Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6370 del 21/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/03/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 21/03/2011), n.6370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13482-2007 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA

121, presso lo studio dell’avvocato CENTORE CIRO, che lo rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.S.L. n. (OMISSIS) di NAPOLI, in persona del legale

rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320,

presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentata e

difesa dagli avvocati MARTUCCI EDUARDO, AFELTRA FRANCESCO SAVERIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5361/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/09/2006 R.G.N. 7944/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie l’appello dell’Azienda sanitaria locale Napoli (OMISSIS) e, in riforma della decisione del Tribunale di Torre Annunziata, rigetta la domanda proposta dei confronti dell’Asl da D.G. per l’accertamento del diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in corso con l’Azienda, quale dipendente amministrativo di Area C, da tempo pieno a tempo parziale, trasformazione richiesta per svolgere, essendo in possesso dei requisiti, attività di medico convenzionato nel settore della continuità assistenziale (ex guardia medica), trasformazione rifiutata dall’amministrazione con provvedimento in data 5 ottobre 2001.

2. La Corte di appello di Napoli così argomenta la decisione: a) l’art. 23 CCNL comparto sanità del 1999 stabiliva il diniego dell’autorizzazione al part-time ai dipendenti che intendessero costituire un rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche: b) il D.P.R. n. 270 del 2000, art. 4. comma 1, richiamato dall’art. 49, comma 4, in tema di incarichi di continuità assistenziale, escludeva dalla stipula delle convenzioni di medicina generale i medici titolari di rapporto lavoro dipendente pubblico o privato; c) per i dipendenti amministrativi l’art. 23, comma 4, consentiva la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti amministrativi anche per svolgere attività libero-professionale ma sempre nel rispetto delle norme sulle incompatibilità; d) pertanto, legittimo risultava il diniego opposto a domanda di trasformazione finalizzata al convenzionamento, fermo restando che il D. avrebbe potuto ottenerla per lo svolgimento di attività compatibili (come in effetti avvenuto con provvedimento 25.3.2002, ma con l’esplicita esclusione di altro rapporto di lavoro con il servizio sanitario nazionale).

3. Il ricorso di D.G. di articola in un unico motivo;

resiste l’Asl Napoli (OMISSIS) con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. L’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto e di clausole di contratti collettivi, sostiene, formulando il relativo quesito di diritto, che il rapporto di impiego pubblico quale impiegato amministrativo non è compreso nel divieto di concessione del tempo parziale per svolgere attività di medico convenzionato per la stessa Asl datrice di lavoro, trattandosi di rapporto cui non si applica la disciplina della L. n. 412 del 1991 e del D.P.R.. n. 270 del 2000 (ai sensi dell’art. 1) e di materia (l’incompatibilità) che esclude un’interpretazione estensiva.

2. La Corte giudica il ricorso infondato, dovendosi dare risposta negativa al quesito di diritto formulato in base alle disposizioni di legge applicabili al rapporto di lavoro del personale non medico delle strutture sanitarie del servizio sanitario nazionale, così integrando la motivazione della sentenza impugnata il cui dispositivo è conforme al diritto (art. 384 c.p.c., comma 2).

3. La disposizione che regola la materia è costituita dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 1. Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dal testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 60 e segg. salva la deroga prevista dall’art. 23-bis del presente decreto, nonchè, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dal D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117, art. 6, comma 2, e dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 57 e segg.. Restano ferme altresì le disposizioni di cui all’art. 267, comma 1, artt. 273, 274 e 508 nonchè D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 676, alla L. 23 dicembre 1992, n. 498, art. 9, commi 1 e 2, alla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 7, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.

4. Delle norme richiamate dall’art. 53, cit. rileva la L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 7 cui dispone che con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro.

Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. La stessa norma consente, a determinate condizioni, l’esercizio dell’attività libero- professionale soltanto ai medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale e viene precisato che, in sede di definizione degli accordi convenzionali di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48, è definito il campo di applicazione del principio di unicità del rapporto di lavoro a valere tra i diversi accordi convenzionali.

5. Ma le norme legislative che devono essere applicate nella controversia in oggetto sono costituite: dall’art. 1, commi 56, e art. 6-bis (aggiunto dal D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 6 conv. in L. 28 maggio 1997, n. 140) della L. 23 dicembre 1996, n 662, che dispone, da una parte, che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno, è consentita l’iscrizione in albi professionali;

dall’altra (comma 56-bis), che, ai dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitino attività professionale “non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche”; dall’art. 1, comma 58, della stessa Legge, quanto alla previsione che, ove nella domanda sia indicata l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere, l’amministrazione nega la trasformazione del rapporto nel caso in cui l’attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero, nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa, ovvero ancora nel caso in cui si intenda svolgere attività di lavoro subordinato alle dipendenze di amministrazioni pubbliche.

6. Orbene, se il comma 58, cit. non contiene uno specifico riferimento all’ipotesi di dipendente che, iscritto in albo professionale, domanda la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale per svolgere attività di lavoro autonomo in esecuzione di incarico libero-professionale conferito da amministrazione pubblica, la disposizione dell’art. 56-bis (introdotto successivamente), non consente di dubitare che in tale ipotesi l’autorizzazione debba essere necessariamente negata in forza dello specifico divieto.

7. Nè si potrebbe fondatamente dubitare della natura degli incarichi conferiti dalle strutture del S.s.n.: sebbene assoggettati ad una disciplina specifica in ordine alle procedure di conferimento e all’oggetto della prestazione, ai sensi della Legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, art. 48 (richiamato dalla legislazione successiva, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, comma 1), hanno ad oggetto una prestazione d’opera professionale autonoma, ancorchè svolta nell’ambito di una relazione cd. di “parasubordinazione” (vedi, tra le numerose decisioni, Cass. 8/4/2008, n. 9142) e le regole del rapporto di lavoro sono dettate da accordi collettivi, i quali, siccome acquistano efficacia soltanto con l’inserimento nel decreto presidenziale, hanno natura giuridica regolamentare e quindi di norme di diritto (vedi Cass. S.u. 20 dicembre 1993, n. 12595, e le successive decisioni conformi).

Rientrano pertanto a pieno titolo tra gli incarichi di cui è vietato il conferimento da parte delle pubbliche amministrazioni (quali sono le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2) ai dipendenti pubblici a tempo parziale.

8. Sul piano delle fonti negoziali, l’art. 23 del CCNL Comparto Sanità, Area Personale dei livelli, del 7/04/1999, non si discosta dal quadro tracciato dalla legge (nè avrebbe avuto il potere di derogare alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 in materia di incompatibilità: art. 53, comma 1, cit.), nel disporre che, nella domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, il dipendente deve indicare l’eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che intende svolgere (comma 2) e che l’amministrazione non può accoglierla qualora l’attività lavorativa debba intercorrere con un’amministrazione pubblica.

9. Del resto, l’incompatibilità tra il rapporto di lavoro autonomo e continuativo tra Asl e medici che siano parte di “qualsiasi” rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, è sancito dal D.P.R. 28 luglio 2000, art. 4, comma 1, lett. a), – regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale – (norma richiamata espressamente per il conferimento degli incarichi di continuità assistenziale dall’art. 49 dello stesso Decreto), laddove l’espressione “qualunque” esclude manifestamente che il riferimento possa essere inteso come limitato ai rapporti di lavoro aventi ad oggetto le prestazioni di medico.

10. Conclusivamente, il diniego espresso dall’amministrazione con la nota 5.10.2001 deve essere ritenuto conforme a legge perchè il D. aveva chiesto il tempo parziale per svolgere un incarico libero professionale presso l’Asl del quale la legge vietava il conferimento.

11. La natura e novità della questione controversa costituisce giusto motivo per compensare per l’intero le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; compensa per l’intero le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2011

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