Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6367 del 10/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.10/03/2017), n. 6367
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1168/2016 proposto da:
ENTE AUTONOMO VOLTURNO SRL – SOCIO UNICO REGIONE CAMPANIA, in persona
del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MARIA MONDA;
– ricorrente –
contro
D.M.G., A.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1034/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 03/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1. la Corte d’appello di Napoli respingeva il gravame svolto dall’attuale parte ricorrente e confermava la sentenza di primo che grado che aveva riconosciuto il diritto degli attuali intimati a fruire di un giorno ulteriore di permesso retribuito annuo, alla stregua degli accordi interconfederali in materia, dichiarando illegittima l’unilaterale riduzione operata dall’azienda, con condanna della società, attuale ricorrente, al pagamento dell’indennità sostitutiva per la mancata fruizione del giorno di permesso, nei limiti della prescrizione decennale;
2. per la cassazione della sentenza ricorre la società che articola un unico motivo;
3. non hanno resistito i lavoratori;
il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
4. il ricorso è manifestamente infondato alla luce delle plurime decisioni di questa Corte intervenute in vicende del tutto analoghe (v., ex multis, Cass. 4 settembre 2014, n. 18715; Cass. 25 settembre 2014, nn. 20201, 20202, 20203, 20204, 20205, 20206; Cass. 4 settembre 2014, n. 18715);
5. in tali decisioni è stato evidenziato che si era in presenza di un rapporto asimmetrico tra la legge, che aveva eliminato alcune festività, e l’Accordo collettivo successivo, che aveva previsto un incremento di ferie e permessi numericamente non corrispondente alle soppressioni nel tempo intervenute ma inferiore;
6. è stato inoltre precisato che l’evoluzione legislativa intervenuta dopo la stipula dell’Accordo interconfederale, che aveva previsto giorni di ferie o permessi aggiuntivi, avrebbe potuto (forse dovuto) indurre le parti collettive ad un ripensamento della regolamentazione pattizia ma le organizzazioni datoriali e sindacali che avevano sottoscritto l’accordo non hanno ritenuto di operare una revisione del contenuto dell’atto sulla base delle nuove emergenze legislative, ma tale revisione non può operarla il giudice, legittimando l’iniziativa unilaterale di un soggetto privato che non è parte dell’accordo collettivo;
7. pur rinnovata più volte la contrattazione di settore negli anni successivi alle modifiche legislative, si è omesso di aggiornare e ricalibrare la disciplina di questa materia e il singolo lavoratore o datore di lavoro aderente alle organizzazioni stipulanti non ha poteri modificativi della regolamentazione collettiva;
8. in presenza, di un “atto normativo” con efficacia vincolante per il singolo aderente alle associazioni stipulanti, l’unica via per sottrarsi a tale efficacia è quella del recesso dall’associazione;
9. non è possibile, in definitiva, considerare legittimo il comportamento di una delle parti (non dell’accordo interconfederale, ma) del contratto individuale di lavoro, che, unilateralmente, abbia deciso di disapplicare parzialmente (e quindi modificare) il contenuto dell’accordo medesimo a seguito di (una delle) modifiche legislative in materia di festività, che invece le stesse parti collettive non hanno ritenuto idonee a determinare revisioni della disciplina dell’accordo nazionale da loro sottoscritto;
10. rigettato il ricorso, non si provvede alla regolazione delle spese, per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;
11. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017