Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6387 del 13/03/2017

Cassazione civile, sez. I, 13/03/2017, (ud. 12/01/2017, dep.13/03/2017),  n. 6387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANIELLO Roberto – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4632/2012 proposto da:

B.C.T. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in Roma, Piazzale delle Belle Arti n.8, presso l’avvocato Pellicanò

Antonino, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. – Agenzia per le Erogazioni In Agricoltura;

– intimata –

e contro

A.G.E.A. – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma Via dei

Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 14981/2011 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 12/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2017 dal cons. MARULLI MARCO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato PELLICANO’ ANTONINO che si

riporta ed insiste sull’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

ALBERTO che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione ritualmente notificato B.C.T. conveniva avanti al giudice di pace di Roma l’AGEA, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, onde sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 359,24 da questa non corrisposta a saldo degli importi dovuti a titolo di aiuto alla produzione dell’olio di oliva per la campagna olearia 2003/2004. Respinta la domanda in primo grado, il B. impugnava il pronunciato rigetto avanti al locale Tribunale, che, con sentenza 14981/11 del 12.7.2011, accoglieva il gravame e disponeva l’integrale compensazione delle spese. Era nell’occasione opinione del giudice d’appello che la proposta domanda dovesse trovare accoglimento in ragione dell’assorbente considerazione secondo cui, sebbene il ricusato pagamento fosse giustificato a titolo di compensazione rispetto alle maggiori somme erogate negli anni antecedenti, nella specie non potevano, tuttavia, giudicarsi legittime le modalità di recupero adottate dall’AGEA, avendo l’Agenzia “proceduto a decurtare indiscriminatamente gli importi dovuti a ciascun produttore a titolo di aiuto alla produzione 1…1 in base ad un criterio contabile di riduzione proporzionale dell’aiuto riconosciuto che ha interessato sia i produttori, la cui produzione era stata considerata ai fini della quantificazione della produzione effettiva (…) che i produttori non considerati ai fini della quantificazione della produzione effettiva per essere i loro quantitativi rimasti ancora da controllare alla scadenza dei termini ultimi per le comunicazioni”.

Pur perciò accogliendo l’appello il giudicante aveva poi ritenuto di compensare le spese di lite, attesa l’effettiva “incertezza” della stessa e “la novità delle questioni trattate”.

Ricorrono ora a questa Corte il B., con ricorso in via principale fondato su due motivi, e l’AGEA, che replica con controricorso e ricorso incidentale sulla base di tre motivi.

Il B. ha altresì depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo ed il secondo motivo del ricorso principale il B. si duole per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, della violazione, nell’ordine, dell’art. 111 Cost. e art. 91 c.p.c., art. 92 c.p.c., comma 2 e art. 93 cod. proc. civ. attesa la totale insussistenza di motivazione in ordine alla statuizione con la quale il Tribunale di Roma ha deciso la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio “nonostante l’esito vittorioso della lite per il produttore appellante” (primo motivo) e malgrado l’art. 92 “richieda espressamente la motivazione delle ragioni per le quali viene disposta la compensazione” (secondo motivo).

1.2. Entrambi i motivi sono infondati.

1.3. Insussistente è per vero la lamentata violazione del principio di soccombenza che il ricorrente deduce con il primo motivo, in quanto la disposizione recata dall’art. 91 c.p.c., comma 1, giusta la quale “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte”, costituisce, secondo l’insegnamento di questa Corte “un’applicazione del principio di causalità, che vuole non esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo” (Cass., Sez. 6-L, 30/03/2011, n. 7303; Cass., Sez. L, 27/09/2004, n. 19343; Cass., Sez. L, 16/05/2003, n. 7716), di talchè, essendo detta regola posta a presidio del principio secondo cui “la parte totalmente vittoriosa non può essere condannata neppure parzialmente al pagamento delle spese di giudizio” (Cass., Sez. 2, 13/02/2006, n. 3803), il sindacato esperibile in sede di legittimità è volto unicamente ad accertare che non risulti violato questo principio ed esula quindi da esso, rientrando per contro “nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite” (Cass., Sez. 5, 6/10/2011, n. 20457), e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altre giusti motivi che il giudice di merito ha l’obbligo di indicare esplicitamente in motivazione.

1.4. Obbligo a cui il decidente di seconde cure si qui è puntualmente attenuto – e ciò a confutazione del secondo motivo di ricorso – appellandosi alla “novità delle questioni trattate”, con ciò intendendo assolvere l’obbligo motivazionale di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, richiamando implicitamente la motivazione esibita per la decisione di merito, rispetto alla quale, essendo risultato vittorioso, il ricorrente non accampa ovviamente alcuna ragione di lagnanza motivazionale.

2.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale l’AGEA censura l’impugnata decisione deducendone a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità per violazione dell’art. 113 cod. proc. civ., atteso che nella propria comparsa di costituzione avanti al giudice d’appello essa Agenzia aveva eccepito l’inammissibilità del gravame, posto che oggetto di esso, avuto riguardo al valore della lite, “è una sentenza resa secondo equità”, sicchè si rende in tal modo applicabile la preclusione dell’art. 339 c.p.c., comma 3, vero che nell’atto di appello l’impugnante non aveva censurato alcuna violazione di norme costituzionali o processuali.

2.2. Il motivo è infondato.

Non è invero revocabile in dubbio, alla stregua del positivo dettato dell’art. 339 c.p.c., comma 3, nel testo risultante dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 1, – che ha inteso recepire le indicazioni di Corte cost., sent. n. 204 del 2004 – secondo cui “le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’art. 113, comma 2, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei princìpi regolatori della materia” – e come del resto questa Corte ha già incidentalmente statuito in relazione ad una vicenda non diversa da quella qui in esame (cfr. Cass., Sez. 1, 27/02/2014, n. 4763) – che, venendo qui in discussione le modalità con cui l’AGEA, a fronte dei provvedimenti adottati dalle Autorità comunitarie di riduzione dei finanziamenti concessi all’Italia a beneficio dei produttori olivicoli ai sensi dei Reg. 136/66 e 2261/84, aveva dato corso alle procedure di recupero degli aiuti erogati in eccesso rispetto al QNMG, la materia del contendere afferendo alla violazione di norme comunitarie ricada a pieno titolo nell’ambito previsionale del citato art. 339 cod. proc. civ. onde risultando perciò la sentenza, pur pronunciata dal giudice di pace secondo equità, pienamente appellabile, rettamente il giudice di secondo grado si è astenuto dal rilevare la preclusione oggi nuovamente eccepita dall’avvocatura erariale.

3.1. Con il secondo ed il terzo motivo del proprio ricorso l’AGEA censura il deliberato d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 Reg CE 136/66, in quanto, rispetto alla statuizione adottata dal decidente, l’interpretazione erariale della norma, intesa ad un recupero pro quota dei contributi erogati indebitamente “è sicuramente più conforme alla normativa comunitaria” e raggiunge lo scopo di riequilibrare la situazione di fatto alterata dall’errore procedurale (secondo motivo); ed ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ragione della contraddittorietà in cui sarebbe incorso il decidente “nell’affermare una distinzione netta tra aiuti legittimi ed aiuti illegittimi” ed in pari tempo affermare “l’esigenza di un criterio certo per la riduzione proporzionale degli aiuti pro quota”.

3.2. Anche i rassegnati motivi di ricorso si rivelano infondati.

3.3. Come ha rilevato il Tribunale, l’AGEA ha nella specie proceduto ad un riallineamento della produzione italiana determinata a livello comunitario a quella complessivamente ammessa al beneficio adottando un criterio contabile di riduzione proporzionale dell’aiuto riconosciuto che ha interessato sia i produttori la cui produzione era stata considerata ai fini della quantificazione della produzione effettiva, ed in quanto tale debitamente controllata e comunicata all’Autorità comunitaria al momento della fissazione dell’aiuto, che i produttori non considerati ai fini della quantificazione della produzione effettiva non essendo stati i quantitativi da essi prodotti fatti oggetto del controllo alla scadenza dei termini previsti per la comunicazione, operando tanto nei confronti degli uni quanto nei confronti degli altri ad una riduzione proporzionale e quindi ad un recupero pro quota degli aiuti erogati successivamente. Ancorchè possa credersi che nell’agire in questo modo l’Agenzia sia stata animata da intenti senz’altro commendevoli – come essa adduce allegando che il criterio adottato soddisfa le finalità perseguite dalla normativa di aiuto intesa a migliorare la condizione reddituale dei produttori olivicoli – non crede tuttavia il collegio che le ragioni di equità, qui invocate a temperamento di una discrezionalità altrimenti senza vincoli, si sposino pure con quelle della giustizia. Ed invero una riduzione generalizzata delle contribuzioni, come quella attuata nello specifico dall’Agenzia, avrebbe potuto trovare giustificazione solo se la produzione effettiva controllata avesse superato il QNMG; solo in tal caso infatti l’Agenzia, verificandosi uno splafonamento rispetto ai quantitativi di prodotto massimamente beneficiali effettivamente accertati, sarebbe stata legittimata ad estendere l’azione di recupero anche ai produttori i cui quantitativi erano già stati accertati e che legittimamente erano stati perciò ammessi a godere della provvidenza. Ma poichè di ciò l’Agenzia non ha offerto nessuna prova, l’errore da essa compiuto nel non provvedere a controllare e a comunicare per tempo tutte le domande pervenute non può risolversi in danno di quei produttori i cui quantitativi, come nel caso del B., erano stati controllati e che in ragione vantavano un pieno diritto all’erogazione dell’aiuto.

Non è perciò minimamente censurabile la conclusione a cui è giunto il giudice d’appello nello stigmatizzare l’ingiusto operato dell’AGEA.

3.4. La decisione impugnata non è peraltro censurabile neppure sotto il denunciato profilo motivazionale, poichè, una volta ricordato che “il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice” (Cass., Sez. U., 22/10/2010, n. 25984), la contraddizione eccepita è del tutto inesistente, giacchè, lungi dal compromettere l’intelligibilità del percorso decisionale, le proposizione asseritamente in conflitto danno vita ad un discorso pienamente coerente dove la distinzione tra aiuti legittimi ed illegittimi è la premessa logica che consente poi al Tribunale di rivendicare l’adozione di un criterio di riduzione delle quote certo e controllabile rispettoso tuttavia di tale realtà.

Dunque, anche sotto questo aspetto la decisione impugnata si rivela immune da censure.

4. I ricorsi di entrambe le parti vanno dunque respinti.

5. Le spese in ragione di ciò possono essere compensate per un terzo ponendo la differenza a carico dell’AGEA.

PQM

respinge i ricorsi di entrambe le parti, compensa le spese del giudizio di legittimità in ragione di un terzo e pone a carico della parte ricorrente incidentale la differenza che liquida in Euro 900,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1 sezione civile, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2017

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