Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6363 del 25/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2022, (ud. 17/02/2022, dep. 25/02/2022), n.6363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17040-2020 proposto da:

P.G.; PE.VA., rappresentati e difesi

dall’avvocato PAOLA TERROSI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.A. E M.G., QUALI SUCCESSORI A TITOLO

UNIVERSALE DI M.M., rappresentati e difesi dall’avvocato

BERNARDO NETO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. 33460/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 17/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2022 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

Lette le memorie delle parti;

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. P.G. e Pe.Va. propongono un’actio nullitatis sententiae avverso l’ordinanza n. 33460/2019 pronunciata da questa Corte con la quale è stato dichiarato inammissibile, nel contraddittorio con M.M., il ricorso proposto dagli attuali ricorrenti per la cassazione della sentenza n. 434/2018 della Corte d’Appello di Firenze.

L’ordinanza qui gravata sarebbe stata resa dissentendo dalla proposta del relatore effettuata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., comma 1, che era, invece, nel senso della manifesta fondatezza del ricorso (par. 5 ordinanza gravata).

2. I ricorrenti lamentano la nullità assoluta ed insanabile dell’ordinanza impugnata – ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., comma 3, dell’art. 24Cost., comma 2 e dell’art. 111 Cost., comma 1 e 2 – poiché la Corte di Cassazione, per decidere in senso difforme alla proposta dal relatore, avrebbe dovuto rimettere la causa alla pubblica udienza. Avendo direttamente deciso in adunanza camerale, sarebbe stato quindi violato il diritto di difesa dei ricorrenti, consistente nella “privazione dell’udienza pubblica prevista dalla legge, della facoltà di presentare le memorie prima della detta udienza e di discutere la causa” (pag. 15 atto di gravame).

Si richiede, in definitiva, che l’ordinanza sia annullata, con conseguenze assegnazione dell’originario ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 434/2018 della Corte d’Appello di Firenze ad un altro collegio della sezione semplice di questa Corte, per la discussione in pubblica udienza.

3. Resistono con controricorso M.A. e M.G., quali successori a titolo universale di M.M..

4. Disattesa dal Primo Presidente la richiesta avanzata dalla parte ricorrente di rimessione della causa alle Sezioni Unite, la causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 17/02/2022, per la quale entrambe le parti hanno depositato memorie.

5. Il ricorso è inammissibile.

6.1. In primo luogo, bisogna rilevare che il mezzo di impugnazione attivato dai ricorrenti, e da loro stessi denominato “actio nullitatis”non è suscettibile di riqualificazione in termini di revocazione poiché il vizio che viene lamentato non è sussumibile in alcuna delle ipotesi di revocazione delle pronunce della Corte di Cassazione quali apprestate dal codice di rito.

Da un lato, infatti, è ictu oculi inapplicabile l’art. 391-ter c.p.c., afferente alle ipotesi in cui, col provvedimento gravato, la Corte abbia deciso il ricorso nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. – la pronuncia qui impugnata, invece, dichiarò il ricorso inammissibile -, dall’altro, parimenti inapplicabile è l’art. 391-bis c.p.c. poiché in questa sede non è stato denunciato alcun errore revocatorio. Nella specie si contesta la violazione di norme processuali e costituzionali (i.e. l’art. 380bis c.p.c., comma 3; l’art. 24 Cost., comma 2; l’art. 111 Cost., comma 1 e 2) e quindi si sottopone alla Corte la necessità di pervenire all’annullamento della propria precedente decisione, quale conseguenza di un vero e proprio error in procedendo, il che è precluso della definitività ed irrevocabilità che connota le decisioni del giudice di legittimità (al di fuori delle eccezionali ipotesi in cui è ammessa la revocazione).

6.2. Ne’ tantomeno, il ricorso può essere qualificato come un’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., poiché, da un lato, gli attuali ricorrenti erano parti anche del giudizio che diede luogo all’ordinanza qui gravata e poiché, dall’altro, tale mezzo di impugnazione è ammissibile contro i provvedimenti della Corte di Cassazione solo ove con questi venga deciso il merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. – la pronuncia qui impugnata, si ribadisce, dichiarò il ricorso inammissibile – (Cass. 11235/2016).

6.3. E’ patente, quindi, che l’odierno ricorso si ponga al di fuori dei casi in cui il legislatore eccezionalmente prevede l’impugnabilità delle decisioni della Corte di cassazione, e che, in definitiva, esso è inammissibile.

7. Inoltre, la declaratoria di inammissibilità non può essere neanche superata dal rilievo che in questa sede venga denunciata l’inesistenza ovvero l’abnormità del provvedimento stesso. Ciò poiché la censura mossa dai ricorrenti, consistente nel non avere la Corte di Cassazione rinviato la causa alla pubblica udienza, una volta ritenuta non condivisibile la proposta del relatore formulata ex art. 380bis c.p.c., non integra alcun vizio, né, a fortiori, comporta l’inesistenza del provvedimento.

7.1. Già prima della riforma del 2016, le Sezioni Unite di questa Corte, con l’ordinanza n. 8999/2009 avevano affermato che “in tema di giudizio di cassazione, la causa, dovendo essere rinviata alla pubblica udienza allorché “non ricorrono le ipotesi previste all’art. 375 c.p.c.”, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), ben può essere definita con rito camerale anche nel caso in cui ricorra una ipotesi (tra quelle indicate dal citato art. 375 c.p.c., n. 5,) diversa da quella opinata dal relatore nella relazione. (Nella specie, la Corte ha deciso per la manifesta infondatezza del ricorso, mentre il relatore aveva opinato nel senso della manifesta fondatezza)”.

7.2. Tale principio è stato confermato da Cass. ord. n. 7605/2017, secondo cui “In tema di giudizio di cassazione, anche dopo le novità introdotte nell’art. 380-bis c.p.c. dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un’ipotesi diversa da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5, “(conf. Cass. n. 27305/2021).

7.3. Tale orientamento non può non essere confermato, vista la univocità interpretativa conseguente al chiaro contenuto dell’art. 380.bis c.p.c., non suscettibile di differenti soluzioni ermeneutiche.

D’altronde questa Corte, proprio a ribadire il carattere non vincolante della proposta del relatore ha altresì affermato che, in tema di ricusazione nell’ambito del procedimento di cassazione ex art. 380-bis c.p.c., non ricorre l’obbligo di astensione di cui all’art. 51 c.p.c., n. 4, in capo al giudice relatore autore della proposta di cui al comma 1 della citata disposizione, in quanto detta proposta non riveste carattere decisorio, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per il collegio, all’esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o modificarla (Cass. n. 7541/2019; Cass. n. 2720/2020; Cass. n. 27305/2021).

8. Infine, sotto lo specifico profilo della violazione del diritto di difesa e al giusto processo che i ricorrenti lamentano, giova ricordare come questa Corte, con la l’ordinanza n. 395/2017, abbia già statuito nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo attualmente vigente.

9. In definitiva, il carattere di impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati nell’art. 395 c.p.c., comporta l’inammissibilità di ogni impugnazione non compresa in detta elencazione (Cass. sent. n. 9865/2014).

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

11. Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2022

 

 

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