Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6365 del 05/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 05/03/2020), n.6365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13083-2018 proposto da:

P.A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO

ETTORE DE RUGGIERO 16, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MARRA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISTIANA

FABBRIZI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 840/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 26/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 236 pubblicata il 26.10.16 la Corte d’appello di L’Aquila, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione (ord. n. 3676/16), in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da P.A.R. nei confronti dell’Inps per il riconoscimento del diritto al beneficio della maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 47, conv. in L. n. 326 del 2003;

2. la Corte territoriale, richiamato il principio di diritto posto a base della ordinanza n. 3676/16, secondo cui per verificare l’osservanza del termine decadenziale di cui alla L. n. 639 del 1970, art. 47, deve aversi riguardo alla data di proposizione del ricorso di primo grado correlata alla domanda amministrativa presentata all’Inps, ha escluso che nel caso di specie fosse maturata la suddetta decadenza;

3. in base all’esito della c.t.u. svolta in appello, ha ritenuto dimostrata l’esposizione qualificata del lavoratore all’amianto, ma la stessa di durata inferiore ai dieci anni, esattamente pari a 8 anni 10 mesi e 22 giorni, calcolati dalla data di inizio dell’attività lavorativa (10.6.1985) fino alla data di cessazione ex lege dell’impiego di amianto (28.4.1994 come previsto dalla L. n. 257 del 1992);

4. avverso tale sentenza P.A.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. con l’unico motivo di ricorso il Pollicelli ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio;

7. ha censurato la decisione d’appello per avere la Corte di merito aderito completamente alle argomentazioni del c.t.u., senza valutare le prove testimoniali assunte in primo grado e le contestazioni mosse alla relazione peritale dal consulente tecnico di parte (debitamente trascritte) e senza motivare sul punto; tali elementi, ove valutati, avrebbero consentito di datare la dismissione completa di componenti MCA (materiali contenenti amianto) e, quindi, l’esposizione qualificata, alla data del 31.12.1997, e ciò sulla base di un criterio di verosimiglianza scientifica e non meramente convenzionale;

8. il motivo di ricorso è inammissibile in quanto la censura non si conforma allo schema legale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo novellato nel 2012;

9. secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 8053/14), e dalle successive pronunce conformi (cfr. Cass., 27325 del 2017; Cass., n. 9749 del 2016), l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storico-fenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. Non solo quindi la censura non può investire argomenti o profili giuridici, ma il riferimento al fatto secondario non implica che possa denunciarsi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche l’omesso esame di determinati elementi probatori;

10. la critica mossa dal ricorrente concerne l’omesso esame di plurimi elementi istruttori, prove testimoniali e rilievi del consulente di parte rispetto alla c.t.u., nessuno dei quali riveste pertanto carattere decisivo, anche in ragione dell’essere prove o argomenti difensivi suscettibili di valutazione da parte del giudice di merito; non solo, ma deve rilevarsi come la sentenza d’appello abbia preso in esame i rilievi del consulente tecnico di parte ed ampiamente motivato sulla non condivisibilità degli stessi (cfr. sentenza pag. 7 e 8: “Tali conclusioni (del c.t.u., ndr.) sono state contestate dal CTP del Pollicelli sulla base della considerazione che il lavoratore ha continuato a svolgere attività di manutenzione anche dopo detta data su automezzi immatricolati prima dell’entrata in vigore della legge e quindi ha continuato a manipolare componenti in MCA, circostanza questa confermata in sede di istruttoria orale dai testi che hanno riferito la dismissione dei mezzi e dei componenti de quibus alla data del 1997. Ha invocato pertanto l’applicazione analogica del criterio di decremento graduale del 15% annuo per il periodo successivo al 1994 utilizzato dal CONTARP Regione Lazio per di dipendenti della s.p.a. TRAMBUS ex ATAC. Dette osservazioni non possono essere condivise tenuto conto della correttezza e della logicità delle motivazioni esposte dal CTU in sede di relazione definitiva, laddove ha evidenziato la diversità quantitativa delle lavorazioni svolte presso la struttura di Avezzano rispetto a quelle di Roma e la diversa e proporzionale ampiezza dei locali in cui le attività medesime venivano svolte. Inoltre sulla base della documentazione raccolta il CTU ha accertato che le componenti in MCA sono state sostituite sin dalla prima manutenzione effettuata dopo il 28.4.1994 e rilevato che la CONTARP di L’Aquila nel parere sopra richiamato ha evidenziato che le analisi effettuate in data 17.2.1992, a seguito del prelievo della durata di 2 ore effettuato nel locale schiodatura ferodi, manutenzione freni e cambio guarnizioni e testa, hanno mostrato valori di concentrazione pari a 0.05 ff/cc di gran lunga inferiori a quelli previsti per legge prima dell’entrata in vigore della L. n. 257 del 1992”;

11. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

12. le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza e liquidate come in dispositivo;

13. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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