Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6380 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 25/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 25/02/2022), n.6380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20722-2018 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO che la

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

C.B.; elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5480/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/01/2018 R.G.N. 2080/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2021 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto l’opposizione proposta da Telecom Italia s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo con il quale C.B. – ex dipendente di Telecom Italia s.p.a. transitato alle dipendenze della società I.T.S. Servizi Marittimi e Satellitari s.p.a. con atto di cessione di ramo di azienda dichiarata illegittima dal Tribunale di Roma con sentenza dell’1/3/2012 – aveva intimato alla società il pagamento della somma pari alle mensilità di retribuzione che il ricorrente avrebbe maturato alle dipendenze della convenuta nel periodo 1/5/2012 – 31/7/2012;

2. la Corte territoriale, per quanto in questa sede interessa, ha ritenuto non detraibile a titolo di aliunde perceptum l’indennità di disoccupazione percepita dal ricorrente a seguito del licenziamento;

3.avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Telecom Italia s.p.a. sulla base di unico motivo;

4. ha resistito, con controricorso tempestivo, il lavoratore, il quale ha prodotto memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con unico motivo la società deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,1207,1217,1223 c.c. e dell’art. 342 c.p.c. per aver la Corte di appello escluso – ritenendo, in primo luogo, inammissibile il motivo di appello sul punto e reputandolo, inoltre, infondato in adesione all’orientamento giurisprudenziale formatosi in tema di licenziamento illegittimo – che la misura del risarcimento possa essere diminuita scomputando le indennità assistenziali (specificamente, l’indennità di disoccupazione) che il lavoratore aveva nel frattempo percepito, rilevando a tale ultimo proposito che nel caso in argomento le pretese risarcitorie non sorgono dal licenziamento ma dall’asserito inadempimento del datore di lavoro Telecom Italia s.p.a. alla ricostituzione del rapporto di lavoro;

2. il motivo è infondato;

3. tralasciando ogni questione in ordine alla ritenuta inammissibilità del motivo d’appello, preme richiamare l’indirizzo espresso da questa Corte proprio in tema di ripristino del rapporto di lavoro a seguito della dichiarata illegittimità di cessione di ramo di azienda e, specificamente con riguardo alla medesima fattispecie concreta che vede contrapposti Telecom Italia S.p.A. a ITS Servizi Marittimi e Satellitari S.p.A. (si veda, per tutte, Cass. 14135/2018: “secondo la costante giurisprudenza di questa Corte non sono deducibili a titolo di aliunde perceptum dal risarcimento del danno per mancata costituzione del rapporto di lavoro le somme che traggono origine dal sistema di sicurezza sociale che appronta misure sostitutive del reddito in favore del lavoratore, la cui eventuale non debenza dà luogo ad un indebito previdenziale ripetibile, nei limiti di legge, dall’Istituto previdenziale” (cfr. Cass. n. 9724 del 18/4/2017, Cass. n. 7794 del 27/03/2017 e giurisprudenza ivi richiamata);

4. le argomentazioni dell’odierna ricorrente ripropongono questioni già esaminate e disattese dai precedenti giurisprudenziali citati ai quali va data continuità;

5. per le ragioni esposte il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato;

6. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con attribuzione in favore del difensore del controricorrente che ne ha fatto richiesta;

7. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore del difensore della parte controricorrente che ne ha fatto richiesta.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso ex art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nelle adunanze camerali del 5 ottobre 2021, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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