv. M. Monaldi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2017

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