Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6388 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 25/02/2022), n.6388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

R.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa

in foglio congiunto al ricorso, dall’Avv. Isabella Secci, del Foro

di Torino, che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del difensore, al corso Siracusa n. 3

in Torino;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi, n. 12, in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1445, pronunciata dalla Commissione tributaria

regionale della Liguria il 9.3.2015, e pubblicata il 15.12.2015;

ascoltata, in Camera di consiglio, la relazione svolta dal

consigliere Paolo Di Marzio.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifiche effettuate dalla Guardia di finanza, cui era seguita la redazione e regolare notifica di Processo verbale di costatazione, l’Agenzia delle entrate notificava il 28.12.2011 (ric., p. 15, sent. Ctr., p. 1) a R.G., nella qualità di liquidatore e socio della Nuova Lamplast Srl, i separati avvisi di accertamento, tutti aventi ad oggetto Ires, Irap ed Iva, n. (OMISSIS) relativo all’anno 2005, n. (OMISSIS) relativo all’anno 2006, n. (OMISSIS) relativo all’anno 2007, e n. (OMISSIS) relativo all’anno 2008. Gli avvisi di accertamento dipendevano dall’omesso pagamento dei tributi da parte della società, estinta a seguito di cancellazione volontaria il (OMISSIS), oltre sanzioni ed accessori.

2. Il contribuente impugnava gli atti impositivi innanzi alla Commissione tributaria provinciale di La Spezia, e contestava: l’intervenuta decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa tributaria; il difetto di istituzione del contraddittorio preliminare; l’inefficacia degli atti in quanto notificati in relazione a società ormai estinta; la non esigibilità dell’eventuale credito fiscale, in quanto attinente a pretese tributarie definitivamente accertate solo dopo la fase liquidatoria della società ed a seguito della sua ufficiale estinzione. La Ctp riteneva infondate le censure proposte dal ricorrente, e confermava la piena validità ed efficacia degli avvisi di accertamento.

3. Il contribuente impugnava la sentenza sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria, e rinnovava le proprie critiche, aggiungendo la contestazione che l’avviso di accertamento doveva ritenersi inesistente perché privo di sottoscrizione. La Ctr rigettava l’impugnativa, e confermava la pronuncia adottata dai giudici di primo grado.

4. Avverso la decisione assunta dalla Ctr di Genova ha proposto ricorso per cassazione R.G., affidandosi a tre strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria. Il ricorrente ha pure depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente contesta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, e art. 61, comma 2, per avere il giudice dell’appello ritenuto nullo, e non inesistente, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo all’anno 2005 (ric., p. 13) benché privo di sottoscrizione, con la conseguenza di aver erroneamente affermato la tardività delle censure proposte in merito dal ricorrente, perché introdotte per la prima volta nel secondo grado del giudizio.

2. Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, R.G. critica l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non essersi la Ctr pronunciata circa il fatto che “la notifica dell’avviso di accertamento sia intervenuta posteriormente alla cancellazione della società, quando ovviamente il R. non era più liquidatore” (ric., p. 15).

3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente censura la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, per avere il giudice dell’appello ritenuto applicabile la disposizione sebbene in contrasto con le previsioni di cui all’art. 2495 c.c., nella precedente formulazione, vigente ratione temporis.

4. Mediante il suo primo mezzo di impugnazione il contribuente lamenta che deve ritenersi inesistente l’avviso di accertamento privo di sottoscrizione, con la conseguenza che, vertendosi in materia di questione rilevabile anche di ufficio, risulta errata la decisione della Ctr, la quale ha ritenuto di non esaminare nel merito la problematica, perché si tratterebbe di una censura di nullità introdotta tardivamente, in quanto proposta dal ricorrente per la prima volta in grado di appello.

La questione proposta dal ricorrente appare infondata.

4.1. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire, in generale, che “l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo”, Cass. sez. L, 10.6.2009, n. 13375.

In ordine alla specifica questione relativa ai possibili vizi dell’avviso di accertamento, poi, è invero lo stesso legislatore ad aver previsto, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, che “l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo” (evidenza aggiunta). Il vizio di mancata sottoscrizione dell’avviso di accertamento pertanto, per espressa previsione legislativa, si risolve in un vizio di nullità dell’atto, e non di inesistenza.

Come correttamente segnalato già dalla Ctr, poi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 61, comma 2, “la nullità dell’accertamento ai sensi dell’art. 42 , comma 3, e dell’art. 43, comma 3, e in genere per difetto di motivazione, deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado”. In claris non fit interpretatio.

4.2. Il vizio di omessa sottoscrizione dell’atto impositivo può quindi essere rilevato esclusivamente ad istanza di parte, ed il contribuente, che ha sollevato la questione soltanto nel secondo grado del giudizio, era effettivamente decaduto dal potere di proporre la censura, come correttamente valutato dal giudice dell’appello. Solo per completezza, pertanto, si osserva che, nel caso di specie, nessun dubbio è stato sollevato in ordine alla provenienza dell’atto dall’Amministrazione finanziaria.

Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato e deve essere rigettato.

5. Il contribuente contesta, affermando la ricorrenza di un vizio di motivazione, mediante il suo secondo motivo di ricorso, e la violazione di legge, mediante il terzo strumento di impugnazione, che la Ctr non si è pronunciata, e comunque è incorsa in errore sull’interpretazione del diritto applicabile, in merito alla circostanza che la notifica dell’avviso di accertamento è stata effettuata nei confronti di R.G., ma la stessa è intervenuta posteriormente alla cancellazione della società, quando il R. non era più il liquidatore. I motivi di ricorso presentano ragioni di connessione, e possono quindi essere trattati congiuntamente per rispondere ad esigenze di chiarezza espositiva. Correttamente, osserva nel suo controricorso la difesa dell’Amministrazione finanziaria, la critica proposta dal ricorrente con il secondo motivo, se da intendersi effettivamente come la contestazione di un vizio di motivazione, risulta inammissibile, violando la previsione di non contestabilità di tale vizio in caso di c.d. doppia pronuncia conforme da parte dei giudici del merito, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5. Nel caso di specie, peraltro, la censura può tuttavia intendersi come critica di una omessa pronuncia su una domanda da parte del giudice dell’appello, come invocato anche dal ricorrente nella sua memoria (mem. ric., p. 3) ed in tal senso il motivo di ricorso risulta ammissibile.

5.1. Invero la Ctr si è specificamente pronunciata sul punto, ed ha condivisibilmente rilevato che R.G. “ha ricoperto la carica di socio, amministratore e legale rappresentante della Srl Lamplast dalla data della costituzione della società ((OMISSIS)) fino alla messa in liquidazione volontaria della stessa ((OMISSIS)), nonché di liquidatore dalla data del (OMISSIS) alla cancellazione dal registro delle imprese ((OMISSIS)). Lo stesso era pertanto perfettamente a conoscenza della mancata osservanza degli obblighi tributari della società che, come risulta dal PVC della Guardia di Finanza notificato in data 9 marzo 2010, anteriore alla cancellazione dal Registro delle imprese, per gli anni 2005-2008, non aveva presentato alcuna dichiarazione modello unico, né alcuna comunicazione dei dati Iva. Inoltre aveva omesso l’annotazione nei registri Iva di parte delle fatture passive ed attive e per il 2008 aveva omesso la istituzione e tenuta dei libri e registri obbligatori… e ciò nonostante ha liquidato tutto l’attivo risultante dal bilancio finale di Euro 875.854,81 al 31.12.2007, rimborsando finanziamenti dei soci (compreso se stesso) di Euro 272.500,00 e pagando debiti sociali favorendo altri creditori e lasciando inappagati i crediti del fisco”. La Ctr non ha quindi mancato di evidenziare che R.G., in quanto liquidatore della società estinta, doveva rispondere dei debiti sociali nei confronti del fisco, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36, laddove dispone, al comma 1, che: “I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”. La Ctr, pertanto, non solo non ha omesso di pronunciare in materia, ma vi ha proceduto con esaustiva analisi delle circostanze del caso concreto nonché della normativa applicabile, la sua valutazione non merita censure e deve essere confermata.

5.2. Nella prospettazione del contribuente la valutazione sarebbe comunque errata, perché non tiene conto che, ai sensi dell’art. 2456 c.c., nella formula applicabile ratione temporis, “qualora… l’accertamento avvenga a cancellazione avvenuta l’unica responsabilità residua sarà quella che si determina in capo ai Soci” (ric., p. 17). Questa interpretazione non può condividersi, perché trascura completamente l’operatività, nella specifica materia tributaria, della legislazione speciale che si è riportata, la quale prevede espressamente la responsabilità propria del liquidatore della società nel caso in cui non siano soddisfatti i debiti tributari, rimanendo a tal fine ininfluente quando sia stato notificato l’accertamento tributario, se prima o dopo la chiusura della liquidazione e l’estinzione della società.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, pertanto, risultano comunque infondati, e non possono che essere rigettati.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

4. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia. Risulta dovuto anche il pagamento, da parte del contribuente, del c.d. doppio contributo.

PQM

rigetta il ricorso proposto da R.G., che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita Agenzia delle entrate, e le liquida in complessivi Euro 5.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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