Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6404 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. II, 21/03/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VLA SARDEGNA 38, presso lo studio dell’avvocato DI GIOVANNI

FRANCESCO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.R. (OMISSIS), A.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI

6, presso lo studio dell’avvocato MAGRO RENATO, rappresentati e

difesi dall’avvocato DE ZIO GIUSEPPE;

G.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CELIMONTANA 33, presso lo studio dell’avvocato PANARITI PAOLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORUSSO FLAVIO;

P.V.I. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’avvocato PANARITI PAOLO, rappresentatole difeso dall’avvocato

LORUSSO FLAVIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 226/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 10/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 8.1.1987 P.V. stipulava con i coniugi A.G. (suo genero) e con P.R. (sua figlia di primo letto) un contratto preliminare relativo alla vendita ai predetti di un immobile (posto a (OMISSIS)) al prezzo di L. 70.000.000, da pagarsi ratealmente (a partire dalla data della stipulazione), obbligandosi a stipulare il rogito a richiesta dei promissari acquirenti, previo pagamento da parte loro del corrispettivo stabilito. Il P.V. decedeva il (OMISSIS).

In riferimento a tale preliminare, il 2.10.1992 i predetti coniugi A. – P., assumendo di avere interamente pagato il prezzo dell’immobile, convenivano innanzi al tribunale di Trani gli eredi del de cuius (la moglie G.M. e la figlia P. V.I., minore rappresentata dalla stessa G.), chiedendo la pronuncia di una sentenza ex art. 2932 cod. civ. Costituitasi, la G., pur non opponendosi alla domanda, faceva presente che gli attori erano debitori della residua somma di L. 20.000.000, importo del quale chiedeva in via riconvenzionale il pagamento.

Il 27.3.1998 interveniva volontariamente in causa C.B. (nata il (OMISSIS)) chiedendo, previo accertamento della propria qualita’ di creditrice del de cuius per l’importo di L. 85.000.000, il riconoscimento della simulazione) o della inefficacia ex art. 2901 cod. civ. del preliminare de quo e, in subordine, il pagamento in proprio favore del residuo prezzo dovuto dai promissari acquirenti alla G.. Riassunto dagli attori il giudizio interrotto per la morte della C., si costituiva in giudizio l’erede sua omonima ( C.B. nata il (OMISSIS)).

Con sentenza del 25 novembre 2004 il Tribunale accoglieva la domanda degli attori, rigettando le domande spiegate dalla parte convenuta (in riconvenzionale) e dal terzo volontariamente intervenuto e compensando tra le parti le spese di causa.

Con sentenza dep. il 10 marzo 2009 la Corte di appello di Bari rigettava l’impugnazione proposta dalla C.B..

I Giudici di appello, per quel che interessa nella presente sede, ritenevano non provata la simulazione del preliminare in quanto frutto di una interpretazione personale dell’appellante e tanto, a prescindere dal fatto che l’assunto della predetta secondo cui il contratto de quo “era stato preordinato solo a fini divisionali e non era assolutamente un preliminare nel senso classico del termine” comporterebbe l’affermazione da parte della medesima del fatto anomalo che il contratto sarebbe un atto unilaterale di divisione operata dal testatore (art. 734 c.c.); per quanto concerneva la azione revocatoria, l’assunto dell’appellante, secondo cui gli eredi P. sarebbero stati d’accordo nel portare avanti la strategia della sottrazione del bene alla garanzia del creditore, non concerneva la revocatoria, in quanto avrebbe riguardato il consilium fraudis non delle parti che stipularono il contratto ma di terzi;

in considerazione degli atti di rinuncia prodotti non era stata dimostrata la qualita’ di eredi di tutti i chiamati all’eredita’ del P.V., per cui non sussistevano i presupposti per la integrazione del contraddittorio.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la C. sulla base di cinque motivi.

Resistono gli intimati; A.G. e P.R. hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, sollevata dall’ A. e dalla P.R.: poiche’ dalla relata di notificazione l’atto risulta consegnato all’ufficiale giudiziario in data 2 gennaio giudiziario, lo stesso deve ritenersi tempestivamente proposto: al riguardo, il termine breve per impugnare decorreva dal 3-11-2009 ovvero dalla notificazione della sentenza ai procuratori costituiti nel giudizio di gravame.

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 478, 520 cod. civ. artt. 102 e 354 cod. proc. civ. nonche’ insufficiente e contraddittorieta’ motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata laddove, senza spiegare perche’ avrebbero dovuto considerarsi non univoche le circostanze dedotta dall’appellante, non aveva considerato una serie di elementi convergenti da cui era risultato che la rinunzia all’eredita’ da parte dei chiamati all’eredita’ era stata effettuata dietro corrispettivo e al fine di regolare la successione: pertanto, i predetti avevano acquisito la qualita’ ereditaria; il che avrebbe assunto rilievo non soltanto in relazione alla non integrita’ del contraddittorio ma anche con riferimento alla reale funzione del contratto preliminare.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando la nullita’ della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4), denuncia la mancata integrita’ del contraddittorio per non avere gli eredi P. – in quanto tali, litisconsorti necessari – partecipato al giudizio.

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) nonche’ violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1344 e 458 cod. civ., censura la sentenza impugnata laddove non aveva considerato una serie di elementi dai quali era emersa la prova che in effetti il contratto preliminare, stipulato nel 1987 e rimasto ineseguito, era stato posto in essere al fine di procedere alla futura sistemazione di rapporti successori di P.V. con attribuzione dell’immobile alla figlia di primo letto R. e il denaro agli altri figli e cio’ in violazione dell’art. 458 cod. civ.: la sentenza non aveva considerato che la descritta funzione dell’atto ne faceva un patto successorio nullo.

Vanno innanzitutto esaminati il primo e il secondo motivo che hanno priorita’ logica rispetto al terzo e che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente. La censure sono infondate.

Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ dei motivi ex adverso sollevata ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., tenuto conto che in sostanza i motivi denunciano il vizio di motivazione relativo all’accertamento di fatto in merito alla sistemazione dei rapporti realizzata attraverso la rinuncia all’eredita’ manifestata dai chiamati all’eredita’ e la conclusione del contratto preliminare. Orbene, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilita’ (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3), 4) e, qualora – come nella specie – il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: nella specie, tale indicazione e’ stata correttamente effettuata. Passando all’esame dei motivi, occorre premettere che in tema di prova presuntiva, e’ incensurabile in sede di legittimita’ l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravita’ e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata appaia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni (Cass. 1216/2006;

17596/2003).

E, con riferimento al vizio di motivazione, e’ inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione (Cass. 67394/2010).

Nella specie, le doglianze si risolvono nella censura della valutazione del valore probatorio degli elementi presuntivi in base ai quali la ricorrente formula una ricostruzione di fatti difforme da quella accolta dalla sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che le risultanze acquisite non fornivano la prova della simulazione invocata dell’appellante. Ed invero la sentenza impugnata ha in particolare escluso che fosse stata raggiunta la prova in merito alla circostanze dedotte dall’appellante ovvero che:

a) il contratto preliminare avesse avuto lo scopo di sistemare i rapporti successori fra gli eredi P.;

b) le rinunce all’eredita’ fossero state effettuate tramite corrispettivo;

c) i chiamati all’eredita’ avessero acquisito la qualita’ di eredi.

Il ricorso, nel denunciare il mancato esame degli elementi di prova emersi nel corso del giudizio, difetta di autosufficienza, non avendo trascritto il testo integrale dei documenti indicati alle lettere a), b) e c), delle dichiarazioni rese dalla G. e da P. R., alle quali si fa riferimento e delle circostanze oggetto dei capitoli di prova , dovendo ancora ricordarsi che, in relazione al vizio di motivazione per omesso esame di un documento o di una prova decisivi, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilita’ del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento o le risultanze del prova nella loro integrita’ in modo da consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificare la decisivita’ della censura (Cass. 14973/2006;

12984/2006; 7610/2006; 10576/2003), tenuto conto che in proposito occorre dimostrare la certezza e non la probabilita’ che, ove esso fosse stato preso in considerazione, la decisione sarebbe stata diversa: tale onere nella specie, come si e’ detto, non e’ stato ottemperato dalle ricorrenti.

Il riferimento al travisamento che la sentenza avrebbe compiuto in merito alle deduzioni dell’appellante e’ un argomentazione resa ad abundantiam e, come tale, e’ priva di valore decisorio, tenuto conto che, come si e’ detto, la sentenza ha escluso che il contratto preliminare avesse la funzione che le ha attribuito l’appellante per cui, a stregua dell’accertamento di fatto posto a base della decisione, non era configurabile la violazione dell’art. 458 cod. civ. Anche il terzo motivo va rigettato, atteso che, se se nessuna prova del carattere simulato del preliminare sussisteva e i chiamati all’eredita’ non avevano acquisito la qualita’ di eredi, neppure era configurabile la dedotta non integrita’ del contraddittorio.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) nonche’ violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 cod. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza laddove, nel rigettare la domanda proposta ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., aveva ritenuto i chiamati P. terzi estranei al contratto preliminare senza considerare quanto dedotto dall’appellante secondo cui il contratto era programmaticamente diretto proprio alla sistemazione post mortem del patrimonio ereditario, tenuto conto che, come riconosciuto dalla sentenza impugnata, i predetti ispirarono la loro condotta alla finalita’ di porre al riparo un bene ereditario in modo da separare il patrimonio in cui trovavasi il debito da quello in cui era finito il bene: il che dimostrava che, nonostante la rinuncia all’eredita’, che avrebbe dovuto renderli estranei a detta finalita’, i medesimi erano interessati alla sistemazione del patrimonio ereditario.

Il motivo e’ infondato.

Secondo quanto si e’ detto sopra la sentenza, avendo escluso il carattere simulato del contratto preliminare e che la rinunzia all’eredita’ dei chiamati fosse avvenuta mediante corrispettivo, ha ritenuto non provato che con tale negozio i chiamati all’eredita’ avessero inteso procedere alla sistemazione del patrimonio ereditario e che la condotta posta in essere dai chiamati all’eredita’ avesse la finalita’ di conservare il patrimonio ereditario. Quindi, nell’esaminare la domanda di revocatoria – una volta esclusa la simulazione del contratto preliminare e la funzione di sistemazione del patrimonio ereditario ad esso attribuita dalla ricorrente – ha correttamente escluso che potesse avere rilevanza il consilium fraudis dei chiamati all’eredita’ terzi estranei al contratto – effettivamente intercorso fra P.V. e i coniugi A. – P. – posto che il coinvolgimento dei chiamati all’eredita’ presupponeva il carattere fittizio del contratto e non poteva assumere alcun rilievo rispetto a un contratto, in concreto posto in essere da altri soggetti.

Il quinto motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., deducendo che, avendo erroneamente considerato come parti distinte la G. e P.V. I. che erano invece un’unica parte complessa quali eredi di P.V., la sentenza aveva proceduto a una ingiustificata duplice liquidazione delle spese, pur essendo le medesime assistite e difese da un unico procuratore costituito. Il motivo e’ infondato.

Dall’esame delle (distinte) comparse di costituzione nel giudizio di appello, consentito dalla natura processuale del vizio denunciato, e’ emerso che la posizione di P.V.I. non era affatto identica a quella della G., atteso che la difesa aveva riguardato in particolare questioni concernenti la peculiare situazione soggettiva della predetta, che in via preliminare aveva dedotto la propria carenza di legittimazione passiva per estraneita’ al presente giudizio a seguito della dedotta rinuncia all’eredita’ dalla medesima formulata previa autorizzazione del giudice tutelare.

Correttamente i Giudici hanno proceduto a una distinta liquidazione delle spese anche se le medesime appellate erano difese dal medesimo legale. Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese relative alla presente fase che liquida in favore: di A.G. e P.R. in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge; di P.V. e di G.M., ciascuna di Euro 1.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA