Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6380 del 13/03/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/03/2017, (ud. 03/11/2016, dep.13/03/2017),  n. 6380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22369-2010 proposto da:

P.G., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIUSEPPE SIRTORI 56, presso l’avvocato VITTORIO AMEDEO

MARINELLI, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.T.I. – RETE TELEVISIVE ITALIANE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 2/B, presso l’avvocato FABIO LEPRI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LEANDRO CANTAMESSA, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

TECHNORAIL S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 819/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 19/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2016 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato VITTORIO AMEDEO MARINELLI che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FABIO LEPRI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Nel novembre 2002 la R.T.I. Reti Televisive s.p.a. concessionaria della rete televisiva (OMISSIS), tra i cui programmi vi è il telegiornale satirico intitolato “(OMISSIS)”, testata registrata come marchio di impresa per alcune categorie merceologiche cui corrisponde il nome di dominio (OMISSIS) ed il relativo sito, chiese al Tribunale di Arezzo (tra l’altro) di inibire a P.G. e alla Technorail s.r.l. l’uso del nome di dominio (OMISSIS) che risultava essere stato assegnato, nel maggio 2002, per il tramite del Service Provider Technorail s.r.l., al P. presso la Registration Authority americana. Il Tribunale, accolto il ricorso con ordinanza, nel giudizio di merito successivamente instaurato da R.T.I. nei confronti del P. – rimasto contumace – e di Technorail s.r.l. inibì al P., con sentenza del dicembre 2006, l’utilizzo del domain name (OMISSIS) e lo condannò al pagamento in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento danni, della somma di Euro 25.000 oltre interessi legali e spese di giudizio. Ordinò inoltre alla Technorail di non richiedere la riabilitazione del suddetto domain name, compensando le spese di lite fra quest’ultima e l’attrice.

2. L’appello proposto dal P., resistito da R.T.I., è stato accolto parzialmente dalla Corte di appello di Firenze, limitatamente alla liquidazione del danno da risarcire, che ha ridotto a Euro 7.500,00 compensando integralmente tra le parti le spese di giudizio di gravame.

Ha rilevato, in sintesi, la corte distrettuale: a) che la doglianza relativa alla nullità della sentenza per irrituale notifica della citazione introduttiva è manifestamente priva di fondamento, risultando l’atto ritualmente notificato al P. ex art. 140 c.p.c.; b) che anche le doglianze nel merito della inibitoria sono infondate alla luce del disposto – da applicarsi nella specie – dell’art. 22, comma 2 del Codice della proprietà industriale di cui al D.Lgs. n. 30 del 2005; c) che, in tal senso, premessa l’evidente rinomanza nello Stato del titolo programma televisivo “(OMISSIS)”, registrato dalla RTI anche come marchio di impresa, il divieto posto dalla norma richiamata prescinde dal carattere imprenditizio dell’attività svolta da chi utilizza il marchio altrui, e richiede solo che l’uso del segno uguale (nella specie, come nome a dominio di altro sito) senza giusto motivo consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio, o rechi pregiudizio al suo titolare, condizioni queste entrambe sussistenti nella specie, d) che, quanto al danno, premessa l’infondatezza della doglianza relativa alla valutazione equitativa in quanto RTI ha, a norma dell’art. 1226 c.c., offerto gli elementi sufficienti a provare l’esistenza di un danno (cioè la durata dell’illecito ed il numero di contatti che il sito del P. si era in quel tempo assicurato), tali elementi non sono tuttavia, in concreto, idonei a far presumere un danno maggiore dell’importo di Euro 7.500,00 dovendo ragionevolmente presumersi che solo una minoranza dei navigatori diretti verso il sito ufficiale della trasmissione televisiva “(OMISSIS)” abbia rinunciato alla sua originaria meta per essersi, durante la navigazione, imbattuta nell’omonimo sito del P..

3. Avverso tale sentenza, depositata il 19 giugno 2009, P.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi, cui resiste con controricorso R.T.I. Rete Televisive Italiane s.p.a., nel quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso e chiesto l’applicazione dell’art. 385 c.p.c., comma 4.

4. Esaminando gli otto motivi del ricorso le cui rubriche denunciano violazione di norme di diritto, in alcuni casi peraltro unite a critiche nell’accertamento dei fatti – si rileva preliminarmente che al ricorso in esame deve applicarsi l’art. 366 bis c.p.c., trattandosi di impugnazione avverso provvedimento depositato nel periodo di vigenza della norma (2.3.2006 – 4.7.2009). Secondo la quale l’illustrazione di ciascun motivo, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. da 1 a 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame: e, ove si denunci anche l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, l’illustrazione della doglianza deve essere corredata dalla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione: la relativa censura deve cioè contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

Nel caso in esame, l’illustrazione dei motivi di ricorso non risulta corredata da quesiti di diritto redatti secondo lo schema normativo anzidetto, e neppure dal momento di sintesi di cui sopra. L’inammissibilità del ricorso ne deriva dunque di necessità.

5. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Non ricorrono le condizioni per la applicazione nella specie della sanzione di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4 (norma abrogata dalla L. n. 69 del 2009, art. 146, ma ancora vigente nei giudizi che risultino, come quello in esame, iniziati in pprimo grado in data anteriore al 4 luglio 2009), non essendo qui ravvisabile l’ipotesi della colpa grave, tantomeno quella del dolo (cfr. Cass. S.U., n. 25831/07 n. 65410).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo giudizio, in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2017

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