Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6394 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 28/02/2022), n.6394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11273/15 R.G., proposto da:

R. – FRANCESCHETTI S.R.L., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, in forza di procura in margine al ricorso,

dall’avv.to Loris Tosi e dall’avv.to Giuseppe Marini, con i quali

elettivamente domiciliata in Roma, P.zza Sacchetti n. 9, presso lo

studio dell’avv.to Marini.

– Ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 1631/18/14 della Commissione tributaria

regionale del Veneto, depositata in data 24 ottobre 2014, non

notificata;

nonché sul ricorso iscritto al n. 12847/15 R.G., proposto da:

R. – FRANCESCHETTI S.R.L., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, in forza di procura in margine al ricorso,

dall’avv.to Loris Tosi e dall’avv.to Giuseppe Marini, con i quali è

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Monti Parioli, n. 48,

presso lo studio dell’avv.to Marini.

– Ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 1738/18/14 della Commissione tributaria

regionale del Veneto, depositata in data 10 novembre 2014, non

notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rosita

D’Angiolella nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2022;

viste le conclusioni del sostituto procuratore generale, Dott. Mauro

Vitiello, di accoglimento del primo motivo di ricorso.

Uditi l’avv. Pierluigi Muccardi per delega dell’avv. Marini e l’avv.

Giovanni Chiappinielle.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate notificò, in data 23 dicembre 2010, alla società R.-Franceschetti s.r.l. l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), per l’anno 2005, contestando un maggior reddito imponibile, pari ad Euro 527.087,00, con liquidazione di una maggiore imposta per Euro 27.051,63, oltre sanzioni ed interessi, a titolo di sopravvenienza attiva (art. 88 t.u.i.r.) conseguente al comportamento elusivo della società contribuente, che aveva ottenuto vantaggi tributari “sotto forma di maggiore perdita fiscalmente riconosciuta ed utilizzata ad abbattimento degli utili nei periodi di imposta successivi, dall’illegittima indicazione di tale somma nella sezione variazione in diminuzione della dichiarazione”. L’accertamento originava da una verifica della Guardia di finanza e dal conseguenziale processo verbale di constatazione (p.v.c.) del 27/10/2008, nel corso della quale era stato appurato che:

– in data 23/12/2004 R. s.r.l. conferiva l’intero ramo operativo d’azienda, ad eccezione dell’immobile di proprietà sito in (OMISSIS), in favore di R.-Franceschetti s.r.l., con ingresso della conferente ( R. s.r.l.) nella compagine societaria di R.-Franceschetti s.r.l. nella misura del 45%;

– in data 30 gennaio 2005 aveva inizio, tra R. s.r.l. e R.-Franceschetti s.r.l., la locazione dell’immobile di (OMISSIS) in via Gombe, n. 12 (unico cespite iscritto nell’attivo patrimoniale di R. s.r.l. in quanto unico cespite non oggetto del conferimento), al canone annuale di Euro 86.460,00, divenuto sede secondaria di R.-Franceschetti s.r.l.;

– in data 30/01/2005 veniva stipulato altro contratto di locazione commerciale tra la ditta individuale R.F. e il R.-Franceschetti s.r.l., avente ad oggetto un’ulteriore immobile identificato dal foglio n. (OMISSIS), mappale (OMISSIS), del Comune di Thiene, anch’esso adibito a sede secondaria di R.-Franceschetti s.r.l., al canone annuale di Euro 20.658,00;

– in data 1 luglio 2005 aveva inizio la locazione dell’immobile, in (OMISSIS), per Euro 51.212,00, tra R. s.r.l. e R.-Franceschetti s.r.l., avente ad oggetto l’immobile della ditta R.F., ditta confluita nella R. s.r.l.;

– in data 24/11/2005 R. s.r.l. stipulò un mutuo di Euro 750.000 con l’Unicredit Banca d’Impresa s.p.a., garantito dagli immobili oggetto conferiti nello stato patrimoniale e concessi in locazione a R.-Franceschetti s.r.l.;

– in data 23/12/2005 R. s.r.l. deliberò un finanziamento in favore di R.-Franceschetti s.r.l. per Euro 550.000,00, parte dell’erogazione della somma mutuata, per far fronte ad una perdita di R.-Franceschetti in corso di formazione;

– in data 29/12/2005, i soci di R. s.r.l. rinunciavano al credito vantato, relativo al finanziamento vantato nei confronti di R.-Franceschetti s.r.l..

1.2. Secondo l’ipotesi dei verificatori prima e dell’amministrazione finanziaria poi, “le modalità con cui erano state poste in essere le operazioni e la successione temporale delle stesse, permetteva di rendersi conto che le stesse potevano nascondere fini di carattere elusivo. In particolare, ci si chiedeva come mai le due società “per realizzare un fine perseguibile attraverso una semplice fusione tra le società o attraverso altri strumenti leciti” avessero portato, nell’apposito quadro della dichiarazione annuale di R.-Franceschetti s.r.l., una variazione in diminuzione per un totale di Euro 527.000,00, se non al fine, elusivo, “di riportare per gli esercizi successivi perdite fiscale per un totale di Euro 547.157,00” (v. controricorso, pag. 5 e 6 e v. pagine 5-7 del ricorso). Oltre al comportamento elusivo, con l’avviso di accertamento, l’Ufficio contestò alla R.-Franceschetti s.r.l. anche costi non deducibili, ex art. 109 t.u.i.r. ed il trattamento ai fini IVA.

1.3. R.-Franceschetti s.r.l. presentò istanza di accertamento con adesione che aveva esito negativo; impugnò, dunque, l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza sostenendo l’effettività della passività iscritta nel suo stato patrimoniale e, quindi, l’inesistenza della sopravvenienza oggetto del recupero a tassazione; deduceva, in particolare, che non era stato conseguito alcun vantaggio tributario non essendovi alcun aumento artificioso della perdita, che l’utilizzo dello strumento della fusione, suggerito dall’Agenzia delle entrate, in vece del conferimento del ramo di azienda, non avrebbe comportato alcuna modifica dal punto di vista fiscale in quanto la perdita fiscalmente riportabile sarebbe rimasta immutata; inoltre, deduceva la sussistenza di valide ragioni economiche, consistente nell’intento di concentrare le attività aziendali e di ottenere una diminuzione complessiva dei costi, sfruttando le sinergie aziendali per riorganizzare, proficuamente, le società.

1.4. La Commissione tributaria provinciale adita, con sentenza n. 36/4/12, dichiarava la cessazione della materia del contendere sulla ripresa IVA (Euro 101.201,54), confermando, nel resto, l’ipotesi elusiva, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis per i motivi in parte trascritti alle pagine 14-17 del ricorso.

1.5. La società contribuente propose appello avverso tale sentenza, insistendo sull’effettività dell’operazione posta in essere, sulla sussistenza di valide ragioni economiche sottese all’operazione di conferimento aziendale ed al successivo finanziamento e. quindi, sulla carenza dei presupposti di cui all’art. 37 bis D.P.R. cit..

1.6. La Commissione tributaria regionale, con la sentenza n. 1631/18/14, confermava la sentenza di primo grado ritenendo che tutte le operazioni messe in atto miravano ad un’operazione elusiva d’imposta.

1.7. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a tre motivi cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

2. Successivamente, L’Agenzia delle entrate notificò, in data 20 ottobre 2011, alla società R.-Franceschetti s.r.l., altro avviso di accertamento, n. (OMISSIS), per l’anno 2006, riprendendo a tassazione il reddito compensato nell’anno 2006, pari ad Euro 99.281,00, con la contabilizzazione della corrispondente perdita dell’anno 2005 e di cui al precedente avviso di accertamento (v. p. 1). Con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), per l’anno 2007, notificato anch’esso in data 20 ottobre 2011, l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione la somma di Euro 312,727,00, quale reddito compensato nell’anno 2007 con la contabilizzazione della perdita dell’anno 2005. Entrambe le riprese a tassazione, cioè, conseguivano al comportamento elusivo della società contribuente che secondo l’ipotesi dell’Agenzia delle entrate, nell’anno 2005, aveva ottenuto vantaggi tributari sotto forma di maggiore perdita fiscalmente riconosciuta ed utilizzata ad abbattimento degli utili nei periodi di imposta successivi e quindi dall’illegittima indicazione di tale somma nella sezione “variazione in diminuzione” della dichiarazione dei redditi. Con entrambi gli accertamenti l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione anche costi non deducibili ai fini IVA.

2.1. La società contribuente proponeva due distinti ricorsi avverso i due avvisi di accertamento e la Commissione tributaria provinciale di Vicenza adita si pronunciava con due distinte sentenze: con la sentenza n. 95/7/2012, sul presupposto che con sua precedente sentenza n. 36/4/ 2012 era stata confermata la ripresa a tassazione della perdita fiscale per l’anno 2005, rigettava il ricorso confermando la legittimità dell’accertamento per l’anno 2006, in ordine al comportamento elusivo della società e anche sul recupero a tassazione dei costi non deducibili; con sentenza n. 94/7/2012, relativa all’anno d’imposta 2007, accoglieva il ricorso solo in parte annullando la ripresa a tassazione riguardante i costi sostenuti per compensi alla collaboratrice R.M..

2.3. Contro tali sentenze la società ha proposto distinti atti di appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto che, riuniti gli appelli, li ha rigettati con integrale conferma delle sentenze di primo grado.

2.4. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso. La società contribuente ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il nesso di connessione tra i due giudizi all’esame è regolato dalle disposizioni di cui all’art. 295 c.p.c. che prevedono la sospensione obbligatoria, laddove il giudizio pregiudicante sia stato definito con sentenza passata in giudicato, ovvero dall’art. 337 c.p.c., comma 2, (sospensione facoltativa) che, in base agli esiti della giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. U, 29/07/2021, n. 21763; Sez. U, 19/06/2012, n. 10027), è applicabile senza limiti nel contenzioso tributario (v., Sez. 5, 17/07/2014, n. 16329; Sez. 6-5, 05/09/2016, n. 17613; Sez. 6-5, 06/10/2017, n. 23840).

1.1. L’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 c.p.c., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, è applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale (cfr., Sez. U, 13/09/2005, n. 18125).

1.2. Posto, dunque, che la riunione garantisce la contestualità e la coerenza delle decisioni, il Collegio ritiene di disporre la riunione dei procedimenti in epigrafe, con la conseguenza che nella specie non si pone più questione di sospensione obbligatoria (art. 295 c.p.c.) o facoltativa (art. 337 c.p.c., comma 2) e che gli esiti riguardanti l’impugnazione della sentenza della CTR del Veneto, avente ad oggetto l’avviso di accertamento per l’annualità 2005, incidono inevitabilmente sulla sentenza derivata relativa alla rettifica del bilancio di esercizio per l’annualità 2006 e per l’annualità 2007 sulle perdite accertate nell’anno 2005.

2. Entrambi i ricorsi si fondano su tre motivi articolati sotto più profili di censura, per la gran parte riguardanti l’adeguatezza dell’impianto motivazionale delle sentenze di appello circa la sussistenza dell’operazione elusiva.

2.1. Nel ricorso n. 11273/15, la società ricorrente, col primo mezzo, denuncia l’inconsistenza motivazionale della sentenza n. 1631/18/14 sotto i seguenti profili: a) “1.2. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha preso atto delle contrastanti deduzioni della società R. – FRANCESCHETTI”; b) “1.3. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omesso esame di un fatto decisivo per sussistenza di motivazione apparente” per l’acritico rinvio all’atto di controdeduzioni dell’Ufficio, senza alcuna valutazione delle deduzioni della società contribuente; c) “1.4. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha correttamente valutato le prove addotte dalla società contribuente” sull’interesse economico sotteso all’operazione di riorganizzazione aziendale (alla pag. 40 e 41 del ricorso sono trascritte le deduzioni difensive formulate in appello); d) “1.5. Art. 360, comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto non ha preso atto dell’insussistenza dei presupposti per ritenere elusiva l’operazione posta in essere da R. – Franceschetti”.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso – così rubricato: “2. Art. 360, comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto non ha preso atto che l’amministrazione finanziaria non ha osservato i peculiari obblighi di motivazioni previsti da tale norma” – la società deduce che la CTR ha ignorato che l’Amministrazione finanziaria nel motivare l’avviso di accertamento non aveva tenuto in alcun conto i chiarimenti dedotti dalla società sulla valide ragioni economiche, contravvenendo all’obbligo motivazionale di cui all’art. 37 bis D.P.R. cit..

2.3. Col terzo motivo denuncia la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per “violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 12, della L. n. 241 del 1990, art. 7 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 4, laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha ritenuto che fosse stato garantito il necessario diritto al contraddittorio”.

3. I fatti che hanno originato la vicenda in esame sono pacifici, non essendo contestata la sequenza delle operazioni negoziali poste in essere tra la società ricorrente e la R. s.r.l. quali il conferimento, in data 23/12/2004, del ramo di azienda operativo da R. s.r.l. a R.-Franceschetti s.r.l., con subentro, della R. s.r.l. nella compagine sociale della conferitaria per il 45% del capitale, i contratti di locazione tra le due società dell’unico immobile rimasto nel patrimonio della R. s.r.l., il successivo finanziamento (del 23/12/2005) fatto da R. s.r.l. in favore della società ricorrente ed, infine, la rinunzia di R. s.r.l., in data 29/12/2005, del credito derivante dal finanziamento.

3.1. In tale perimetro di fatti pacifici, ciò che la difesa della società ricorrente con il primo motivo addebita alla sentenza impugnata è l’aver dichiarato la sussistenza di un’operazione abusiva in totale carenza motivazionale sia sulle deduzioni difensive allegate dalla società nei giudizi di merito, sia sulla consistenza indiziaria degli elementi addotti dal fisco a base dell’accertamento, sia sugli elementi che, in fatto ed in diritto, avrebbero caratterizzato il comportamento elusivo della società.

3.2. Le censure articolate con il primo motivo di ricorso risultano fondate, in disparte l’inammissibilità della censura con la quale si denuncia l’omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012), in quanto incontra i limiti previsti dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (cd. “doppia conforme” applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012) non avendo la società ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, delle decisioni di rigetto di primo grado e di appello dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22/12/2016, n. 26774; in senso conforme, Cass. Sez. U. 21/09/2018, n. 22430).

3.3. E’ principio consolidato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla, perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr., Sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Sez. 6 – 5, 07/04/2017, n. 9105; Sez. L 14/02/2020, n. 3819; Sez. 5, 30/04/2020 n. 8428). Viceversa, l’obbligo di motivazione è soddisfatto, com’e’ logico, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente ran” ed il “quantum debeatur” (ex plurimis, cfr. Cass. Sez. 5, 25/05/2011 n. 11466; Sez. 5, 18/01/2018 n. 1111; Sez. 6-5, 11/10/2018, n. 25343).

3.4. Nella specie, la motivazione della sentenza – racchiusa al paragrafo 10 di pagina 5 – così si esprime: “A tale proposito va osservato che gli atti difensivi della società riportano affermazioni di mero stile non suffragate dalla concreta dimostrazione, anche per l’assenza della relativa documentazione, che qualora l’operazione di riorganizzazione aziendale fosse stata eseguita con le modalità indicate dall’amministrazione finanziaria, si sarebbe pervenuti al medesimo risultato. L’agenzia delle entrate, invece, ha fornito, sia nella fase della verifica dell’accertamento sia nel corso del giudizio, tutta una serie di valutazione di elementi di fatto dei quali emergono chiaramente l’antieconomicità dell’operazione, l’evidente intento elusivo. Sotto tale profilo appaiono determinanti ai fini del giudizio oltre alla motivazione dell’avviso di accertamento che illustra in maniera esaustiva le ragioni della rettifica, le contestazioni puntuali dell’ufficio alle risposte fornite dalla società nel corso del contraddittorio e riportate nelle controdeduzioni formulate dall’Agenzia delle entrate sia nel giudizio introduttivo che in quello d’appello. Controdeduzione alle quali la parte contribuente non ha replicato in maniera altrettanto puntuale. Per le ragioni esposte, il collegio ritiene di poter trarre la conclusione che nell’insieme di atti ed operazioni economiche poste in essere alla società al fine di perseguire la riorganizzazione aziendale, sono ravvisabili sia l’intento elusivo sia l’abuso del diritto contestati dall’agenzia delle entrate”.

3.5. Non v’e’ chi non veda come tale motivazione rientra agevolmente nello stigma delle sentenze nulle, in quanto la CTR ha del tutto omesso di indicare gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento, ha omesso di procedere alla disamina logica e giuridica degli elementi posti dall’Ufficio a fondamento della pretesa fiscale nonché di quelli contrari addotti dalla contribuente, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

3.6. Ed invero, la Commissione tributaria regionale compie affermazioni sintetiche ed apodittiche (“gli atti difensivi della società riportano affermazioni di mero stile, non suffragate dalla concreta dimostrazione (…) che qualora l’operazione di organizzazione fosse stata eseguita con le modalità indicate dall’amministrazione finanziaria si sarebbe pervenuta al medesimo risultato. L’Agenzia delle entrate ha, invece, fornito tutta una serie di valutazione di elementi di fatto dai quali emerge l’antieconomicità dell’operazione l’intento elusivo”), mancando di indicare le ragioni per cui la condotta fiscale posta in essere dalla contribuente sia qualificabile come abusiva, mancando di evidenziare le risultanze istruttorie provenienti da ambo le parti per dimostrare i fatti in discussione, mancando di esprimere il giudizio valutativo circa la prevalenza delle une rispetto alle altre. In particolare, la CTR ha trascurato integralmente di esaminare, come era invece suo compito, le deduzioni difensive della società contribuente (riportate debitamente in ricorso con specifica localizzazione delle stesse nei gradi di merito), omettendo di chiarire finanche il fulcro del suo assunto e cioè perché l’ipotesi dell’Agenzia delle entrate (fusione tra le due società) avrebbe egualmente assicurato la riorganizzazione aziendale senza determinare l’illecito fiscale invece realizzato dal conferimento di azienda, dal successivo finanziamento alla conferitaria e dalla rinuncia al relativo credito. In proposito, non si può mancare di rimarcare che la tesi secondo cui la società avrebbe dovuto provvedere al ripianamento della perdita utilizzando procedure più lineari (fusione, richiesta del finanziamento ad una banca, copertura della perdita attraverso la riduzione del capitale sociale, etc., v. controricorso pag. 24), evitando di compiere operazioni al carattere elusivo, non risulta chiarita nel suo fondamento e, cioè, nella carenza di interesse economico sotteso all’operazione negoziale intervenuta tra le società e nella realizzazione del solo vantaggio fiscale.

3.7. Ne’ giova il rinvio, per relationem, alla sentenza di prime cure e alle valutazioni fatte dall’Ufficio sulla documentazione probatoria offerta dal contribuente in sede precontenziosa, rinvio che, anzi, aumenta l’inconsistenza motivazionale, essendo principio pacifico che il vizio di omessa o apparente motivazione ricorre anche nel caso in cui il giudice di appello pur manifestando la sua condivisione alla decisione di prime cure, abbia poi mancato di illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame (cfr. Sez. 1, 18/06/2018, n. 16057; Sez. L, 25/10/2018, n. 27112; Sez. 1, 19/06/2019, n. 16504); egualmente, la mera adesione acritica all’atto di accertamento impugnato, senza indicazione, né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto corredata da motivazione solo apparente (cfr., Sez. 5, 14/10/2015, n. 20648; Sez. U., 16/01/2015, n. 642).

4. Che la decisione impugnata abbia una motivazione meramente parvente, si trae anche dai principi enucleati dalla giurisprudenza tributaria di questa Corte sul cd. abuso di diritto, ipotesi configurabile nell’ambito di ogni operazione economica realizzata attraverso l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici posti in essere al solo scopo, elusivo, di realizzare un risparmio di imposta, con la conseguenza che il divieto di siffatte operazioni non opera in presenza di ragioni economicamente apprezzabili che si possano spiegare altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta (cfr., ex plurimis, Sez.U., 23/12/2008,n. 30055;Sez.5,30/11/2012,n. 21390; Sez. 5, 06/03/201 5, n. 4561; Sez. 5, 23/11/2018, n. 30404; Sez. 5, 31/12/2019, n. 34750; Sez. 5, 24/06/2021, n. 18239; Sez. 5, 21/07/2020, n. 15510; Sez. 5, 02/04/2021, n. 9135). In tale prospettiva, si è chiarito che il principio dell’abuso di diritto il cui fondamento si rinviene nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis non sarebbe in contrasto con il principio di riserva di legge, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non si tradurrebbe nella imposizione di ulteriori obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali e comporterebbe l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretende di far discendere dall’operazione elusiva (v. Cass. 19/2/2014, n. 3938).

4.1. Quanto alla prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di distorsione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, dovendo l’Amministrazione dimostrare che la ragione “prevalente” che sorregge la scelta giuridica del contribuente è quella del risparmio fiscale, prova che può esser data mettendo a confronto il comportamento posto in essere con “il comportamento fisiologico aggirato, onde far emergere quella anomala differenza incompatibile con una normale logica economica” (v. Sez. 5, 21/01/2009, n. 1465; id. Sez. 5, 26/02/2014, n. 4603). Il contribuente, per contro, potrà provare la sussistenza di ragioni economicamente apprezzabili, alternative e concorrenti, dotate di ragionevole consistenza, e non meramente marginali rispetto allo schema negoziale adottato. Ciò comporta che spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di spiegare perché lo schema negoziale impiegato dal contribuente abbia carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa (Sez. 5, 30/11/2012, n. 21390; Sez. 5, 20/5/2016, n. 10458), mentre ricade sul contribuente l’onere di provare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti che giustifichino operazioni in quel modo strutturate.

4.2. Dal punto di vista della configurazione formale dell’abuso, si è detto che occorre trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, in quanto il carattere abusivo di una determinata operazione, nel fondarsi normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale (cfr. Sez. U, n. 30055 e 30057 del 2008; CGUE nei casi 3M Italia, Halifax, Part. Service), presuppone quanto meno l’esistenza di un adeguato strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dai contraenti, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito (Sez. 5, 30/11/2012 n. 21390, par.3.2) rispetto al quale indagare se vi sia reale fungibilità con le soluzioni eventualmente prospettate dal fisco (cfr. Sez. 5, 26/02/2014, n. 4604).

4.3. Nell’intento di perseguire la pianificazione fiscale aggressiva, la Commissione Europea ha diramato la raccomandazione 2012/772/UE agli Stati membri di intervenire ogniqualvolta vi sia “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sta stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale” (montages articiels, artificial arrengement, mecanismo artificial, come inteso nelle varie versioni linguistiche), precisando all’uopo che “una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale” (p. 4.4), o più esattamente di “sostanza economica” (p. 4.2), e “consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali”, mentre “una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso” (cfr. Sez. 5, 14/01/2015, n. 438 e Sez. 5, 14/01/2015,n. 43, p.8.3).

4.4. Lo stesso intento lo ha perseguito il legislatore nazionale con la L. 11 marzo 2014, n. 23 che, nel delegare al governo l’attuazione della disciplina dell’abuso del diritto (D.Lgs. 15 agosto 2015, n. 128, recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e c contribuente) in ottemperanza alla raccomandazione 2012/772/UE, sulla pianificazione fiscale aggressiva, ha indicato tra i principi ed i criteri direttivi quelli di “definire la condotta abusiva come un uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio di imposta” (Sez. U. n. 30055 del 2008 e 30057 del 2008; CGUE 3M Italia), di “garantire la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti un diverso carico fiscale” (CGUE Part. Service) di “considerare lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva” (rectius “scopo essenziale”, CGUE Halifax e Part. Service).

4.5. In tale linea interpretativa si pone l’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente che pur non applicandosi, ratione temporis, alla fattispecie in esame (D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1, comma 5), risponde alle esigenze tracciate dalle fonti comunitarie e nazionali, stabilendosi che si è in presenza dell’abuso del diritto allorché “una o più operazioni prive di sostanza economica”, pur rispettando le norme tributarie, realizzano essenzialmente “vantaggi fiscali indebiti” (comma 1), chiarendosi che un’operazione è priva di sostanza economica se “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati”, sono “inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”, precisandosi che sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la “non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato” (comma 2) e ribadendo che, ferma restando la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale (comma 4), non possono considerarsi abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo, che “rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente” (comma 3) (in termini, Sez. 5, 16/3/2016, n. 5155; Sez. 5, 23/11/2018, n. 30404; Sez. 5, 5/12/2019, n. 31772, in motivazione; conf. Cass. n. 438 e 439 del 2015, cit., in motivazione).

4.6. Nel solco dei principi espressi dalla raccomandazione 2012/772/UE ed all’attuazione che di essa ne ha dato il nostro ordinamento come innanzi indicati, questa Corte è giunta, dunque, ad affermare un generale principio antielusivo rinvenibile nella Costituzione e nelle indicazioni della raccomandazione n. 2012/772/UE, configurabile ogni qual volta si sia in presenza di una o più costruzioni di puro artificio che, realizzate al fine di eludere l’imposizione, siano prive di sostanza commerciale ed economica, ma produttive di vantaggi fiscali (cfr., ex plurimis, Sez. 5, 23/11/2018, n. 30404; Sez. 5, 30/12/2019, n. 34595; Sez. 5, 02/03/2020, n. 5644; Sez. 5, 02/02/2021, n. 2224).

5. Il secondo ed il terzo motivo rimangono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

6. Col primo motivo del ricorso n. R.G.11847/15, la società ricorrente denuncia l’inconsistenza motivazionale della sentenza n. 1738/18/14 per gli stessi profili di censura evidenziati col primo motivo del ricorso n. R.G.11273/15: a) “1.2. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha preso atto delle contrastanti deduzioni della società R. – FRANCESCHETTI”; b) “1.3. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omesso esame di un fatto decisivo per sussistenza di motivazione apparente”;

c) “1.4. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e degli artt. 115 e 116 c.p.c. laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha correttamente valutato le prove addotte dalla società contribuente”

d) “1.5. Art. 360, comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto non ha preso atto dell’insussistenza dei presupposti per ritenere elusiva l’operazione posta in essere da R. -Franceschetti”.

6.1. Con il secondo motivo di ricorso – così rubricato: “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 112 c.p.c. laddove la Commissione Tributaria Regionale non ha risposto a tutte le domande formulate da R.- Franceschetti in merito alla erronea mancata applicazione delle garanzie procedimentali previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis” – la società deduce che la CTR ha ignorato che con i propri appelli aveva dedotto l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso per l’anno 2005 e, per l’effetto, anche quello per gli anni 2006 e 2007, per la mancata osservanza delle garanzie procedimentali di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37. Alle pagine 50 e ss. del ricorso riporta i motivi di doglianza formulati nei gradi di appello.

6.3. Col terzo motivo denuncia la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo la “violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 5, art. 6, comma 2, e L. n. 212 del 2000, n. 10 laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto non ha preso atto dell’illegittima irrogazione delle sanzioni”.

7. Il primo motivo di ricorso è fondato. La motivazione della sentenza impugnata, così si esprime: “(…) Per quanto concerne il recupero a tassazione della sopravvenienza attiva pari Euro 527.087,00, contabilizzata dalla società a seguito di un’operazione di organizzazione aziendale, che a giudizio dei verificatori sarebbe stata posta in essere dalla società con finalità elusive, questa Commissione ha osservato che gli atti difensivi della società riportano affermazioni di mero stile non suffragate dalla concreta dimostrazione, anche per assenza della relativa documentazione, che qualora l’operazione di organizzazione aziendale fosse stata eseguita con le modalità indicate dall’amministrazione finanziaria si sarebbe pervenuti al medesimo risultato. L’Agenzia delle entrate ha, invece, fornito sia nella fase della verifica e dell’accertamento, sia nel corso del giudizio, tutta una serie di valutazioni ed elementi di fatto dei quali emergono chiaramente l’antì economicità l’operazione e l’evidente intento elusivo. Sotto tale profilo appaiono determinanti ai fini del giudizio oltre alla motivazione dell’avviso di accertamento che illustra in maniera esaustiva alle ragioni della rettifica, le contestazioni puntuali dell’ufficio alle risposte fornite dalla società nel corso del contraddittorio riportate nelle controdeduzioni formulate dall’Agenzia delle entrate sia nel giudizio introduttivo che in quello di appello. Controdeduzioni alle quali la parte contribuente non ha replicato in alcun modo altrettanto puntuale. Sotto tale profilo già la citata sentenza n. 1631/18/14 giudica determinanti, oltre alla motivazione dell’avviso di accertamento per l’anno 2005 (…) le contestazioni puntuali dell’ufficio alle risposte fornite dalla società nel corso del contraddittorio (…) Tutto ciò premesso, va dato atto all’Agenzia delle entrate che la riduzione della perdita accertata per l’anno 2005, si riverbera anche sui periodi d’imposta 2006 e 2007 pertanto anche per tale annualità vanno confermati recuperi a tassazione”.

7.1. Così come per la sentenza n. 1631/18/14, anche con la sentenza n. 1738/18/14, la CTR ha reso una motivazione meramente parvente senza riuscire a dare spiegazione all’assunto della sussistenza di un comportamento abusivo di R.-Franceschetti s.r.l., per aver ottenuto un vantaggio tributario, per un ammontare di Euro 527.087,00, sotto forma di maggiore perdita (rinuncia al credito scaturente dal finanziamento) utilizzata per abbattere gli utili nei periodi di imposta 2006 e 2007, successivi all’anno della perdita (2005), con impropria applicazione dell’art. 88, comma 4, t.u.i.r. L’inconsistenza motivazionale è ancor più forte se si considera che la Commissione si fa forte del suo precedente pronunciamento riguardante l’accertamento del 2005, dando per presupposto l’abusività del comportamento configurato con la sentenza n. 1631/18/14 della cui inadeguatezza motivazionale per superare il tetto del cd. minimo costituzionale (cfr., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Sez. 6-5, 07/04/2017, n. 9105; Sez. 1, 30/06/2020, n. 13248), si è poc’anzi detto (v. p.p. 3 e ss. e 4 e ss.).

7.2. Come evidenziato nel paragrafo 3.7, il rinvio, per relationem, alla sentenza di prime cure e alle valutazioni fatte dall’Ufficio sulla documentazione probatoria offerta dal contribuente in sede precontenziosa, non sana la nullità della sentenza in quanto la mera adesione acritica alla prima sentenza o all’atto di accertamento impugnato, senza indicazione, né della tesi in esso sostenuta, né delle ragioni di condivisione, non può sostituire le ragioni argomentative, in fatto ed in diritto che il giudice è tenuto a porre a base della sua decisione per evitare una motivazione apparente.

8. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Con esso si denuncia omissione di pronuncia “su motivi di doglianza (dedotti da pagina 61 a pag. 67 di ambedue gli appelli) presentati innanzi al giudice di seconde cure per l’anno di imposta 2006 (i motivi dedotti per l’anno 2007 sono identici) su cui lo stesso non si è pronunciato”. La ricorrente è venuta meno al suo onere di specificazione dei motivi e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, non dimostrando, né localizzando, di aver dedotto in primo grado le contestazioni di cui denuncia l’omessa pronuncia; vieppiù, al paragrafo 9.1. della sentenza impugnata, i giudici di secondo grado hanno affermato che, con riguardo alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., i giudici di primo grado si sono pronunciati su tutte le domande formulate col ricorso introduttivo, essendo, in ogni caso consentito al giudice di appello di supplire, in sede di gravame all’inattività del giudice di prima di istanza.

9. Il terzo motivo, riguardante le sanzioni conseguenti all’elusione, rimane assorbito dal radicale vizio di nullità della sentenza derivante dall’accoglimento del primo mezzo.

10. In conclusione, va accolto il primo motivo dei ricorsi riuniti; si dichiarano assorbiti i motivi secondo e terzo del ricorso n. R.G. 11273/15, inammissibile il secondo motivo del ricorso n. R.G. 12847/15 ed assorbito il terzo motivo del ricorso n. R.G. 12847/15. Le sentenze impugnate devono essere cassate in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Riunisce il ricorso n. R.G. 12847/15, al ricorso n. R.G. 11273/15. Accoglie nei limiti di cui in motivazione i ricorsi riuniti, cassa le sentenze impugnate con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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