Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6381 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 25/02/2022), n.6381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5364/2021 R.G. proposto da:

A.M., cittadino nigeriano, nato il (OMISSIS) a (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in Napoli, via Nolana n. 16, presso lo

studio dell’avvocato Alessandro Di Palma

(alessandrodipalma.avvocatinapoli.legalmail.it) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 699/2021 del Tribunale di Milano, depositato in

data 24/01/2021, r.g. n. 45432/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Mauro

Di Marzio.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 28 settembre 2018, A.M., cittadino nigeriano, nato il (OMISSIS) a (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Milano, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale il A.M. esponeva di aver lasciato la Nigeria per trasferirsi in Ghana dopo essere stato accusato e perseguitato dal cognato e dal fratellastro per il decesso della moglie, morta di parto in ospedale alla nascita del loro secondo figlio. Il ricorrente riferiva come entrambi gli uomini appartenessero a una setta segreta e avessero tentato di avvelenarlo. Arrivato in Ghana, il ricorrente riferiva di aver avuto dei contrasti di natura religiosa col padre. Il ricorrente allegava infatti di essere cristiano apostolico mentre il padre professava la religione musulmana. Lasciati i bambini a una zia paterna, cercava lavoro in Libia dove restava per due anni. Con l’intensificarsi delle tensioni, a seguito della morte di un amico durante la commemorazione della morte di Gheddafi, il ricorrente lasciava la Libia e giungeva in Italia nel 2016 via mare.

3. – Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. Ha ritenuto il racconto del ricorrente non credibile in quanto vago, non circostanziato e poco plausibile. Inoltre, ha ritenuto i fatti allegati dal ricorrente non riconducibili né ai requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c), il Tribunale ha valutato la situazione in Nigeria come non riconducibile a un contesto di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Infine, Il Tribunale di Milano ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in assenza di particolari indici di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia.

4. – Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 16/02/2021 ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo cinque motivi.

5. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

6. – Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

7. – I motivi sono così rubricati: “1) Errores in iudicando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,5,6,7,8 e 14 – status di rifugiato ovvero protezione sussidiaria (ex art. 360 c.p.c., n. 3); 2) Errores in iudicando violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, – protezione carattere umanitario (ex art. 360 c.p.c., n. 3); 3) Errores in iudicando – violazione e falsa applicazione del D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, art. 15, convertito in legge; 4) Errores in iudicando – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 4 e 3, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1 bis – omessa cooperazione istruttoria ex officio (ex art. 360 c.p.c., n. 3). 5) Errores in procedendo – motivazione contraddittoria, illogica, apparente e perplessa per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (ex art. 360 c.p.c., n. 4) ed in ordine alla valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma 5, lett. c), (ex art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della normativa relativa allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria. In particolare, si censura il Tribunale di Milano per non aver applicato in modo corretto la normativa invocata in relazione ai fatti allegati dal ricorrente e alle persecuzioni poste in essere da soggetti non statuali, errando nel non riconoscere alcuna forma di protezione.

Con il secondo motivo si lamenta l’erronea applicazione della disciplina relativa alla protezione umanitaria per non aver il giudice compiuto un idoneo bilanciamento tra la situazione del richiedente in Italia e nel Paese d’origine alla luce della vulnerabilità soggettiva del ricorrente in caso di rimpatrio, delle violenze patite in Libia, delle sue condizioni di salute e dell’attuale situazione sanitaria in Nigeria da Covid-19.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione della disciplina transitoria relativa all’entrata in vigore del D.L. n. 130 del 2020 per avere il Tribunale ritenuto non applicabile tale normativa al caso del ricorrente nonostante la previsione esplicita contenuta nel decreto legislativo stesso, art. 15.

Con il quarto motivo si lamenta l’omessa valutazione da parte del giudice delle fonti COI allegate dal ricorrente nel ricorso di primo grado ai fini della valutazione del giudizio di credibilità.

Con il quinto motivo si lamenta: 1) l’omessa audizione del richiedente in presenza di elementi ritenuti dubbi dal Tribunale nella sua valutazione; 2) l’omessa considerazione da parte del giudice di merito degli elementi esposti nel ricorso di primo grado in relazione ai fatti ritenuti incongruenti da parte della Commissione Territoriale ai fini della valutazione di credibilità; 3) l’erronea valutazione dei fatti allegati dal ricorrente in sede di audizione davanti alla Commissione Territoriale in relazione a quanto accadutogli in Libia; 5) l’erronea valutazione della condizione di salute del ricorrente alla luce della documentazione allegata; 6) l’erronea valutazione ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria alla luce dei fatti allegati dal ricorrente.

Ritenuto che:

8. – Il ricorso è inammissibile.

8.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

Il giudizio di non credibilità del richiedente preclude l’accesso alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (tra le tante Cass. 29 maggio 2020, n. 10286). Per il resto il Tribunale ha espressamente citato le fonti internazionali tali da escludere la sussistenza, in Edo State, come è del resto notorio, una situazione riconducibile alla lett. c) della citata disposizione: a fronte di ciò il ricorrente non richiama specificamente fonti alternative, come si avrà l’occasione di ripetere nell’esame del quarto mezzo, in violazione del principio secondo cui, in tema di protezione internazionale, il ricorrente in cassazione che deduce la violazione del dovere di cooperazione istruttoria in relazione alle fonti informative dalle quali il giudice ha tratto il suo convincimento, ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769).

8.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.

Il ricorrente, a fondamento della censura concernente il diniego della protezione umanitaria, invoca l’inesistenza di legami familiari nel paese di origine, le violenze patite nei paesi di transito, le condizioni di salute come risultanti da una certificazione del 17 dicembre 2018, insorta pandemia da Covid 19.

Tranne la pandemia, si tratta di aspetti già sollevati in sede di merito, sui quali il Tribunale si è espressamente pronunciato, alle pagine 1013, con argomenti dei quali il ricorso si disinteressa totalmente: l’assenza di rischi in caso di reintroduzione del paese di provenienza, l’irrilevanza e genericità della denuncia di violenze patite nei paesi di origine, la presumibile intervenuta risoluzione del problema di salute.

Il ricorso è dunque in ciò inammissibile perché non si misura con la ratio decidendi posta a fondamento del provvedimento impugnato. Quanto al Covid, trattasi di questione di merito nuova come tale inammissibile in sede di legittimità.

8.3. – Il terzo mezzo è inammissibile: anche in questo caso il ricorrente, nel sostenere che il Tribunale avrebbe omesso di indagare “sull’eventuale esposizione al rischio di essere sottoposto a trattamenti umani (così nel testo: n.d.r.) e degradanti in caso di rimpatrio”, omette di misurarsi con l’espressa affermazione dell’insussistenza di rischi rimpatrio.

8.4. – Il quarto mezzo è inammissibile.

E’ sufficiente ribadire quanto già detto. Il tribunale ha citato le COI concernenti la zona di provenienza del richiedente, il quale ha per parte sua asserito di aver citato fonti alternative (pagina 23 del ricorso) senza tuttavia riferire cosa emergerebbe dalle stesse, sicché la censura sul punto è generica e non autosufficiente.

8.5. – Il quinto mezzo è inammissibile.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa -spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Dunque, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è ” sotto soglia “, e allora si ricade nel n. 4 dell’art. 360 c.p.c.; o la motivazione c’e’, e allora non resta se non sostenere che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità. Nel caso di specie il tribunale, a pagina 6-7 del decreto impugnato, perché ritenessero la narrazione del richiedente non credibile: a fronte di ciò il ricorso non individua specifici fatti storici che il tribunale avrebbe trascurato, ma sollecita, appunto inammissibilmente, una diversa valutazione dello stesso materiale. 8. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA