Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6377 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 25/02/2022), n.6377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3386/2021 R.G. proposto da:

Y.B., cittadino cinese, nato il (OMISSIS) a Jiangsu (Cina),

elettivamente domiciliato in Milano, in via Durini n. 20, presso lo

studio dell’avv. Ilaria Sottotetti che lo rappresenta e difende per

procura a margine del ricorso per cassazione (pec:

ilaria.sottotetti.voghera pecavvocati.it);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 10020/2020 del Tribunale di Milano, depositato

in data 23 dicembre 2020, R.G. n. 21114/2019;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons. Di

Marzio Mauro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, depositato il 6/03/2019, Y.B., cittadino cinese, nato a Jiangsu, il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Milano, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale, il ricorrente esponeva di aver lasciato la Cina nel 2015 a causa delle persecuzioni subite dalle autorità cinesi per essere membro della chiesa cristiana locale (Chiesa dell’Urlo). In particolare, il ricorrente riferiva di essere stato arrestato dalla polizia e torturato dopo che al figlio di otto anni era stato richiesto a scuola dall’insegnante, in cambio di piccoli regali, se i genitori fossero credenti. Il richiedente riferiva come la moglie avesse tramite un cugino poliziotto corrotto qualcuno della Questura per il suo rilascio. Il richiedente affermava inoltre di aver in precedenza perso il suo lavoro a causa della propria affiliazione alla religione cristiana. Nel 2015 il richiedente lasciava il Paese tramite visto dopo aver saputo che era stato emanato un ordine del governo di arrestare di nuovo tutti coloro che in precedenza erano già stati portati in carcere per questioni religiose. Il richiedente allegava inoltre di lavorare in Italia come cameriere in un ristorante.

3. – Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare, ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria alla luce della non credibilità del racconto, ritenuto incongruente. Infine, Il Tribunale di Milano ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in assenza di indici di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia.

4. – Avverso il predetto decreto il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo quattro motivi.

5. – L’intimata Amministrazione dell’Interno non ha svolto difese, limitandosi al deposito di atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

6. – Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di Consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

7. – I motivi sono così rubricati: “1. art. 360 c.p.c., comma 1, p.to 3 – violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla richiesta del ricorrente in punto riconoscimento di un diritto di permesso di soggiorno D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 32, comma 3; 2. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; 3. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5; 4. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), motivazione insufficiente e contraddittoria-erronea valutazione delle prove in atti.

Il primo motivo riguarda l’omessa valutazione della protezione richiesta nel ricorso di merito ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 (protezione speciale). Il secondo motivo riguarda la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale per non aver esaminato la situazione della comunità cristiana in Cina e la documentazione allegata dal ricorrente in sede di CT. Il terzo motivo riguarda l’omessa traduzione dal provvedimento impugnato. Il quarto motivo riguarda l’illogicità e la carenza di motivazione da parte del Tribunale di Milano nel ritenere il racconto del ricorrente non credibile rispetto a diversi episodi da questo allegati.

Ritenuto che:

8. – Il ricorso è inammissibile.

8.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

Si sostiene che il Tribunale avrebbe pronunciato il diniego della protezione umanitaria, ma non si sarebbe espresso sulla domanda del permesso speciale previsto dalla norma richiamata in rubrica: e però la censura è inammissibile perché prescinde evidentemente dalla ratio decidendi, giacché il Tribunale, nel rigettare la domanda di protezione umanitaria ha con tutta chiarezza ritenuto, in piena conformità con la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. un., 24 settembre 2019, n. 29459,), che, considerata l’epoca di arrivo del richiedente in Italia, dovesse farsi applicazione della disciplina all’epoca vigente.

8.2. – Il secondo mezzo è inammissibile: esso difatti non tiene conto della circostanza che il Tribunale ha ritenuto non credibile la narrazione del richiedente in ordine alla sua appartenenza alla religione cristiana e dagli atti persecutori per tal ragione subiti, di guisa che la censura si cimenta con un profilo non decisivo.

8.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

Si tratta di questione nuova, che, alla lettura del ricorso e del decreto impugnato, non risulta sollevata dinanzi al giudice di merito.

8.4. Il quarto mezzo è inammissibile.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Dunque, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è ” sotto soglia “, e allora si ricade nell’art. 360 c.p.c., n. 4; o la motivazione c’e’, e allora non resta se non sostenere che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità. Nel caso in esame il tribunale ha svolto una ampia e dettagliata motivazione sulla non credibilità del richiedente in un apposito paragrafo, mentre il ricorso non indica alcuno specifico fatto che il tribunale non avrebbe rilevato.

9. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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