Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6390 del 28/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 28/02/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 28/02/2022), n.6390
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29492/2015 R.G. proposto da:
S.M., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Alabiso, con
domicilio eletto presso il suo studio, sito in Viterbo, via
Pacinotti, 5;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,
n. 2764/37//15, depositata il 18 maggio 2015.
Udita la relazione svolta all’udienza del 9 novembre 2021, tenutasi
nelle forme previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23,
comma 8 bis, conv., con modif., nella L. 18 dicembre 2020, n. 176,
dal Consigliere Paolo Catallozzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Cardino Alberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. S.M. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 18 maggio 2015, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto i ricorsi per l’annullamento degli avvisi di accertamento con cui erano state rettificate le dichiarazioni rese per gli anni 2007 e 2008 e recuperate le maggiori imposte non versate.
Dall’esame della sentenza impugnata si evince che con gli atti impositivi l’Ufficio aveva contestato l’omesso versamento dell’i.v.a., in relazione a cessioni di beni indicate in fatture prive dell’applicazione dell’imposta, in quanto erroneamente assoggettate al regime del reverse charge.
1.1. Il giudice di appello ha respinto l’appello del contribuente evidenziando che non vi era prova della sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, invocato art. 17, per l’assolvimento dell’i.v.a. mediante il meccanismo del reverse charge e, in particolare, del fatto che le prestazioni fatturate fossero state rese da un subappaltatore nei confronti di un’impresa edile che operava a sua volta come appaltatore principale o subappaltatore.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
4. Con atto del 6 ottobre 2016 il ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre rilevare che la rinuncia al ricorso per cassazione effettuata dal ricorrente con la richiamata dichiarazione scritta notificata alla controparte determina l’estinzione del giudizio.
2. In assenza di accettazione non ricorre la condizione di legge di cui all’art. 391 c.p.c., comma 4, che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante (cfr., sul punto, Cass., ord., 22 maggio 2020, n. 9474), per cui compete a questa Corte apprezzare l’esistenza di ragioni atte a determinare il superamento della regola secondo la quale, in base al principio di causalità, tali spese devono far carico alla parte che ha dapprima introdotto il giudizio per cassazione e poi determinato, con la rinuncia, la sua estinzione (cfr. Cass., ord., 22 maggio 2020, n. 9474; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971).
Nel caso in esame, stante la mancata esplicitazione dei motivi che hanno indotto la parte a rinunciare al ricorso, si impone la necessità di apprestare tutela dell’interesse della parte non rinunciante a ottenere il rimborso dei costi processuali affrontati per resistere al ricorso.
Pertanto, la ricorrente va condannata alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio che si liquidano come in dispositivo.
3. In presenza di una causa sopravvenuta di estinzione non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (cfr. Cass. 12 ottobre 2018, n. 25485; Cass., ord., n. 14782/18).
P.Q.M.
La Corte dichiara il giudizio estinto; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2022