Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6392 del 09/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 09/03/2021), n.6392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10569-2020 proposto da:

M.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CLEMENTINA DI ROSA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 2399/2020 del TRIBUNALE di NAPOLI,

depositato il 17/3/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/1/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto del 17 marzo 2020 il Tribunale di Napoli rigettava il ricorso proposto da M.K., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

in particolare il Tribunale, preso atto del racconto del migrante (il quale aveva dichiarato di essere espatriato per recarsi in Libia a lavorare, dopo che era terminato il denaro che era stato ricavato dal padre, ammalato e incapace di lavorare, dalla vendita del terreno di famiglia), riteneva che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento del diritto al rifugio e della protezione sussidiaria richiesti, anche in considerazione del fatto che, stando alle fonti internazionali, in Bangladesh non esisteva una condizione di violenza indiscriminata;

il Tribunale, infine, reputava di non concedere neppure la protezione umanitaria richiesta, in considerazione del fatto che il migrante non aveva alcun problema di salute nè legami familiari in Italia e neppure aveva rappresentato alcun fatto concreto ricollegato alla peculiare condizione climatica del paese di origine che interessasse sè stesso e la sua famiglia;

rimaneva di conseguenza di nessun rilievo la condizione di occupazione lavorativa conseguita dall’istante;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso M.K. prospettando quattro motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al solo fine di prendere parte all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14 e delle norme in materia di status di rifugiato e protezione sussidiaria, poichè la statuizione che ha escluso il riconoscimento delle diverse forme di protezione richieste non avrebbe tenuto nel debito conto la vicenda persecutoria dettagliatamente narrata in sede di audizione e l’attuale peggioramento del quadro socio-politico del paese di origine;

3.2 il secondo mezzo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè la decisione che ha negato il permesso di soggiorno per motivi umanitari non avrebbe adeguatamente apprezzato la condizione di peculiare vulnerabilità oggettiva e soggettiva del richiedente asilo, omettendo di dare rilievo alla sua giovane età, all’assenza di legami sociali attuali e alle molteplici criticità del paese di origine in termini di violenza, insicurezza sociale e violazione dei diritti umani;

3.3 il terzo motivo di ricorso si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1-bis, in quanto il Tribunale avrebbe svolto il proprio compito di cooperazione istruttoria in maniera superficiale e inadeguata, tralasciando il dovuto approfondimento della specifica vicenda personale del ricorrente nonchè dell’attuale situazione socio-politica del paese di origine e di quelli di transito;

3.4 il quarto motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione fra le parti, costituiti dagli ulteriori motivi di vulnerabilità oggettiva e soggettiva forniti dal richiedente asilo (calamità naturali del paese di origine, violenze subite, assenza di legami sociali con il paese di origine, clima di diffusa insicurezza nella regione di provenienza e integrazione socio-culturale sul territorio italiano);

4. i motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili, in ragione della loro totale genericità;

essi infatti si sostanziano in una serie di deduzioni astratte e di principio, che non si confrontano in alcun modo con lo specifico contenuto della motivazione offerta all’interno del provvedimento impugnato (al cui interno è già stato spiegato come il richiamo stereotipato alle diverse problematiche che affliggono il Bangladesh non offriva il minimo apprezzabile supporto a una qualunque possibilità di ricollegare la persona del richiedente asilo alle svariate ed eterogenee problematiche affliggenti quel paese);

e così la critica al mancato riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria non considera gli argomenti offerti per spiegare che il racconto, nei suoi termini originari, seppur credibile, non integrava alcuna vicenda persecutoria nè il pericolo di un danno grave;

del pari le censure mosse all’inidoneo svolgimento del compito di cooperazione istruttoria non tengono conto dell’analisi delle fonti internazionali espressamente indicate dal giudice di merito, così come non prendono in esame gli argomenti addotti dal Tribunale per negare la protezione umanitaria, stante l’assenza di peculiari profili di vulnerabilità che consentissero di valorizzare la condizione di occupazione del migrante;

una simile, totale, genericità compromette l’ammissibilità dell’impugnazione;

in vero, il ricorso per cassazione deve necessariamente contenere motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007);

la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della decisione impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (cfr. Cass. 20910/2017);

5. per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2021

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