Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6392 del 16/03/2010
Cassazione civile sez. II, 16/03/2010, (ud. 26/10/2009, dep. 16/03/2010), n.6392
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 9082/2007 proposto da:
D.D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI
RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato BASILI IVO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BASILI FABIO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.P., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI
10, presso lo studio dell’avvocato LUDOVISI FABIO, che la
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5279/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
26/05/06, depositata il 30/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;
udito l’Avvocato Ludovisi Fabio, difensore della controricorrente che
si riporta ai motivi scritti concordanti alla relazione;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che
concorda con la relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Parte ricorrente, D.D.L., impugna la sentenza della Corte di appello di Roma n. 5279 del 2006 depositata 30 novembre 2006, che rigettava la sua impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Viterbo n. 67 del 2002, che a sua volta aveva rigettato le sue domande proposte nei confronti dell’odierna intimata. Si trattava di domanda di accertamento di inadempimento a preliminare di vendita e condanna al pagamento del doppio della caparra confirmatoria.
Parte ricorrente articola due motivi di ricorso.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il consigliere relatore delegato ha depositato relazione con la quale ritiene che il ricorso possa essere dichiarato inammissibile per carenza dei requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c.. La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
La Corte condivide le conclusioni della Procura Generale e l’avviso del consigliere relatore che ha osservato quanto segue.
“Il ricorso, quanto alla formulazione dei quesiti, non appare rispondente alle prescrizioni contenute nell’art. 366 bis c.p.c..
Infatti, il ricorso, tenuto conto delle sopra indicate date di pronunzia e pubblicazione della sentenza impugnata, è soggetto ratione temporis (vedi D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) alle nuove disposizioni regolanti il processo di cassazione, tra cui segnatamente per quel che rileva, l’art. 366 bis c.p.c., (inserito dall’art. 6 del citato decreto legislativo) a termini del quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto” e nel caso di cui al 5 con la chiara indicazione del fatto controverso.
L’impugnazione in esame, pur deducendo nei motivi cui è affidata, violazione e falsa applicazione di norme processuali e sostanziali non contiene la formulazione di alcun quesito di diritto, che deve essere esplicita, non potendosi essa ricavare dal contesto del mezzo di impugnazione (Cass. SU 2007 n. 7258).
Altrettanto è da dirsi per le censure sollevate con riferimento a vizi di motivazione, che non appaiono correttamente formulate, atteso che la loro esposizione non si conclude con un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inammissibilità, in conformità con l’orientamento espresso di recente dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 20603 del 2007”.
Con la memoria tempestivamente depositata, la ricorrente invoca, da un lato, una interpretazione meno rigorosa della norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., posto che quest’ultima è stata successivamente abrogata proprio in ragione del suo ritenuto formalismo. Osserva, poi, dall’altro, che i motivi formulati sarebbero conformi alla norma. La prima osservazione appare all’evidenza inconferente, mentre la seconda non appare fondata, posto che, malgrado l’ampia esposizione di richiami giurisprudenziali, i motivi in questione non rispondono, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, ai requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., per quanto già succintamente indicato dal consigliere relatore. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 2.500,00 Euro per onorari e 200,00 per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2010