Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6406 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17543/2015 R.G. proposto da:

Finmedia Holding S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Michele de Bonis,

elettivamente domiciliata in Roma alla via Ottaviano n. 9, presso

l’avv. Domenico Cardacino;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Fronticelli

Baldelli, presso cui elettivamente domicilia in Roma, al viale

Regina Margherita n. 294;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/28/15 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, pronunciata in data 20 ottobre 2014, depositata

in data 9 gennaio 2015 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio

2022 dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Finmedia Holding S.p.A. ricorre con cinque motivi contro l’Equitalia Sud S.p.A. per la cassazione della sentenza n. 28/28/15 della Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciata in data 20 ottobre 2014, depositata in data 9 gennaio 2015 e non notificata, che ha rigettato l’appello principale della società e solo parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dei ruoli esattoriali per maggiori imposte negli anni 2004, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011;

con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che gli estratti di ruolo fossero autonomamente impugnabili, avendo la contribuente dedotto vizi di notifica delle relative cartelle esattoriali;

inoltre, la C.t.r. riteneva che non fosse sufficientemente circostanziato il disconoscimento della conformità agli originali della documentazione prodotta da Equitalia Sud S.p.A. a riprova dell’avvenuta regolare notifica delle cartelle di pagamento, e che, comunque, fosse “acquisita e convincente” la conformità delle copie prodotte all’originale;

la C.t.r. affermava che la notifica delle cartelle esattoriali risultava ritualmente avvenuta a mezzo del messo notificatore, sig. M.V.V., oppure tramite posta alla Di Grazia S.p.A. (oggi Finmedia Holding S.p.A.) presso la sede legale, ritirata dal destinatario o da persona addetta alla ricezione oppure, ancora, dal portiere dello stabile;

pertanto, con riferimento ai molteplici motivi di appello, attinenti ai pretesi vizi delle cartelle esattoriali od alla mancata notifica degli atti impositivi presupposti, la C.t.r. riteneva che tali censure avrebbero dovuto essere eccepite con l’impugnazione delle cartelle, ritualmente notificate;

con riguardo all’appello incidentale di Equitalia Sud S.p.A., la C.t.r. riteneva che non vi fosse certezza in ordine alla ricezione della notifica della cartella n. (OMISSIS), senza indicazione e firma del ricevente, mentre sosteneva che la cartella n. (OMISSIS) fosse stata regolarmente notificata dal messo notificatore nelle mani del sig. Di Grazia, qualificatosi addetto alla ricezione;

l’Equitalia Sud S.p.A. resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 27 gennaio 2022, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 – bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

preliminarmente, deve rilevarsi l’ammissibilità del ricorso, che, sebbene riporti integralmente il contenuto degli atti e delle pronunce di primo e secondo grado, nella parte finale non è privo dell’enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni (cfr. da ultimo Cass. n. 26837/2020, secondo cui è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, il ricorso redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti, quando sia demandato all’interprete di ricercare gli elementi rilevanti all’interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte, evenienza che non ricorre nel caso di specie);

con il primo motivo, la società ricorrente denunzia l’omessa pronuncia su censure formulate in primo grado ed in appello, la violazione dell’art. 112 c.p.c., l’omessa esibizione da parte dell’Equitalia Sud S.p.A. delle cartelle di pagamento e delle relate di notifica;

la ricorrente, in particolare, deduce di aver denunziato l’inesistenza delle cartelle di pagamento e che su tale censura il giudice di merito avrebbe omesso di pronunciarsi, ritenendo regolare la notifica delle cartelle sulla base della documentazione prodotta da controparte, cioè meri avvisi di ricevimento, privi della relata di notifica; il motivo è infondato e va rigettato;

come questa Corte ha rilevato, “in tema di notifica della cartella esattoriale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve, anche in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, ritenersi ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il contribuente dimostri di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione” (Cass. n. 16528/2018; conf. Cass. n. 33563/2018; Cass. n. 30787/2019);

tale orientamento è confermato anche nel caso di notifica della cartella esattoriale a mezzo di messo notificatore;

invero anche in tal caso la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio, non sia necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella (Cass. n. 23039/2016; Cass. n. 23902/2017);

inoltre, deve rilevarsi che, da quanto riportato dalla stessa società contribuente in ricorso, la doglianza, fin dal primo grado, riguardava la mancata notifica delle cartelle di pagamento e non la loro materiale inesistenza;

il profilo dell’inesistenza era stato sollevato dalla contribuente quale vizio radicale del ruolo e delle cartelle, a detta della ricorrente carenti di sottoscrizione;

i giudici di merito non hanno accolto la suddetta doglianza e sul punto la ricorrente non ha proposto impugnazione;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

la ricorrente si duole del fatto che i giudici di appello, nonostante la contribuente avesse contestato la conformità delle fotocopie degli avvisi di ricevimento agli originali, non avesse disposto l’esibizione di questi ultimi;

con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la contraddittorietà “processuale” della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

secondo la ricorrente la C.t.r. avrebbe ritenuto che il disconoscimento delle copie fotostatiche sarebbe stato privo del carattere di specificità, senza considerare che tale disconoscimento era stato sufficientemente esplicitato nelle memorie illustrative;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 25 a seguito della mancata notifica della cartella di pagamento; error in iudicando per vizi della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 c.c. e art. 215 c.p.c., artt. 2697 e 2729 c.c.;

sostanzialmente, la ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello, nel ritenere che si potesse presumere la conformità delle fotocopie degli avvisi di accertamento agli originali dal loro numero e contenuto, nonché dalle qualità soggettive delle parti e dal loro comportamento processuale, non avesse fornito una motivazione idonea a giustificare la decisione adottata, asserendo la conformità delle copie agli originali sulla base di argomenti illogici ed inconferenti;

i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono complessivamente inammissibili;

invero, con tali motivi, la ricorrente, lamenta, in primo luogo, che il giudice di appello abbia ritenuto che il disconoscimento della conformità delle fotocopie agli originali fosse generico, nonostante la contribuente avesse specificato, nella memoria illustrativa, che le cartoline erano il risultato di evidenti sovrapposizioni, non erano integrali ed avevano cancellature, contenevano sottoscrizioni false o false attestazioni sulla qualità del ricevente, attestavano notifiche effettuate in violazione dell’art. 145 c.p.c., oppure notifiche al “portiere” senza ulteriori specificazioni, oppure, ancora, notifiche di atti non consegnati ai destinatari, risultati trasferiti;

ebbene, la pluralità dei rilievi, cumulativamente avanzati senza il riferimento ai singoli avvisi di ricevimento, nonché la loro diversa natura (alcuni attengono alle modalità di notifica, altri alla falsità delle attestazioni contenute negli avvisi di ricevimento, altri ancora genericamente alle copie fotostatiche) giustificano la conclusione, cui è pervenuto il giudice di appello, sulla carenza di specificità del disconoscimento delle copie fotostatiche da parte della società contribuente;

come questa Corte ha più volte affermato, “la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” (Cass. n. 27633/2018; Cass. n. 16557/2019; Cass. n. 14279/2021);

il disconoscimento deve quindi ad es. contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale, oppure le parti mancanti e il loro contenuto, oppure, in alternativa, le parti aggiunte;

a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale;

nulla di tutto ciò si rinviene nel caso in esame, pertanto la C.t.r., rilevando la genericità del disconoscimento effettuato dalla contribuente e la totale carenza di elementi indiziari sul diverso contenuto dei documenti disconosciuti (cioè le copie degli avvisi di ricevimento relativi alla notifica delle cartelle), tenuto conto della natura degli atti, del loro numero e della qualità delle parti, ha escluso, con una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, che tali atti fossero difformi dagli originali.

con il quinto motivo, la ricorrente denunzia “un error in iudicando per vizi della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”;

nonostante l’incerta formulazione della rubrica, sostanzialmente la ricorrente richiama una serie di eccezioni attinenti alla validità delle cartelle di pagamento ed all’insussistenza di una valida notifica dell’atto di accertamento presupposto, deducendo che il giudice di appello avrebbe omesso di esaminarle, omettendo qualsiasi motivazione;

il motivo è infondato e va rigettato;

invero, i giudici di appello, con motivazione condivisibile, hanno ritenuto che, avendo accertato la ritualità delle notifiche delle cartelle di pagamento (ad eccezione di una per la quale avevano rigettato il ricorso incidentale di Equitalia Sud S.p.A.), ogni doglianza relativa alla validità formale ed al contenuto delle cartelle, nonché alla notifica degli atti impositivi presupposti, avrebbe dovuto essere fatta valere con l’impugnazione della cartella;

non avendo la contribuente provveduto alla tempestiva impugnazione delle cartelle esattoriali, tali questioni rimanevano precluse e non potevano essere sollevate con l’impugnazione dell’estratto di ruolo;

in conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato;

parte ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA