Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6403 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 06/03/2020), n.6403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Mario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21851-2018 proposto da:

F.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENZO GIULIANI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PINETO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTA COLMI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 819/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.M.A. convenne in giudizio il Comune di Pineto, davanti al Tribunale di Teramo, Sezione distaccata di Atri, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta avvenuta a causa di una buca imprevista e non segnalata esistente in una via del centro cittadino nella quale ella si era trovata a transitare.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale, espletate due consulenze tecniche e svolta prova per testimoni, rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 9 maggio 2018, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila ricorre F.M.A. con atto affidato a due motivi.

Resiste il Comune di Pineto con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 2907 c.c. e degli artt. 101,112,113,183 c.p.c..

Rileva la ricorrente che i fatti così come da lei prospettati fin dall’atto di citazione, pur facendo riferimento al concetto di insidia stradale e, quindi, all’art. 2043 c.c., non escludevano che l’azione fosse da intendere anche come proposta ai sensi dell’art. 2051 c.c.. Il Tribunale aveva rilevato che la domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c. era stata proposta solo in comparsa conclusionale, e perciò tardivamente; ma tale rilievo sarebbe errato e la censura, già posta alla Corte d’appello, viene adesso riproposta contro la sentenza di secondo grado.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), 4) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2051 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c..

L’articolata doglianza, nel ricapitolare la motivazione della sentenza in esame e i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità sull’obbligo di custodia delle strade, sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nella ricostruzione dei fatti e nell’accertamento del carattere assorbente della colpa della danneggiata; mentre avrebbe dovuto riconoscere che la buca non era visibile e che non vi era alcuna possibilità di passaggio alternativo per la ricorrente.

3. Ragioni di economia processuale consigliano di esaminare il ricorso cominciando dal secondo motivo.

3.1. Esso, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento.

Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

3.2. La Corte d’appello, che si è correttamente richiamata a questa giurisprudenza, ha fatto buon governo di tali principi.

La sentenza impugnata, infatti, con un accertamento congruamente motivato e privo di vizi logici e di contraddizioni, non suscettibile di ulteriore modifica in questa sede, ha innanzitutto dato atto che la domanda risarcitoria era stata proposta in modo non chiaro, nel senso che la danneggiata non aveva compiuto una scelta “tra l’azione generale di responsabilità extracontrattuale e quella di responsabilità oggettiva per fatto della cosa in custodia”.

Tanto premesso, la Corte abruzzese ha specificato che la caduta della F. era stata causata da un’ampia sconnessione del marciapiede, la quale era ben visibile a causa della “diversa connotazione cromatica rispetto alla restante parte del marciapiede”. Ha aggiunto la sentenza che nel punto ove era avvenuta la caduta residuava comunque uno spazio sufficiente per un comodo e sicuro transito pedonale. Per cui, essendo la caduta avvenuta in ora diurna, la domanda risarcitoria doveva essere respinta, essendo la condotta della danneggiata non conforme al generale dovere di cautela esigibile dagli utenti della strada.

3.3. A fronte di tale motivazione si infrangono le doglianze contenute nel motivo di ricorso qui in esame; mentre è evidente, infatti, sulla base dei precedenti rilievi, che le prospettate violazioni di legge non sussistono, nel contempo le censure suindicate sollecitano questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.

4. Il rigetto del secondo motivo rende ininfluente l’esame del primo. La sentenza impugnata, infatti, ha dimostrato che la responsabilità del Comune di Pineto non era configurabile nè ai sensi dell’art. 2043 nè ai sensi dell’art. 2051 c.c.; ragione per cui il presunto errore di diritto, lamentato dalla ricorrente in ordine alla tardività della prospettazione della domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c., è privo di rilevanza, posto che la Corte di merito ha esaminato il merito della stessa anche alla luce dei principi enunciati dall’art. 2051 c.c. in tema di responsabilità del custode.

5. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte n:getta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 6 marzo 2020

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