Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6381 del 06/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 06/03/2020), n.6381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24915-2018 proposto da:

PRESIDIO OSPEDALIERO VILLA LETIZIA SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO SANTUCCI;

– ricorrente –

contro

GARDENIA IMMOBILIARE III SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 83, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO LONGO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1235/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di L’Aquila, con la sentenza 14 novembre 2017, riteneva risolto un contratto di locazione stipulato da Gardenia Immobiliare III S.r.l., quale locatrice, e Presidio Ospedaliero Villa Letizia S.r.l., quale conduttrice, per morosità di quest’ultima quanto al pagamento di tre canoni (luglio-settembre 2016), condannando pertanto Presidio Ospedaliero Villa Letizia al rilascio dell’immobile.

Presidio Ospedaliero Villa Letizia proponeva appello, cui resisteva controparte, e che veniva rigettato dalla Corte d’appello di L’Aquila con sentenza del 21 giugno 2018 pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c..

Presidio Ospedaliero Villa Letizia ha presentato ricorso, da cui si è difesa con controricorso Gardenia Immobiliare III.

Entrambe le parti hanno depositato memoria, ribadendo le proprie prospettazioni.

Diritto

RITENUTO

che:

Il ricorso include un unico motivo, che denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 1243,1362,1263,1366,1218 e 1453 c.c., dell’art. 1460 c.c., della L. n. 392 del 1978, art. 34, dell’art. 1375 c.c., e violazione della L. n. 392 del 1978, nonchè erronea interpretazione di una dichiarazione di rinuncia “per erroneità nell’adozione del criterio interpretativo”.

Sarebbe erronea l’interpretazione di una dichiarazione di rinuncia ad un credito opposto in compensazione ai tre canoni, in cui, tra l’altro, si sarebbe espressamente dichiarato “che non c’è alcun credito da rinunciare”.

Si tratta, a ben guardare, del “recupero” della sostanza di opposizione allo sfratto effettuata dall’attuale ricorrente, “contestando di essere morosa nei confronti della locatrice visto che una parte dei canoni di locazione sulla base dei quali si chiedeva lo sfratto erano stati pagati tramite una compensazione”, in considerazione poi della asserita “corretta interpretazione di una dichiarazione di rinuncia” al credito opposto appunto in compensazione, interpretazione che il giudicante non avrebbe condotto in modo corretto. Il motivo richiama, in realtà, un passo tratto dall’atto d’appello attinente alla situazione contabile relativa al rapporto tra le parti nonchè passi estratti dalla comparsa di costituzione a proposito, appunto, della “presunta rinuncia al credito – per effetto della dichiarazione del 28 luglio 2016 da parte del Sig. V.E. per conto della PO Villa Letizia nei confronti di Gardenia Immobiliare III”, per argomentarne il significato su un piano direttamente fattuale e contrapporlo all’accertamento fattuale operato invece del giudice d’appello (“La conduttrice, quindi, sosteneva che, alla data della rinuncia, il credito che l’Avversario computava per intero (comprese le due fatture portate in detrazione in base alla disposizione contrattuale che la permetteva…) in realtà era stato già abbattuto dalle compensazioni e che perciò, in sostanza, quella rinuncia non era rilevante ai fini del giudizio perchè, di fatto, attingeva un debito e non un credito. La Corte ha ritenuto diversamente…”).

Tutto il motivo, nel successivo sviluppo, rimane su tale piano direttamente fattuale di contrapposizione tra la valutazione dell’esito probatorio eletta dal giudice e quella proposta, appunto, nelle modalità appena sintetizzate. Il che, lungi dall’identificare violazioni delle norme invocate nella rubrica del motivo e ictu oculi non riesce, a spostare i termini della questione in tal senso neppure la memoria -, appalesa il perseguimento, in questa sede inammissibile, di un terzo grado di merito.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente; sussistono altresì, D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2020

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