Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6371 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 670-2019 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONIO CERCHIA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 16492/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con ricorso depositato il 18.9.2006, P.F. ha adito il giudice del lavoro per ottenere, in contraddittorio con l’Inps, l’accertamento del diritto alla pensione di invalidità o a quella di inabilità ai sensi della L. n. 222 del 1984;

2. il Tribunale, con sentenza n. 5030/2009, espletata c.t.u. medico legale, ha condannato l’Inps a corrispondere l’assegno ordinario di invalidità (L. n. 222 del 1984, art. 1) con decorrenza dall’1.6.2008;

3. la Corte d’appello di Napoli, accogliendo l’appello dell’Inps e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta dal P. col ricorso introduttivo della lite;

4. la Corte territoriale (la cui sentenza è allegata al ricorso per revocazione) ha ritenuto che “al di là dell’improprio riferimento alla – pensione di inabilità – contenuto nell’atto di impugnazione (dell’Inps), appare chiaro che lo stesso risulti indirizzato nei confronti dell’intervenuto riconoscimento in primo grado della prestazione di cui all’assegno ordinario, circostanza… che si evince, in particolare, dai seguenti elementi: lo stesso ricorso introduttivo è incentrato, nella sua parte argomentativa, sulla prestazione di cui all’assegno ordinario, atteso che fa esplicito riferimento alla riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’istante in occupazioni confacenti alle proprie attitudini, senza che emergano… specifici riferimenti ad una condizione di totale inabilità; l’atto di impugnazione fa espresso riferimento alla data di decorrenza della prestazione (1.6.2008)… correlata appunto, nella ricostruzione del primo giudice, all’assegno ordinario e non certo alla pensione di inabilità; l’atto di appello deduce che il Tribunale si è limitato – a prendere atto delle sole conclusioni sulla percentuale di invalidità dell’appellato contenute nella relazione redatta dal c.t.u. – senza neppure rapportarle – alle attitudini professionali del ricorrente -, in tal modo collocandosi con evidenza in un’ottica di contestazione del già accertato status di invalidità parziale, in assenza oltretutto di alcun accertamento relativo ad un’eventuale inabilità totale astrattamente contestabile da parte dell’appellante”;

5. la Corte d’appello, dopo aver disposto una nuova consulenza medico legale, ha accolto l’impugnativa dell’Inps per il difetto di prova dello stato invalidante in ragione della mancata presentazione del P. alla visita peritale fissata all’udienza collegiale del 26.9.14 nel contraddittorio delle parti e a quelle successive comunicate al difensore dell’appellato, in assenza di qualsiasi documentazione di impedimento di quest’ultimo;

6. la Corte di Cassazione, Sez. 6 civile – lavoro, con ordinanza n. 16492/18, nel respingere il ricorso del P. e in base all’esame degli atti processuali consentito dalla denuncia dell’error in procedendo, ha affermato che la Corte di merito aveva correttamente interpretato il ricorso in appello dell’Inps come volto a censurare la statuizione relativa all’unico beneficio in concreto riconosciuto dal primo giudice (nell’ordinanza è fatto riferimento per mero errore alla “pensione di invalidità” anzichè all'”assegno ordinario di invalidità”), dovendosi considerare l’espressione “pensione di inabilità” adoperata dall’Istituto come frutto di un lapsus;

7. contro l’ordinanza di questa Corte n. 16492/2018 P.F. ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., in relazione all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4;

8. l’Inps è rimasto intimato;

9. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

10. a sostegno della revocazione P.F. ha dedotto l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Suprema Corte per avere erroneamente ritenuto che il ricorso in appello dell’Inps mirasse a contestare gli accertati presupposti per l’assegno ordinario di invalidità anzichè la carenza dei requisiti dell’inabilità; ha aggiunto come fossero in realtà inesistenti i riferimenti dell’Istituto all’accertamento di una invalidità pari ai due terzi oppure alla capacità lavorativa residua a meno di un terzo, di cui invece la sentenza revocanda dà atto;

11. il ricorrente in revocazione ha rilevato come nelle conclusioni del ricorso in appello l’Inps avesse chiesto di “accertare l’inesistenza della causa di inabilità ovvero far decorrere la pensione di inabilità dalla cessazione dell’attività lavorativa”, avesse richiamato la L. n. 222 del 1984, art. 2, e contestato la sussistenza dei requisiti prescritti da questa disposizione per la pensione ordinaria di inabilità;

12. ha aggiunto che se l’Inps, con il ricorso in appello, avesse voluto ottenere la revoca dell’assegno ordinario di invalidità, avrebbe dovuto farne esplicita menzione, mentre con l’appello ha voluto “cristallizzare un principio implicitamente espresso con la sentenza impugnata, ovvero l’assenza dei requisiti per l’inabilità”;

13. il ricorso è inammissibile;

14. l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di sussunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; in altri termini, l’errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, ma non può tradursi in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass., Sez. un., 11/04/2018, n. 8984; Cass. Sez. Un. 27/12/2017, n. 30994; Cass. 28/7/2017, n. 18899; Cass. Sez. Un., 23/12/2009, n. 27218);

15. questi presupposti non ricorrono nella fattispecie in esame, in cui il ricorrente in revocazione non denuncia un errore di percezione su di un fatto ma censura l’interpretazione del ricorso in appello dell’Inps ad opera della Corte di merito e poi della Corte di cassazione e ne propone una diversa lettura;

16. l’errore revocatorio è configurabile rispetto alle sentenze della Corte di Cassazione solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo; su tale premessa, si è escluso, ad esempio, l’errore revocatorio della sentenza ove si censuri che la stessa abbia male valutato uno dei motivi del ricorso, senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perchè in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso (cfr. Cass. n. 5221 del 20019; Cass., S.U. n. 13181 del 2013; ord. sez. 6, n. 14937 del 2017; n. 3760 del 2018); analogamente, nel caso in esame, la denuncia di erronea interpretazione del ricorso in appello dell’Inps, in quanto investe un’attività propriamente valutativa, non è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4;

17. peraltro, nel caso di specie, il contenuto del ricorso in appello dell’Inps costituiva un punto controverso su cui la Corte territoriale e la stessa Corte di Cassazione si sono specificamente pronunciate;

18. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

19. non luogo a provvedere sulle spese poichè l’Inps è rimasto intimato;

20. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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