Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6392 del 28/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 10/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – M. –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16801/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

T.G., rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Todaro e

Salvatore Catania, con domicilio eletto presso lo studio associato

Catania – Fiannacca – Todaro, sito in Messina, via Capra T. is.

301/bis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sez. dist. di Messina, n. 1505/27/14, depositata il 6

maggio 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 novembre

2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Messina, depositata il 6 maggio 2014, che ha rideterminato i maggiori ricavi non contabilizzati da T.G. per l’anno 1999 in lire 18.872.470, confermando, per il resto, l’avviso di accertamento impugnato;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tale atto l’Ufficio aveva rettificato, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), la dichiarazione del contribuente, esercente attività di costruzione di opere idrauliche, contestando una pluralità di violazione tributarie;

– il giudice di appello ha rilevato che i movimenti bancari di cui il contribuente non aveva offerto giustificazione – e, in quanto tali, da considerare ricavi non dichiarati – ammontavano a lire 18.872.470, pari all’importo indicati dall’Amministrazione finanziaria nel procedimento di accertamento con adesione non andato a buon fine, escludendo, invece, il diritto alla deduzione dei costi in proporzione ai maggiori ricavi accertati;

– il ricorso è affidato a quattro motivi;

– resiste con controricorso T.G..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e art. 2728 c.c., per aver la sentenza impugnata ritenuto che la presunzione circa la natura di ricavi sia dei prelevamenti sia dei versamenti su conto corrente fosse stata superata, benché il contribuente avesse omesso di giustificare le movimentazioni bancarie su cui si fondava l’accertamento;

– il motivo è inammissibile;

– la doglianza poggia sull’assunto che il contribuente non abbia offerto la prova che i versamenti sono stati registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili;

– tale assunto è del tutto indimostrato e, anzi, riceve smentita dalla sentenza di appello, la quale sostiene che il contribuente abbia assolto un siffatto onere probatorio, facendo rinvio alle risultanze del verbale sottoscritto da entrambe le parti in seno al procedimento di accertamento con adesione, in cui, preso atto della documentazione contabile relative alle operazioni contestate, è stato ritenuto che alcune di esse fossero giustificate;

– orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);

– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. da 5 a 9, per aver la Commissione regionale attribuito rilevanza al verbale di contraddittorio reso in seno al procedimento di accertamento con adesione, benché quest’ultimo non si fosse perfezionato;

– sostiene, sul punto, che tale verbale sarebbe privo di rilevanza al di fuori del procedimento nell’ambito del quale era stato sottoscritto;

– con il terzo motivo si duole, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, della violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la sentenza attribuito rilevanza al verbale sottoscritto in seno al procedimento di accertamento per adesione, benché non seguito da alcuna definizione accettata dal contribuente;

– con l’ultimo motivo lamenta l’omessa motivazione su un punto decisivo e controverso del giudizio, individuato nel mancato perfezionamento del procedimento di accertamento con adesione per mancata accettazione da parte del contribuente;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono, il primo, infondato e, gli altri due, inammissibili;

– il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate; – pertanto, la Commissione regionale, nel trarre da esso elementi utili ai fini della valutazione della fondatezza dell’allegazione del contribuente in ordine alla giustificatezza di alcune delle movimentazioni in contestazione, non è incorsa nella prospettata violazione di legge, avendo esercitato il suo potere-dovere di valutare una prova secondo il suo prudente apprezzamento;

– inammissibili, per difetto di rilevanza, sono le ulteriori doglianze, in quanto muovono dall’erroneo presupposto della inutilizzabilità nel giudizio tributario del verbale redatto in seno al procedimento di accertamento per adesione a causa del mancato perfezionamento dello stesso;

– per le suesposte considerazioni, dunque, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022

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