Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6382 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/02/2022, (ud. 09/02/2022, dep. 25/02/2022), n.6382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Presidente –

Dott. SORRENTINO Federico – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 17355/2015, proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ALMAVIVA CONTACT S.P.A., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, giusta mandato a margine del ricorso,

dall’avv.to Emanuele Coglitore e dall’avv.to Mariagrazia Bruzzone,

presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via

F. Confalonieri, n. 5.

– controricorrente – ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 38/28/15 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata in data 9/01/2015, non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

camera di consiglio del 9 febbraio 2022.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con scrittura del 12 luglio 2004, la società Atesia, poi incorporata dalla Almaviva Contact s.p.a., cedeva alla Telecontact Center s.p.a., il ramo di azienda inerente all’attività di cali center del servizio “187” di Telecom Italia per il prezzo di Euro 760.000,00, con un valore di avviamento di Euro 222.500,00.

2. Ai fini dell’imposta di registro, con avviso di rettifica e liquidazione, l’Agenzia delle entrate rettificava il valore dichiarato dell’avviamento elevandolo ad Euro 23.313.679, avviso che veniva impugnato dalla società e che originava altro ricorso per cassazione – distinto dal presente giudizio – recante il numero di RG 21017/12.

3. Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia delle entrate notificava avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione la plusvalenza derivante dalla cessione del ramo di azienda, calcolata in Euro 4.663.359,00; all’uopo, l’Ufficio rideterminava il prezzo della cessione di azienda sulla scorta del maggiore valore dell’avviamento determinato ai fini dell’imposta di registro. La società impugnava tale l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma che, con la sentenza n. 325/4/11, accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il valore della plusvalenza ad Euro 2.500.000,00, tenendo conto della riduzione praticata dall’altra CTP in sede di accertamento sull’imposta di registro.

4. La società contribuente e l’Agenzia delle entrate, proponevano appello per i capi di rispettiva soccombenza; la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito, CTR), respingeva l’appello principale dell’Ufficio e accoglieva l’appello incidentale della società contribuente, dichiarando illegittimo l’avviso di accertamento impugnato.

5. Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

6. Resiste con controricorso la società contribuente che propone ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione di legge (artt. 82 e 86 t.u.i.r., D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis, art. 2729 c.c.) nella parte in cui i secondi giudici hanno escluso che il valore di mercato determinato in sede di applicazione dell’imposta di registro potesse essere utilizzato dall’Amministrazione finanziaria come dato presuntivo ai fini dell’accertamento della plusvalenza realizzata a seguito di cessione di azienda. Con il secondo mezzo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza, per carenza di motivazione, in violazione degli artt. 132 c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, laddove la CTR ha aderito apoditticamente alla prospettazione della contribuente relativa al metodo del “costo di rimpiazzo” di cui alla valutazione compiuta dalla perizia effettuata da una società di revisione. Con il terzo mezzo denuncia nuovamente la nullità della sentenza e del procedimento, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dei principi in materia di ultrapetizione, là dove la CTR, nonostante la società contribuente non avesse mai dedotto la discrepanza tra prezzo di mercato e prezzo di cessione, ha ritenuto che l’Ufficio avesse erroneamente determinato la plusvalenza con riferimento “al valore di comune commercio”; a sostegno di tale mezzo riporta l’intero atto di controdeduzione e appello incidentale della contribuente.

2. I motivi secondo e terzo che, in quanto riguardanti un vizio di nullità della sentenza e del procedimento, si esaminano prioritariamente al primo mezzo, sono inammissibili.

2.1. La motivazione della CTR non viola il cd. “minimo costituzionale” in quanto rende percepibili le ragioni per le quali ha ritenuto che, non potendosi basare l’accertamento della plusvalenza sul valore di mercato dei beni determinato ai fini dall’imposta di registro, e non avendo l’Ufficio offerto utili elementi indiziari, prevalesse “il più contenuto ed oculato metodi di valutazione che è quello del rimpiazzo”; in ogni caso, va evidenziato che la parte che, in sede di legittimità, deduce il vizio di carenza di motivazione ha l’onere di indicare gli elementi ritenuti trascurati o insufficientemente valutati, specificando la loro pregressa deduzione in sede di merito e la loro rilevanza processuale al fine di pervenire ad una diversa decisione, risultando altrimenti irrilevante la carenza di motivazione denunziata. Tale onere di specifica allegazione non è stato soddisfatto dall’Ufficio, non riuscendosi a percepire quali sarebbero le inconsistenze motivazionali della gravata sentenza anche con riguardo alla prova indiziaria contraria (perizia della società di revisione) fornita dalla società contribuente.

2.2. Ne’ sussiste il vizio di ultrapetizione, di cui al terzo mezzo, in quanto il giudice di merito, annullando l’avviso di accertamento, è rimasto all’interno del perimetro tracciato dall’atto di accertamento e dal giudizio impugnatorio che ne è scaturito.

3. Il primo motivo di ricorso è infondato. Esso è agevolmente risolvibile alla luce dell’indirizzo di questa Corte che, a seguito dell’introduzione del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3, (“Il testo unico delle imposte sui redditi, artt. 58, 68, 85 e 86, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ed il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347.”) – norma di interpretazione autentica della previgente disciplina, con efficacia retroattiva – ha mutato il precedente orientamento escludendo che ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 5 cit., l’Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (v. Sez. 5, 18/04/2018, n. 9513; Sez. 5, 17/05/2017, n. 12265).

3.1. Pertanto, l’automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione IRPEF, non soddisfa l’onere probatorio a carico dell’Ufficio il quale è tenuto a provvedere ad individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, con l’onere di quest’ultimo di fornire la prova contraria, contraddicendo le risultanze probatorie offerte dall’Agenzia delle entrate (v. Sez. 5 30/01/2019, n. 2610; id. Sez. 5, 08/05/2019, n. 12131).

3.2. La CTR, si è conformata a detti principi in quanto non solo ha escluso la legittimità della determinazione, in via induttiva, della plusvalenza sulla base del valore accertato ai fini dell’imposta di registro, ma ha applicato correttamente il riparto dell’onere probatorio, ritenendo non soddisfatto l’onere probatorio gravante sull’Ufficio (“l’ufficio pur potendo operare induttivamente non ha portato a sostegno della propria tesi calcoli accettabili”) e valutando positivamente la prova contraria del contribuente (“il contribuente, invece, pur non perseguendo fini economici fa effettuare una valutazione da una delle più importanti società di revisione applicando, come suo diritto, il più contenuto ed oculato dei metodi di valutazione, che è quello del rimpiazzo, e considerando la fase calante, in termini di giro d’affari e di redditività del ramo d’azienda ceduto. L’operato del contribuente appare a questa commissione corretto avendo effettuato l’operazione in questione se non al valore di mercato ad un prezzo che ha una sua logica ed è anche un certo impatto da un punto di vista fiscale (…) spettava senz’altro al contribuente dare la prova contraria (…) ciò è avvenuto”).

4. Conclusivamente, il ricorso dell’Agenzia delle entrate deve essere integralmente rigettato.

5. L’esame del ricorso incidentale condizionato della società contribuente (violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché violazione e/o falasa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,) è reso superfluo dal rigetto del ricorso principale.

6. Considerato lo ius superveniens e che il cambio di orientamento di questa Corte è avvenuto con l’entrata in vigore della norma interpretativa (D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3) e, quindi, successivamente all’instaurazione della presente controversia, le spese di lite si dichiarano interamente compensate.

6. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, trattandosi di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Dichiara interamente compensate le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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