Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 639 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11107-2015 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del

Presidente del Consiglio dei Ministri, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

R.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANTA MARIA

MAGGIORE 112, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ROSSI, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 626/20’14 del TRIBUNALE di ROMA, emessa il

03/01/2014 e depositata il 13/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato Aldo Di Lauro (delega Avvocato Roberto Rossi), per

la ricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 13 gennaio 2014, in parziale accoglimento della domanda di R.P., condannò la Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 33.570, oltre interessi e maggior danno, con compensazione delle spese di lite, in relazione alla mancata retribuzione del corso di specializzazione in medicina interna svolto negli anni dal 1986/1987 al 1990/1991.

2. La sentenza è stata appellata dall’amministrazione soccombente e la Corte d’appello di Roma, con ordinanza del 19 febbraio 2015, emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., ha dichiarato l’appello inammissibile, in quanto privo di ragionevoli probabilità di essere accolto.

3. Contro la sentenza del Tribunale ricorrono le amministrazioni indicate in epigrafe, con un unico atto affidato ad un solo motivo. Resiste R.P. con controricorso.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione delle norme in tema di prescrizione, rilevando che il Tribunale avrebbe erroneamente riconosciuto validità, ai fini dell’interruzione della prescrizione, alle diffide inoltrate dalla R. all’Università degli studi di Roma, al Ministero della pubblica istruzione ed al Ministero dell’economia.

5.1. Il motivo nono fondato.

Già in passato questa Corte ha affermato che, con riguardo alla responsabilità extracontrattuale da fatto illecito del suo dipendente, lo Stato si presenta quale persona giuridica unica e direttamente obbligata in relazione al rapporto organico o di immedesimazione, che lega allo Stato le persone fisiche agenti. Ne consegue che gli atti internativi della prescrizione del diritto al risarcimento sono validi ed efficaci anche se posti in essere nei confronti di un Ministro diverso da quello al vertice della branca o settore amministrativo da cui l’autore dell’illecito dipende gerarchicamente (così la sentenza 7 gennaio 1988, n. 2).

Più di recente, nell’ambito del vastissimo contenzioso avente ad oggetto la stessa materia di cui al ricorso odierno (rimborso dei corsi di specializzazione frequentati da medici, sulla base delle direttive dell’Unione europea), questa Corte ha affermato, con giurisprudenza ormai pacifica, che in un caso come quello odierno l’azione deve essere diretta contro il Presidente del Consiglio dei ministri, ma che aver chiamato in causa un singolo Ministero non implica l’evocazione di soggetti distinti, “essendo essi articolazioni dell’istituzione “Governo”” (così, tra le più recenti, le sentenze 26 giugno 2013, n. 16104, 14 febbraio 2014, n. 3442, e 25 marzo 2015, n. 6029).

Ne consegue che correttamente il Tribunale ha ritenuto validamente interrotta la prescrizione ancorchè gli atti interruttivi non fossero stati indirizzati verso il Presidente del Consiglio dei ministri ma verso singoli Ministeri.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dell’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Pur sussistendo le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non va tuttavia disposto il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, trattandosi di parte pubblica esente per legge.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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