Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6371 del 31/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/03/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 21/03/2011), n.6371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21361-2007 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COPENAGHEN

10, presso lo studio dell’avvocato PAGLIA GIANPAOLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CECCOLI ARMANDO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.S.L. n. (OMISSIS) di NAPOLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7852/2 006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/12/2006 R.G.N. 8399/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito l’Avvocato CECCOLI ARMANDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1- La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie l’appello dell’Azienda sanitaria locale Napoli (OMISSIS) e, in riforma della decisione del Tribunale di Torre Annunziata del 30 agosto 2004, rigetta la domanda proposta da F.R., medico convenzionato di medicina generale, nei confronti della ASL Napoli (OMISSIS), diretta ad ottenere la restituzione delle somme erogategli da tale Azienda nel periodo dal 1 gennaio 1999 al 31 ottobre 2000 e successivamente trattenutegli in pretesa attuazione del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, che aveva reso esecutivo l’accordo nazionale per i medici convenzionati di medicina generale stipulato il 9 marzo 2000, ai sensi della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48, e successive modificazioni e integrazioni.

2- La Corte di appello di Napoli ha ritenuto che l’accordo nazionale reso esecutivo col D.P.R. n. 270 del 2000, determinando, con decorrenza retroattiva dal 1 gennaio 1999, il nuovo trattamento economico di tale categoria di medici, nella pressochè generalità dei componenti, senza prevedere la componente denominata “indennità di rischio e avviamento professionale” – considerata viceversa nel precedente accordo nazionale stipulato il 25 gennaio 1996, modificato il 6 giugno successivo e infine reso esecutivo col D.P.R. 22 luglio 1996, n. 484 -, avesse sostituito integralmente il precedente trattamento economico, anche nelle componenti non prese in considerazione dal nuovo, escludendo pertanto il diritto a tale compenso oltre la data del 31 dicembre 1998.

3 – I giudici d’appello hanno pertanto valutato come corretto il comportamento della ASL, la quale, nel 2001, in sede di liquidazione degli arretrati connessi alle nuove misure, composizione e decorrenza dei compensi, aveva trattenuto al dr. F. quanto erogato dal 1 gennaio 1999 al giorno precedente la data di entrata in vigore del D.P.R. n. 270 del 2000, per il titolo menzionato.

4- Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il dr. F.R. per un unico motivo; non svolge attività di resistenza la ASL Napoli (OMISSIS).

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1 – L’unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 11 disp. gen., quanto alla interpretazione operata dalla Corte territoriale delle disposizioni contenute nei due D.P.R. indicati in narrativa, unitamente a vizi della motivazione.

Si sostiene che, in base alla natura regolamentare delle norme dettate dai D.P.R., deve escludersi che l’abrogazione del D.P.R. del 1996 possa farsi risalire a data anteriore a quella dell’entrata in vigore del decreto del 2000. La regola della irretroattività di cui all’art. 11 preleggi, e molteplici norme del D.P.R. n. 270 del 2000, sosterrebbero infatti sul piano giuridico e su quello logico tale esclusione. Nè sarebbe sostenibile, come ritenuto dalla Corte territoriale, che il nuovo trattamento economico retroagisca nella sua interezza al 1 gennaio 1999, alla stregua delle disposizioni contenute nell’accordo, nel senso che questo avrebbe da tale data reso incompatibili e assorbito ogni diversa voce retributiva dei medici convenzionati di medicina generale.

Infatti, non tutto il trattamento economico, nella quota fissa e in quella variabile, sarebbe stato previsto dal secondo D.P.R. come decorrente dal 1 gennaio 1999, ma solo alcuni elementi dello stesso.

Ne deriverebbe che solo per tali componenti dovrebbe ritenersi abolita la corrispondente voce del precedente accordo nazionale dalla data suindicata.

Più in generale, il ricorrente ritiene maggiormente plausibile l’interpretazione degli atti normativi citati nel senso che il secondo ha sostituito il primo dalla data della sua entrata in vigore, salvo per ciò che riguarda le voci per le quali è prevista la retroattività dal 1 gennaio 1999, con conseguente abrogazione da tale data delle voci corrispondenti dell’accordo precedente, tra le quali non rientrava quella relativa la componente del compenso fisso denominata “indennità di rischio e avviamento professionale”.

2 – Sul piano dei vizi di motivazione, si afferma che sarebbe arbitraria la conseguenza che la Corte di Napoli pretende di trarre dalla disposta retroattività di alcune delle voci del trattamento economico dei medici convenzionati, per concludere che l’intero compenso precedente, in tutte le sue componenti, sarebbe dalla medesima data sostituito dal nuovo. L’arbitrarietà di una tale conclusione sarebbe confermata dalla considerazione che, sottraendo dall’incremento della componente “onorario professionale” previsto dal nuovo contratto per l’anno 1999 quanto trattenuto per il medesimo periodo a titolo di indennità di rischio, andrebbe completamente vanificato l’incremento retributivo finalizzato a compensare la vacatio contrattuale.

3- La Corte premette che il rapporto di lavoro dedotto in giudizio ha ad oggetto una prestazione d’opera professionale autonoma, ancorchè svolta nell’ambito di una relazione cd. di “parasubordinazione”. Ai sensi della Legge di Riforma Sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48 (richiamato dalla legislazione successiva: D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, comma 1), è riservata esclusivamente alla contrattazione collettiva, mediante accordi resi esecutivi con decreto del Presidente della Repubblica, la disciplina uniforme del trattamento economico e normativo del personale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Le clausole dei predetti accordi, siccome acquistano efficacia soltanto con l’inserimento nel decreto presidenziale, hanno natura giuridica regolamentare, con la conseguenza che l’interpretazione data dal giudice del merito agli anzidetto accordi può essere denunciata in sede di legittimità, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, norme che la Corte regolatrice sottopone pertanto a diretto esame esegetico, in base ai criteri fissati dall’art. 12 disp. att. c.c. per l’interpretazione delle leggi (Cass. Su. 20 dicembre 1993, n. 12595, e le successive decisioni conformi).

Conseguentemente è inammissibile la denuncia di vizio di motivazione, irrilevante per le controversie la cui soluzione dipende dall’applicazione di norme di diritto (Cass. 7 aprile 2010, n. 8254).

4- Nell’ambito precisato il ricorso è privo di fondamento, come già ritenuto nella decisione di controversie analoghe dalla giurisprudenza della Corte (Cass. 4 maggio 2009, n. 10237; 22 luglio 2010, n. 17226), la cui motivazione è posta a fondamento anche di questa pronuncia.

5- Emergono dai due indicati decreti presidenziali i seguenti dati:

– l’art. 18 dell’accordo contenuto nel D.P.R. n. 484 del 1996, dichiara che esso ha durata triennale e scadenza al 31 dicembre 1997, mentre nel corrispondente articolo dell’accordo reso esecutivo col D.P.R. n. 270 del 2000, la durata triennale è fatta scadere al 31 dicembre 1998;

– in ambedue gli accordi (art. 45) il trattamento economico dei medici convenzionati è articolato in due quote, una fissa ed una variabile e comprende, quanto alla quota fissa, nel primo accordo l’onorario professionale annuo, l’indennità di piena disponibilità, il compenso aggiuntivo, l’indennità forfettaria a compenso del rischio e di avviamento professionale e il concorso spese per l’erogazione delle prestazioni di servizio; e nel secondo accordo l’onorario professionale, il compenso aggiuntivo e il concorso spese per l’erogazione delle prestazioni assistenziali, tutti e tre con decorrenza a partire dal 1 gennaio 1999. La quota variabile è invece prevista sia a livello nazionale che a quello regionale in relazione ad una serie di circostanze, legate a determinate modalità di organizzazione dello studio professionale del medico, all’eventuale esistenza di prestazioni aggiuntive richieste allo stesso o al raggiungimento di determinati risultati oppure alla realizzazione di determinati obiettivi.

6- Ciò posto, devesi anzitutto ribadire, alla luce degli artt. 11, 12 e 15 disp. prel. c.c., la possibilità di derogare, anche in maniera implicita, al principio di irretroattività della legge, salvo il limite delle norme penali o eccezionali (cfr, da ultimo Cass. 29 ottobre 2008, n. 26002).

In particolare, in caso di successione nel tempo di atti di normazione primaria o secondaria, è ipotizzabile una sostituzione retroattiva della nuova disciplina non solo nel caso ciò sia esplicitamente previsto dalla norma che succede ad altra di pari livello ma anche quando la nuova disciplina regoli retroattivamente l’intera materia o un intero autonomo segmento di materia regolato dalla disciplina anteriore (arg. art. 15 disp. gen.).

Nella fattispecie l’implicito potere di deroga al principio di irretroattività è attribuito alla normazione secondaria dalla legge, perchè il sistema costruito dalla L. n. 833 del 1978, e successive modificazioni, abilita gli accordi sindacali, con la mediazione della recezione in D.P.R., a dettare la disciplina dei rapporti di lavoro senza alcuna limitazione e quindi anche retroattivamente.

Invero, una siffatta possibilità di deroga esplicita o esplicita al principio di irretroattività della legge non è libera, ma incontra, secondo le precisazioni ripetutamente operate dalla Corte costituzionale, sia limiti interni legati alla ragionevolezza della relativa scelta che limiti esterni, ispirati al rispetto – di beni e interessi che ricevono una tutela legale sopraordinata (cfr., al riguardo, anche di recente, Corte Cost. 18 giugno 2007 n. 234).

Nel caso in esame, in una situazione in cui il precedente accordo nazionale reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica era scaduto con 31 dicembre 1997 e il successivo era stato reso esecutivo a partire dal 1 novembre 2000 col D.P.R. n. 270 del 2000, quest’ultimo, ferma la regola della sostituzione, in generale, delle relative norme con l’entrata in vigore del secondo D.P.R., ha ragionevolmente ritenuto di porvi deroga, a tutela del diritto del lavoro generalmente inteso, facendo retroagire la parte dell’accordo relativa al nuovo trattamento economico nella quota fissa (determinata in misura progredente nel tempo) alla data del 1 gennaio 1999.

7- Una analoga scelta di retroattività non è stata viceversa operata con riguardo alle competenze variabili, in quanto prevalentemente legate ad eventi estemporanei, eventuali, sovente considerati in funzione incentivante (e, in tale ottica, con discipline diverse nei due accordi successivi) e pertanto poco ragionevolmente valutabili retroattivamente sulla base di una norma posteriore. Ma con tale scelta di parziale retroattività deve ritenersi che il secondo complesso di norme, proprio perchè relativo alla intera quota fissa del trattamento economico, che è l’unica certa e non legata a circostanze a ricorrenza meramente eventuale, abbia integralmente sostituito il primo dalla data indicata per la decorrenza del relativo trattamento, in ragione della sopravvenuta incompatibilità logica della permanenza, nel nuovo regime retrodatato, di qualche componente della quota fissa precedente.

Sulla razionalità in concreto di tale scelta, la sentenza impugnata ha efficacemente contrastato le deduzioni dell’appellato, secondo cui, seguendo tale interpretazione verrebbe completamente azzerato per il 1999 l’incremento retributivo legato alla voce relativa all’onorario professionale. La Corte territoriale ha infatti al riguardo rilevato, con osservazioni che la Corte fa proprie, che tale deduzione non appare significativa sul piano della interpretazione delle disposizioni in esame, in quanto il raffronto è operato con riguardo ad un’unica voce della quota fissa del compenso.

8.- Infine, la ritenuta retroattività non appare incidere su interessi tutelati dall’Ordinamento con norme sovraordinate, in particolare, in ragione della uniformità delle fonti regolatrici nel tempo del rapporto e comunque nella accertata assenza da parte del ricorrente di deduzioni relative ad eventuali decrementi retributivi conseguenti alle operazioni di conguaglio eseguite in applicazione del trattamento introdotto dal D.P.R. n. 270 del 2000, e pertanto senza neppure la possibilità di ipotizzare la violazione del principio di intangibilità di diritti soggettivi acquisiti.

9 – Sulla base delle considerazioni esposte, il ricorso va respinto;

nulla da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in difetto di resistenza della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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