Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6397 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. II, 21/03/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 21/03/2011), n.6397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17635-2005 proposto da:

M.C. (OMISSIS), nella qualità di Proc. Gen.

dei Sigg. G.R. fu Mi., Gr.Gi. fu

Mi., M.C.A.M., vedova G.

A., Gr.Mi. fu A., G.F. fu

A., G.V. fu A., G.A. fu

Mi., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 74, presso

lo studio dell’avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato COSENZA MASSIMO;

– ricorrenti –

contro

C.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE PLATONE 21, presso lo studio dell’avvocato FUSCO ALESSIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato REGARDI VINCENZO;

g.g. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ZAMPARELLI GEMMA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 638/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Cosenza Massimo difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. Con atto di citazione del 24 gennaio 2000 M.C. agendo in nome e per conto dei germani G.: A., R. e Gi., esponeva:

-che in data (OMISSIS) era deceduto in (OMISSIS) Mi.Gr., lasciando superstite ab intestato la moglie C.E. ed i figli R., A., As.

gi. e Gi..

– che tra i beni trasmessi per successione legittima ai figli, con usufrutto ex lege del coniuge, vi era un terreno sito in (OMISSIS), estese are trentasei e centiare cinque, individuato nel N.C.T. alla partita 10050 in ditta C.E., G.R., A., As., g. e Gi., foglio 39 part.lle nn. 676, 687 e 911. – che detto immobile, posseduto dall’usufruttuaria C.E. fino alla data della sua morte avvenuta il (OMISSIS) e gestito attivamente anche dagli attori, risultava essere oggetto di un pubblico atto per notar Filippo Mannelli in data 5 settembre 1997 rep. 1593, trascritto in Benevento il 16 settembre 1997 al n. 7219, con il quale g.g., definitasi proprietaria esclusiva dello stesso per usucapione ultraventennale lo aveva venduto a I.C..

Tutto ciò premesso, l’attore nella sua qualità, chiedeva al Tribunale di Benevento di dichiarare la nullità o l’annullamento o comunque l’inefficacia di detto atto di compravendita intercorso, tra la g.g. e la C.I., perchè la proprietà del terreno non era mai entrata a far parte per l’intero del patrimonio della venditrice, essendo lo stesso in comproprietà con i germani g.; di affermare il diritto di comproprietà degli attori, sul terreno de quo, in ragione della loro rispettiva quota, di condannare i convenuti al risarcimento del danno e alle spese giudiziali.

Si costituivano g.g. e C.I.. La prima chiedeva il rigetto della domanda, deducendo di essere divenuta proprietaria esclusiva del terreno de quo per usucapione ultraventennale avendolo posseduto in via diretta o mediata e contestando ai germani attori di aver mai compiuto atti di esercizio del diritto di proprietà sul bene. La C.I. chiedeva in via preliminare di dichiarare il difetto di legittimazione attiva degli attori per essersi prescritto il loro diritto di accettare l’eredità del de cuius Gr.Mi.. Nel merito chiedeva comunque il rigetto della domanda per essere la contestata compravendita valida ed efficace ai sensi dell’art. 534 cod, civ. per aver acquistato il terreno a titolo oneroso ed in buona fede dall’erede apparente o in via gradata per essere stato ceduto legittimamente dalla venditrice divenuta proprietaria esclusiva per usucapione. In via subordinata e salvo gravame chiedeva infine di qualificare il contratto come vendita di cosa parzialmente altrui con riserva di risoluzione e risarcimento danni nei confronti della venditrice in caso di mancato acquisto delle altre quote di proprietà.

Il Tribunale di Benevento con sentenza n. 1375/02 del 20 settembre 2002 accoglieva la domanda e per l’effetto dichiarava la nullità e inefficacia dell’atto di compravendita per notar Filippo Mannelli fra g.g. e C.I., dichiarava, altresì, che il terreno oggetto del suddetto rogito notarile non era mai stato di proprietà esclusiva della venditrice g.g. per essere lo stesso in comproprietà di tutti i sopra indicati coeredi G., rigettava ogni altra domanda, con spese alla soccombenza.

B. Avverso questa sentenza proponevano appello, davanti alla Corte di Appello di Napoli, C.I. e g.g., Vero è – sostiene la ricorrente – che l’attività difensionale dell’avv. Pompa è ed è consistita nell’intervento in un processo già incardinato, nel quale lo stesso ha recepito pedissequamente il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio. Pertanto – sostiene ancora il ricorrente – denunziando che erroneamente il Giudice di primo grado aveva rigettato l’eccezione di carenza di legittimazione attiva degli attori. Gli attori – come era stato eccepito – non avevano accettato l’eredità dei de cuius Gr.Mi. nel termine di dieci anni dall’apertura della successione e il loro diritto ad accettare si era prescritto ex art. 480 cod. civ.. Di conseguenza non avevano la qualità di eredi che li avrebbe legittimati all’azione proposta. Erroneamente il giudice di primo grado aveva ritenuto che essi avevano accettato l’eredità ritenendo implicita accettazione la presentazione della denunzia di successione da parte della madre C.E. a nome di tutti gli eredi ed il rogito per notaio Tommaso Caruso del 11 dicembre 1996 nel quale gli attori unitamente alla comparente g.g., qualificandosi eredi di Gr.Mi. avevano venduto un bene del patrimonio ereditario, ponendo in essere un atto che presupponeva la volontà di accettare l’eredità. Invece, secondo gli appellanti, la denunzia di successione non era stata idonea a manifestare la volontà tacita di accettare l’eredità e l’atto di vendita del bene ereditario era stato stipulato ad oltre trenta anni dalla morte di Gr.

M., quando il diritto ad accettare l’eredità si era prescritto. Con altro motivo di appello denunziavano che il giudice di primo grado non aveva accertato la validità della compravendita per aver la C. acquistato dall’erede apparente. Eccepivano ancora il difetto di integrità del contraddittorio perchè al giudizio non aveva partecipato la germana, Gr.As., nonostante si trattassi di controversia volta ad accertare l’avvenuta usucapione. Chiedevano dunque la riforma della sentenza impugnata ed il rigetto della domanda con vittorie di spese.

Si costituivano in giudizio gli appellati deducendo che essi avevano accettato l’eredità del de cuius Gr.Mi. come si evinceva dalla denunzia di successione presentata dalla madre C.E. usufruttuaria dei beni del de cuius e dall’atto di vendita per notaio Tommaso Caruso dell’11 dicembre 1996.

L’infondatezza dell’eccezione si evinceva anche dalla circostanza che in una scrittura privata del 15 dicembre 1996 g.g.

aveva acquistato dai propri germani i 4/5 di un terreno pervenuto per successione del comune dante causa Gr.Mi.. La C., a sua volta, non poteva vantare alcun acquisto in buona fede perchè ella era a conoscenza del fatto che il bene era in comproprietà con altri eredi: La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 638/2005, depositata il 4 marzo 2005, accoglieva l’appello proposto da C. I. e g.g. nei confronti di M. C. quale procuratore generale di G.A., G. R. e Gr.Gi. e per l’effetto rigettava la domanda proposta da M.C. quale procuratore generale di G.A., G.R. e Gr.Gi. volta ad ottenere la dichiarazione di nullità ed inefficace dell’atto di compravendita per notar Filippo Mannelli in data 5 settembre 1997 rep. N. 1593. Compensava tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

C. Per la cassazione di tale sentenza ricorre M.C. quale procuratore generale G.R. e Gr.Gi., M.C.A.M., Gr.Mi., G. F., G.V. per due motivi affidati ad un atto di ricorso notificato il 28 giugno 2005. Resistono con controricorsi separati C.I. e g.g.. Hanno depositato memoria M.C. e C.I..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Con il primo motivo, M.C. nella qualità, lamenta – come da rubrica.

– Violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 476 c.c.. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (Volture catastali, comportamento complessivo degli appellati- ricorrenti). La Corte di Appello di Napoli avrebbe errato, secondo il ricorrente, per aver ritenuto che i chiamati odierni ricorrenti non avevano accettato l’eredità di Gr.

M. nel termine di dieci anni decorrente dall’apertura della successione (ex art. 480 cod. civ.) risalente al 4 gennaio 1965. In particolare, il ricorrente, lamenta il fatto che il Giudice d’Appello non abbia tenuto in nessuna considerazione i numerosi atti depositati nel fascicolo di primo grado, ed in particolare non abbia tenuto conto dell’estratto storico catastale e di tre estratti catastali, documenti tutti idonei a dimostrare la piena legittimazione attiva degli stessi attuali ricorrenti, allora appellati, perchè, provando, quei documenti, la voltura dei beni dal compendio ereditario del fu Gr.Mi. tra cui il terreno oggetto del presente giudizio, in capo ai ricorrenti, essi avrebbero acquistato la qualità di eredi per accettazione tacita dell’eredità. Avrebbe errato, altresì, la Corte di Appello di Napoli – sempre secondo il ricorrente – per non avere, la stessa, analizzato il comportamento complessivo degli attuali ricorrenti o per non aver ricercato nel comportamento complessivo, del chiamato all’eredità, la volontà di accettare tacitamente l’eredità.

1.1. La censura non merita di essere accolta. La valutazione effettuata dal giudice di appello in ordine al comportamento complessivo degli attuali ricorrenti, così come è risultato dagli atti esaminati, che ha comportato l’esclusione di una volontà degli attuali ricorrenti ad accettare, sia pure con comportamento concludente, l’eredità di Gr.Mi., è chiara, esaustiva e coerente con i principi di legge.

1.2. Dall’esame della sentenza di Appello, del ricorso e dei controricorsi emerge con chiarezza che il problema relativo alla rilevanza in giudizio delle volture catastali (rappresentate dall’estratto storico catastale e da tre estratti catastali) era presente all’attenzione del primo giudice e del giudice di appello.

Ed emerge ancora con chiarezza che i documenti di cui sopra seppure prodotti nel giudizio di primo grado, in quanto allegati nel fascicolo della parte interessata, sono stati ignorati dal giudice – cioè, sono stati considerati come non prodotti – perchè – come si legge nella motivazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli “Il giudice di primo grado ha ritenuto che in base a due elementi si poteva ritenere che gli attuali appellati avessero accettato l’eredità di Gr.Mi.”: “la denunzia di successione presentata dalla madre degli attuali appellati” (…) “la compravendita di un bene ereditario per notar Caruso dell’11.12.1996”. La mancata considerazione delle volture catastali da parte del primo giudice, non ha trovato censura nell’atto di costituzione in appello. La Corte di Appello rinviene i documenti di cui sopra come se fossero prodotti per la prima volta e ritiene di ignorarli. La documentazione de qua, (cioè, quella rappresentata dalle volture catastali), essendo stata, la sua esistenza, ignorata dal primo giudice, ovvero esclusa, non poteva essere proposta nel giudizio di Appello, perchè essa stessa rappresenta un fatto nuovo, la cui proposizione è esclusa dall’art. 345 c.p.c.. E, comunque, non risulta neppure la data di effettuazione della pretesa voltura catastale e chi abbia assunto l’iniziativa. Piuttosto, posto che nell’ipotesi in esame, la voltura è riconducibile alla denuncia di successione, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte la voltura riconducibile alla denuncia di successione, non comporta accettazione. E’ apprezzabile, dunque, la decisione della Corte di appello laddove osserva “che gli appellati non hanno prodotto alcun altro atto che potesse ritenersi tempestiva accettazione dell’eredità essendo tutti i documenti prodotti datati ad oltre dieci anni dalla morte di Gr.Mi.”.

2 Con il secondo motivo il ricorrente, M.C. nella qualità, lamenta – come da rubrica – Violazione art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione all’art. 2937 c.c., comma 3. Omessa motivazione.

Avrebbe errato la Corte di Appello di Napoli, secondo il ricorrente, per non aver considerato l’implicita rinunzia ad eccepire la prescrizione del diritto di accettare l’eredità da parte di C. I. – acquirente del terreno in questione – Specifica il ricorrente che le controparti ( C.I. e g.

g.) eccependo l’usucapione del bene ereditario hanno posto in essere un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione. D’altra parte afferma ancora il ricorrente, la rinunzia ad eccepire la prescrizione risulta anche dalla richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti di Gr.

A., rimasta estranea al giudizio, precisando che sì trattava di un litisconsorzio necessario rispetti agli altri presunti comproprietari in quanto la situazione di proprietà esclusiva della convenuta C.I. confliggeva sia con la situazione soggettiva dei comunisti della controparte sia con quella dei comunisti assenti. A sua volta nel momento in cui le posizioni processuali della g.g. e della C.I. si identificavano in un unico atto di appello negli stessi difensori e nelle stesse identiche conclusioni, veniva affermata anche la rinunzia tacita da parte della g.g. a far valere la prescrizione de qua.

2.1. La censura non coglie nel segno ed essa non può essere accolta.

Secondo i ricorrenti le controparti eccependo l’usucapione, avevano rinunziato a valersi della prescrizione, Sennonchè a prescindere dalla considerazione che non risulta che la questione sia stata specificatamente dedotta in precedenza.

2.2. Va osservato, tuttavia, che ai sensi dell’art. 2937 c.c., comma 3, la rinunzia a far valere la prescrizione può risultare da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione. Ad integrare la fattispecie prevista da questa normativa, cioè la fattispecie della rinunzia a far valere la prescrizione, è “il fatto incompatibile con la volontà”, cioè è necessario che il comportamento di colui il quale può disporre validamente del diritto, manifesti, senza possibilità alcuna di diversa interpretazione, una volontà di rinunziare alla causa estintiva dell’altrui diritto oppure di non avvalersi della causa estintiva dell’altrui diritto. Come ha affermato, in varie occasioni, questa Corte è necessario che l’incompatibilità di cui si è detto (tra il comportamento e la volontà di avvalersi della causa estintiva) sia assoluta, cioè, che lo stesso comportamento non trovi altro significato o altra valenza giuridica (sent. n. 5826 del 26/05/1995) E, opportunamente questa Corte, in altre occasioni, ha precisato che non integrano gli estremi della fattispecie di cui all’art. 2937 cod. civ. l’accettazione del contraddittorio sul merito in sede processuale (sent. del 2000 n. 7447). Qui può ulteriormente specificarsi che non integrano gli estremi di una volontà assoluta di non avvalersi della prescrizione estintiva dell’altrui diritto il comportamento processuale che in sè rappresenta una necessaria difesa dei propri diritti ed una necessaria esplicazione della propria difesa a fronte di altrettante pretese o eccezioni avanzate dall’altra parte processuale.

In definitiva, il ricorso va rigettato per le ragioni di cui si è detto.

Le spese del giudizio di cassazione, per il principio della soccombenza, restano a carico dei ricorrenti in solido e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale condanna i ricorrenti in solido alle spese del giudizio che liquida in Euro 1.500,00, per onorari oltre a Euro 200,00 per spese per ognuna delle parti resistenti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione Civile, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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