Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6372 del 13/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/03/2017, (ud. 24/02/2017, dep.13/03/2017),  n. 6372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6073-2016 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALESSANDRO BELTRAME;

– ricorrente –

contro

R.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 640/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE

depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI

VIRGILIO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che:

1.1.- Con sentenza del 5-20 ottobre 2016, la Corte d’appello di Trieste ha parzialmente accolto l’appello di S.L. avverso la sentenza del Tribunale, ed ha rideterminato le spese di lite a carico della S. in Euro 6000,00 per compenso, respingendo il primo motivo, col quale l’appellante aveva fatto valere la liquidazione dei compensi non con riferimento alla domanda di divorzio, di valore indeterminabile, ma in base all’art. 13 c.p.c., comma 1, avuto riguardo alla domanda intesa ad ottenere l’assegno di mantenimento, respinta dal Tribunale.

Ha proposto ricorso la S., sulla base di quattro motivi (il quarto motivo, che segue il terzo, è indicato erroneamente come quinto).

L’intimato non ha svolto difese.

Rileva quanto segue:

Il primo motivo di ricorso è inteso a far valere la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., sul rilievo della mancanza di soccombenza sulla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio; il secondo ed il terzo prospettano la nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4 ed il vizio di omessa pronuncia, per non avere la Corte d’appello motivato sulla ritenuta soccombenza della S. in relazione alla domanda di divorzio, nè risposto alle specifiche doglianze sul punto; il quarto, denuncia tale omissione come vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.

I motivi di ricorso sono sostanzialmente inammissibili.

Tutti i motivi infatti sottendono una interpretazione non adeguata della sentenza impugnata, posto che, partendo dal principio di diritto affermato nella pronuncia 610/99 (secondo cui, è da ritenersi di valore indeterminabile la controversia di separazione dei coniugi, non incidendo in alcun modo sulla determinazione del valore della controversia l’ammontare delle richieste economiche connesse), la ricorrente ha riguardo alla sola domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, insistendo sul fatto che su detta i domanda non vi è stata soccombenza, e che sulla stessa, per il caso di non opposizione, la controparte aveva rinunciato alle spese, ma tralascia di evidenziare che rispetto alla richiesta connessa di riconoscimento dell’assegno di mantenimento la stessa è risultata soccombente e su tale soccombenza la Corte del merito ha sviluppato la statuizione in punto spese(considerando detta domanda come accessoria alla principale), in tal modo correttamente valutando il primo motivo d’appello, riassunto a pagina 3 della sentenza, col quale era stata richiesta la liquidazione del compenso avuto riguardo alla domanda riconvenzionale, sulla quale la parte era rimasta soccombente (e quindi, col motivo, la parte non aveva invero censurato il profilo della propria soccombenza su tale domanda).

Nè potrebbe ritenersi che la ricorrente abbia inteso comunque dolersi del mero profilo della quantificazione delle spese, atteso che, in tal caso, la parte avrebbe dovuto diversamente articolare i motivi di ricorso, dolendosi della liquidazione del compenso effettuata nel giudizio di merito.

Non si dà pronuncia sulle spese, non essendosi costituito l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2017

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