Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6364 del 16/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 16/03/2010, (ud. 21/10/2009, dep. 16/03/2010), n.6364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, e presso

di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.V., elettivamente domiciliato in Roma in via G.

Pisanelli n. 2, presso l’avv. SALONIA GIOVANNI che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 144/22/06, depositata il 19 gennaio 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21 ottobre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

La Corte:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 144/22/06, depositata il 19 gennaio 2007, che ha riconosciuto a P.V., avvocato, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Roma (OMISSIS), che aveva dedotto come il rimborso fosse precluso a seguito della presentazione, da parte del contribuente, della demanda di condono tombale in base alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, in riferimento ai redditi degli anni interessati dalla controversia. La Commissione regionale aveva infatti ritenuto tale rilievo come eccezione nuova e come tale non proponibile ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, perchè formulata dall’amministrazione, assente in primo grado, solo con l’appello.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione.

Il contribuente resiste con controricorso.

Si rileva anzitutto l’infondatezza delle eccezioni, sollevate dal contribuente, di inammissibilità del ricorso per difetto di ius postulandi in capo all’Avvocatura generale dello Stato nell’interesse dell’Agenzia delle entrate, atteso che, allorchè l’Agenzia delle entrate si avvalga, nel giudizio di cassazione, del ministero dell’avvocatura dello Stato, non è tenuta a conferire a quest’ultima una procura alle liti, essendo applicabile a tale ipotesi la disposizione del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 1, comma 2, secondo il quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e non hanno bisogno di mandato (Cass. n. 11227 del 2007 e Cass., sezioni unite, n. 3118 del 2006).

Del pari infondata appare l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso, proposto avverso una sentenza depositata il 19 gennaio 2007, e notificato il 5 marzo 2008, quindi entro il termine di un anno e quarantasei giorni.

Il ricorso contiene due motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..

Con il primo l’Agenzia delle entrate deduce che l’adesione al condono, realizzando un effetto latamente estintivo delle pretese dell’amministrazione e del contribuente, e quindi, di riflesso, anche del processo, si appalesa come questione ufficiosa di ordine pubblico, deducibile per la prima volta in appello; con il secondo, censura la sentenza per non aver rilevato che il condono c.d. tombale comporta, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, la rinuncia del contribuente a far valere il diritto al rimborso di somme corrisposte in eccesso, in relazione alle annualità di imposta oggetto di definizione.

Questa Corte ha affermato che, con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresì affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2010

 

 

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