Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6365 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 29/10/2021, dep. 25/02/2022), n.6365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 32212/2020 R.G. proposto da

K.M., cittadino bengalese, nato il (OMISSIS) a (OMISSIS)

(Bangladesh), elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta

elettronica dell’avvocato Michele Pizzi

(pec:michele.pizzi.milano.pecavvocati.it) che lo rappresenta e lo

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 7622/2020 del Tribunale di Milano, depositata

in data 27 ottobre 2020, R.G. n. 21317/2019;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons. Mauro

Di Marzio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 6 marzo 2019, K.M., cittadino bengalese, nato a (OMISSIS) (Bangladesh), il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Milano, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente esponeva di aver lasciato il Paese d’origine in ragione della grave condizione di indigenza economica in cui era stato costretto a vivere dopo che nel 2005 un uragano aveva portato via la sua casa e i suoi terreni. A seguito del trasferimento in una baracca a Dacca insieme alla famiglia, il ricorrente esponeva di aver ricevuto plurime minacce e violenze da parte dei gruppi giovanili dei partiti del (OMISSIS) e dell'(OMISSIS). Riferiva quindi di aver lasciato il Bangladesh per recarsi in Libia contraendo un debito con interessi usurari per pagarsi il viaggio. In Libia il ricorrente veniva arrestato e costretto a pagare un riscatto per essere liberato. Il ricorrente allegava inoltre di lavorare in Italia come colf con contratto a tempo determinato piú volte rinnovato. Riferiva inoltre di aver lasciato in Bangladesh la madre, affetta da una grave malattia, la moglie e i suoi quattro figli e di contribuire al loro sostentamento tramite il lavoro svolto in Italia.

3. – Il Tribunale, dopo aver provveduto all’audizione del richiedente, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione. In particolare, ha ritenuto il racconto credibile nella parte riferente alla grave situazione di indigenza economica del ricorrente ma non rispetto alle violenze subite dai gruppi giovanili del (OMISSIS) e dell'(OMISSIS). Pertanto, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b). Inoltre, ha ritenuto che la situazione in Bangladesh non fosse riconducibile a un contesto di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Infine, ha valutato che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in assenza di indici di vulnerabilità che testimoniassero una disparità tra la vita condotta in Italia e in Bangladesh.

4. – Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato in data 26/11/2020 ha proposto ricorso per cassazione svolgendo due motivi.

5. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

6. – Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del giorno 29.10.2021 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

7. – Il primo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, illegittimità del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero umanitaria per violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria nonché motivazione omessa, apparente, generica ed insufficiente per mancata indicazione delle fonti aggiornate relative al paese di provenienza del ricorrente.

Il secondo mezzo denuncia violazione del D.lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, illegittimità del mancato riconoscimento della protezione umanitaria per difetto di motivazione, violazione di legge per omesso esame di un fatto rilevante per il giudizio.

Diritto

RITENUTO

che:

8. – Il ricorso è inammissibile.

8.1. – E’ inammissibile il primo mezzo, con cui si lamenta che il Tribunale avrebbe utilizzato c.o.i. datate. Difatti va applicato il principio secondo cui, in tema di protezione internazionale, il ricorrente in cassazione che deduce la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’omessa indicazione delle fonti informative dalle quali il giudice ha tratto il suo convincimento, ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769). Nella specie manca l’indicazione delle fonti il Tribunale avrebbe dovuto considerare.

8.2. – Il secondo mezzo è inammissibile.

In base alla recente Cass., Sez. Un., 9 settembre 2021, n. 24413, la protezione umanitaria non spetta, al di fuori del caso di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità, nella specie non riscontrata, quando non sia prospettabile un significativo scadimento delle condizioni di vita nel paese di provenienza rispetto a quelle conseguite in Italia: e, nel caso di specie, il Tribunale ha accertato, con valutazione di merito insindacabile in questa sede, che “non si riscontrano indici di vulnerabilità che testimonino di una disparità tra la vita condotta nel territorio nazionale e quella che il ricorrente risulta aver condotto nel paese di origine”. Dunque il ricorso prescinde dalla concreta ratio decidendi che sostiene il provvedimento impugnato.

9. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

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