Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6372 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 25/02/2022), n.6372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32249/2020 R.G. proposto da:

D.M., cittadino guineano, nato il (OMISSIS) a Kankan

(Guinea Conakry), rappresentato e difeso dall’avvocato Natale

Arculeo per procura speciale in calce al ricorso per cassazione

elettivamente domiciliato in Roma, in via Ippolito Nievo 61, presso

l’avvocato Rossella De Angelis

(rosselladeangelis.pec.ordineavvocatigrosseto.it);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 7893/2020 del Tribunale di Milano, depositata

in data 30 ottobre 2020, R.G. n. 29683/2018;

sentita la relazione in Camera di Consiglio del relatore cons. Di

Marzio Mauro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35-bis, depositato il 13 giugno 2018, D.M., cittadino della Guinea Conakry, nato a Kankan, il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Milano, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale, il ricorrente esponeva di essere di etnia mandinga, di professare la religione baga e di essere stato cresciuto dalla nonna visto che la madre era affetta da disturbi mentali. A seguito del decesso della nonna, il ricorrente riferiva di essersi trasferito con la moglie presso una zia paterna ma di aver deciso di andarsene a causa delle ostilità intercorrenti con la famiglia per motivi religiosi. Il ricorrente riferiva infatti che suo padre era di religione musulmana mentre sua moglie era cristiana. Successivamente il ricorrente rimaneva ferito durante degli scontri di natura etnica a Nzerekore e veniva ricoverato. In seguito, per mano del cugino che aveva legami con l’esercito, il ricorrente subiva una detenzione arbitraria. Dopo essere stato aiutato a uscire dal carcere, si rinnovavano le tensioni con il cugino che durante una rissa rimaneva ucciso. Accusato dalla famiglia della moglie di averlo ucciso, il richiedente e la moglie si spostavano a Matam dove la moglie moriva di parto. Il ricorrente decideva quindi di lasciare il Paese per paura di essere ucciso a seguito di tale evento. Il ricorrente riferiva inoltre come entrambi i suoi figli fossero deceduti, allegando l’atto di decesso della figlia piú piccola, morta dopo la sua partenza. Durante il procedimento di merito, il richiedente esponeva di avere una relazione stabile con una donna di cittadinanza italiana domiciliata nel Canton Ticino in Svizzera, circostanza per la quale chiedeva l’audizione di due testi.

3. – Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare, ha ritenuto il racconto non credibile in quanto generico e i fatti narrati non riguardanti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di vicende puramente familiari. Inoltre, ha ritenuto che la situazione in Guinea non fosse riconducibile a un contesto di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Infine, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in assenza di indici di vulnerabilità e di un radicamento effettivo in Italia, non considerando sufficiente il rapporto documentato dal ricorrente con una cittadina italiana.

4. – Avverso il predetto decreto il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo tre motivi.

5. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini della eventuale partecipazione alla discussione orale.

6. – Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di Consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

7. – Il primo mezzo lamenta l’omessa audizione del ricorrente all’udienza di comparizione delle parti in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonché dell’art. 111 Cost., dell’art. 47 della Carta di Nizza, dell’art. 46 della direttiva 2013/32/UE, degli artt. 6 e 13 della CEDU.

Il secondo mezzo denuncia violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., nullità della decisione per mancata trascrizione delle conclusioni rassegnate dalle parti e conseguente mancata pronuncia sulle richieste istruttorie.

Il terzo mezzo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione e come motivazione apparente.

Ritenuto che:

8. – Il ricorso è inammissibile.

8.1. – Quanto alla mancata audizione del richiedente in Tribunale, va fatta applicazione del principio secondo cui, nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass. 7 ottobre 2020, n. 21584). Nessuna delle ipotesi considerate ricorre nella specie. In effetti, il ricorso muove da un assunto, e cioè che il Tribunale, oltre a non disporre della videoregistrazione, non avrebbe “nemmeno potuto prendere visione dell’intera documentazione relativa al procedimento amministrativo avanti alla Commissione”, ma non è dato nemmeno comprendere in specifico a quale documentazione il ricorrente si riferisca, visto che certamente il Tribunale aveva la disponibilità dei verbali delle dichiarazioni rese dal richiedente innanzi alla Commissione territoriale, dal momento che dette dichiarazioni si richiamano espressamente, a pagina 6 del decreto impugnato, fondando su di esse la pronuncia di non credibilità a causa della implausibilità delle dichiarazioni medesime (“Sebbene la lite che ha causato la morte in ospedale del cugino sia stata attribuita alla moglie del ricorrente -poi morta di parto -, fu lo stesso sig. D. a riferire che sul luogo erano presenti dei testimoni che avrebbero potuto riferire che lui era estraneo alla morte del cugino, e che le accuse erano originate esclusivamente dai parenti del padre”).

D’altronde, il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. 11 novembre 2020, n. 25312). Siffatta indicazione manca.

8.2. – Il secondo mezzo è inammissibile.

Posto che discorrere di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non ha senso, in generale, a fronte di una pronuncia di totale rigetto della domanda proposta, con riguardo alle diverse forme di protezione previste dall’ordinamento, sembra di comprendere che il ricorrente lamenti in realtà non l’omessa pronuncia sulle domande, quanto piuttosto “l’omessa trascrizione delle conclusioni nell’epigrafe della sentenza di primo grado” (così a pagina 24 del ricorso, ma è chiaro che il ricorrente sta parlando del decreto) nonché “la conseguente mancata pronuncia sulle richieste istruttorie”. Ma è cosa nota che il vizio di omessa pronuncia non è prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito. Il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale – infatti – non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (tra le tante Cass. 10 ottobre 2014, n. 21424). Dopodiché si può ad abundantiam aggiungere che dal ricorso non si comprende affatto neppure quale sarebbe il contenuto dei mezzi istruttori non esaminati: ciò che riesce ad intendersi dalla lettura del motivo, a pagina 25, è difatti soltanto che il Tribunale non avrebbe pronunciato sulla domanda di fissazione dell’udienza, aspetto del quale si è già detto.

Quanto alla violazione dell’art. 132 c.p.c., essa è totalmente priva di fondamento: nel decreto la motivazione c’e’, e si sofferma sia sui profili di credibilità del richiedente, sia sulla sussistenza dei requisiti oggettivi per il riconoscimento della protezione richiesta. Il motivo dunque non si misura con il reale contenuto del provvedimento impugnato.

8.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

Il giudizio di non credibilità del richiedente preclude l’accesso alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (tra le tante Cass. 29 maggio 2020, n. 10286). Per il resto il Tribunale ha espressamente citato le fonti internazionali tali da escludere la sussistenza, in Guinea Conakry, di una situazione riconducibile alla lett. c) della citata disposizione: a fronte di ciò il ricorrente non richiama fonti alternative, ma lamenta “una situazione di violenze diffuse, sistematiche violazioni dei diritti umani, abusi da parte della polizia e delle forze armate… Tuttavia, conclude senza motivare in alcuna maniera la propria affermazione, nessuna di esse può essere ricondotto al concetto di conflitto armato o violenza generalizzata che giustificherebbe l’applicazione al ricorrente della protezione sussidiaria” (pagina 28 del ricorso). Ma tale doglianza non tiene conto del dato normativo, nel significato, del resto inequivoco, che questa Corte gli attribuisce. Difatti, in tema di protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), il conflitto armato interno, tale da comportare minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile, ricorre in situazioni in cui le forze armate governative di uno Stato si scontrino con uno o più gruppi armati antagonisti, o nelle quali due o più gruppi armati si contendano tra loro il controllo militare di un dato territorio, purché il conflitto ascenda ad un grado di violenza indiscriminata talmente intenso ed imperversante da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nella regione di provenienza corra il rischio descritto nella norma per la sua sola presenza sul territorio, tenuto conto dell’impiego di metodi e tattiche di combattimento che incrementano il rischio per i civili, o direttamente mirano ai civili; della diffusione, tra le parti in conflitto, di tali metodi o tattiche; della generalizzazione o, invece, localizzazione del combattimento; del numero di civili uccisi, feriti, sfollati a causa del combattimento (Cass. 2 marzo 2021, n. 5675).

Nel corpo dello stesso motivo si lamenta anche il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, senza tuttavia che venga spesa neppure una parola sulla individuale condizione di vulnerabilità del richiedente: l’unico argomento impiegato è la pandemia da Covid 19, che renderebbe il richiedente vulnerabile.

Certo però non si tratta di vulnerabilità individuale, rilevante per l’ordinamento né si tratta di circostanza che sotto profilo risulta essere stata prospettata al giudice di merito.

9. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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